Lo spettacolo, andato in scena domenica 15 dicembre, sarà di nuovo al Teatro Carlo Felice martedì 17 dicembre alle ore 20.
Se noi pensiamo alla musica di Nino Rota, per prima cosa ci affiorano alla mente le colonne sonore che ha realizzato soprattutto per i film di Fellini, ma in realtà il catalogo di Rota ospita un gran numero di composizioni che spaziano dalla musica per pianoforte a quella da camera nonché alla musica sinfonica. In più ha scritto ben undici titoli di teatro musicale. Del resto, Rota era nato in una famiglia di musicisti. Il nonno materno, Giovanni Rinaldi, fu compositore e la madre Ernesta era una pianista che rinunciò alla sua carriera per seguire lo sviluppo e la maturazione del precoce ingegno musicale del figlio. Il piccolo Nino compose a soli otto anni le musiche per una fiaba da lui inventata, Il mago doppio, mentre a undici scrisse un oratorio dal titolo L’infanzia di san Giovanni Battista. Insomma, un talento indiscusso.
Il cappello di paglia di Firenze, tra i più fortunati titoli del suo teatro musicale, tra poco, nel 2025, compirà settant’anni. La prima rappresentazione avvenne a Palermo al Teatro Massimo il 21 aprile del 1955, a dieci anni dalla sua composizione. Anche in questo caso Rota si servì del sussidio della madre per quanto riguarda la scrittura del libretto, un adattamento della commedia Un chapeau de paille d’Italie di Eugene Lebiche e Marc Michel del 1851. Opera Carlo Felice in collaborazione con l’Opéra Royal de Wallonie-Liège ha scelto di mettere quest’opera buffa a cartellone nel mese di dicembre non a caso: in clima natalizio è indubbiamente più piacevole seguire un’opera leggera piuttosto che un drammone che ti fa alzare dalla poltrona col magone. E Il cappello di paglia ha un ritmo serrato in cui non solo ci si annoia un attimo, ma è assolutamente coinvolgente.
Ed è proprio nel ritmo dell’opera che si trova il suo cuore comico, nella pulsazione frenetica, nella tenacia del protagonista di trovare il fatidico cappello e cosa ancor più esilarante nell’ostinazione spasmodica del corteo di nozze di seguirlo ovunque vada. Da un punto di vista musicale la scrittura di Rota è palesemente legata alla tradizione, nelle sue note non c’è nulla che riporti alla ricerca che vedeva impegnati i compositori suoi contemporanei. Si dall’inizio ci sembra di ascoltare Rossini e via via si riscontrano anche passaggi stile Donizetti, Mozart e persino Wagner (verso la fine dell’ultimo atto). Sono citazioni scherzose e consapevoli che appunto rendono piacevoli le due ore di ascolto.
“L’opera è uno scherzo – scriveva Rota all’amico Mario Castelnuovo Tedesco un mese dopo la prima palermitana – e come tale va preso. Ma penso non sia uno scherzo di cattivo genere…” Assolutamente d’accordo con il compositore: nel cappello di paglia ritroviamo infatti quello spirito del Vaudeville su cui Rota elabora una scrittura musicale densa di allusioni e rimandi più o meno velati ad altri testi e contesti linguistici in un fluire secondo una cifra assolutamente personale.
Lo spettacolo presentato al Carlo Felice venerdì 13 dicembre si avvale della regia di Damiano Michieletto, che gioca proprio sulle situazioni del vaudeville, fatte di intrighi e colpi di scena in cui le porte si aprono e chiudono nascondendo e svelando segreti. Il regista ha risolto pensando una soluzione scenografica fatta di pareti mobili che cambiano la geometria delle stanze seguendo il ritmo dell’opera. Idea appropriata perché l’effetto si è dimostrato straordinariamente azzeccato. I cambi di scena sono risultati fluidi e leggeri proprio come la musica di Rota.
“Questo spettacolo funziona esteticamente come un meccanismo ad orologeria. Non c’è nessun realismo, non c’è epoca o spazio definito” ha rilasciato il regista veneziano. Ed è così col fiato sospeso che il pubblico resta quasi incantato dall’inizio alla fine.
Il cast dei cantanti ci ha riservato un buon assemblamento: bravo Marco Ciaponi nell’alternare le frasi declamate e recitate agli involi del canto; Giulia Bolcato tratteggia bene la moglie infedele Anaide, Sonia Ganassi, pur non essendo più quella dei suoi tempi d’oro, risolve con le sue indiscutibili doti di attrice lo spassosissimo ruolo della Baronessa. Ottimi senza dubbio Nicola Uliveri, il rude e tonante Nonancourt e Benedetta Torre, deliziosa come sempre, esibisce la sua bella voce nel ruolo di Elena. Ma il voto più alto va a Paolo Bordogna che nei panni di Beaupertuis sfoggia voce sonora e perfetta nell’irresistibile “aria del pediluvio”. Effervescente la direzione di Giampaolo Bisanti, capace di sottolineare con acume i diversi cambi di clima e le evidenti citazioni dei compositori, solo in certi punti è riscontrabile la musica che sovrasta un po’ la voce di alcuni cantanti.