A Palermo l’arte contemporanea non va in vacanza, e il meglio fluttua intorno a due importanti gallerie storiche: quella di Francesco Pantaleone e l’altra di Eva e Giovanni Rizzuto, personalità diverse di uomini che vivono l’arte come espressione di conoscenza e dalla volontà di valorizzazione di artisti siciliani e internazionali.
Trascorrere il tempo a Palermo, a zonzo, vagheggiando qua tra passato e presente, è già un’esperienza di conoscenza per prendere possesso della città. Ma è meraviglioso scoprire i luoghi della contemporaneità, dentro palazzi storici dove pulsa l’arte viva del presente. Nella Galleria di Francesco Pantaleone Arte Contemporanea, incastonata lungo corso Emanuele, ai Quattro Canti, il cuore nobile della città, fondata nel 2003, si trovano artisti di fama mondiale insieme a artisti siciliani. È aperta al pubblico la mostra personale di Maia Regis (Parigi, 1995), intitolata Mosche e cristi, a cura di Agata Polizzi, fino al 31 gennaio. Lei è un’artista giovane che, dopo un periodo di formazione a Londra, dove si è specializzata in pittura al Royal College of Art, dal 2022 espone in gallerie prestigiose internazionali, ed è un piacere per gli occhi e la mente trovarla anche a Palermo, con una serie di opere su carta leggere come zucchero a velo, ma non banali. Regis è riconoscibile nel suo linguaggio traversale, dotata di un segno urban-pop e dai colori vivaci e forme dinamiche che trasudano vitalità e complessità del presente, carico di incognite e di magie.
L’artista incentra la sua produzione su acrilici su tela e lavori su carta in acrilico e tecnica mista. A Palermo, con la mostra Mosche e cristi, il titolo si riferisce a soggetti ricorrenti nelle sue opere, e presenta la cronaca di un viaggio interiore, un diario visivo su carta di diverse dimensioni, frutto di camminate, sguardi furtivi, incontri, sensazioni differenti vissuti tra Parigi e Palermo dall’artista di origini siciliane e residente nella Ville Lumière.
Osservando la serie di opere appese alle pareti rigorosamente bianche, spiccano volti di personaggi più o meno noti, cibi, fiori, animali, ogni singola opera configura un mondo in bilico tra reale e immaginario. Regis mescola habitat diversi, racconta storie di vite positive e negative ma autentiche, compone puzzle di vissuti impresse in opere realizzate in tempi e città diverse, in cui è riconoscibile il suo gesto incisivo che magistralmente riesce ad armonizzare il glamour di Parigi con la magia del suo mare di Pantelleria, inclusi richiami a Vucciria e Ballarò, mercati popolari e multiculturali, con nature morte di frutta, un omaggio a Guttuso, e altri soggetti quotidiani che evocano profumi, odori, sensazioni di una geografia emozionale condita dal quel tanto di cultura pop che non guasta. Le sue sensazioni e riflessioni impresse su carta ci appaiono come racconti visivi all’insegna di una pittura narrativa ed evocativa, in cui natura, umanità, oggetti quotidiani, simboli e icone diventano tracce di un vissuto poetico personale e collettivo insieme, per preservarle dall’oblio. In cui il dettaglio, la piccola cosa sono protagonisti. L’allestimento della mostra inscena un luogo intimo, isola un’area di riflessione con mobili disegnati da Juls Regis, il fratello di Maia, uniti dal sangue e dalla creatività, concepiti in piccoli arcipelaghi da abitare, dove fermarsi a guardare la vita che scorre, proprio come in un film senza sonoro, nelle opere “a frammenti” appese alle pareti della galleria, una carrellata di immagini a colori in cui tutto può accadere e l’imperfezione è il fluido dell’esistenza, e molto dipende da forme e materiali capaci di generare un campo di energia omogenea.
Fare arte è una condizione fisica e un presupposto di indagine mentale intorno alla questione della percezione visiva, investigata attraverso segni, colori e materiali che rivelano architetture spaziali, costruzioni o costellazioni enigmatiche come dinamiche del vedere.
La RizzutoGallery, fondata nel 2013 da Giovanni Rizzuto e Eva Oliveri, situata nel cuore storico di Palermo, dal 2024 ha inaugurato una nuova sede a Düsseldorf, in un quartiere della città tedesca che un tempo era un ex distretto industriale riconvertito in zona residenziale, dove oggi si trovano numerose gallerie di arte contemporanea. A Palermo, la galleria, a trenta metri dalla basilica di San Francesco d’Assisi, presenta e incanta con la mostra Garden con opere di Loris Cecchini, Richard Deacon, Daniele Franzella, realizzata con il contributo culturale di Daniela Bigi, Fondazione Radicepura e Ground Action, e con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Palermo. La mostra sarà aperta al pubblico fino al 1 febbraio 2025.
Tutto nasce dall’idea di dare forma a un giardino ideale come luogo simbolico e filosofico, di esercizio di razionalità e creazioni logico-matematiche, traslazione paradisiaca nonché espressione del potere politico che attraverso la collezione di specie botaniche rappresenta la propria ricchezza nella vita privata e nella dimensione pubblica. Nel giardino si coltivano le differenze, nell’arte diventa metafora del processo creativo, è il luogo per eccellenza di meraviglia, stupore e di innesti bizzarri, dove nulla è naturale e tutto si carica di nuovi significati e simbolismi. Nella mostra Garden, tre artisti diversi per formazione, età ed esperienze inscenano visioni originali e complementari sul concetto di giardino, aprendo investigazioni intorno a cosa e come possiamo vivere e riconfigurare il rapporto tra uomo e ambiente, natura e arte. La mostra tripersonale si apre con la sala dedicata a Richard Deacon (Bangor – Galles, Regno Unito, 1949), artista britannico polimorfico di fama internazionale, insignito nel 1987 del premio Turner Prize, noto per sculture in diversi materiali in cui fa convergere pratiche artigianali con sofisticate tecniche ingegneristiche. Al centro della galleria, cattura lo sguardo Fall (2019), una grande scultura a forma ellittica e sinuosa in legno di forte impatto estetico. Intorno alle pareti, incantano 24 stampe della serie BED (2024), raffinatissime carte che indagano il tema del vuoto, la soglia tra visibile e invisibile, la giustapposizione tra pieno e vuoto, tema centrale nel lavoro dell’artista.
Nella seconda sala ci sono audio-video e opere del collettivo GroundAction, costituito da Matteo D’Ambros, Sergio Sanna e Roberto Zancan, riconoscibile per progetti e azioni site-specific nell’ambito del paesaggio, architettura e arte, incentrati sulle modificazioni dello spazio e documentazioni varie della Fondazione Radicepura, ente di eccellenza nel campo della botanica e della ricerca, promotrice di manifestazioni culturali e formative, tra cui il Radicepura Garden Festival, rassegna biennale internazionale dedicata al garden design e all’architettura del paesaggio mediterraneo, con sede all’interno dell’omonimo parco. Voluto dalla famiglia Faro, celebri vivaisti siciliani, il Parco Botanico Radicepura si estende per cinque ettari all’ombra dell’Etna, e all’interno ci sono opere di arte contemporanea create in dialogo con la natura. Segue la terza sala, dedicata a Daniele Franzella (Palermo, 1978), artista concettuale multiforme che spazia dalla scultura all’installazione, unendo tecniche artigianali a sperimentazioni digitali, in cui il messaggio è insito nella materia stessa dell’opera. L’artista, archivista per passione e studioso di immagini per vocazione, indaga il potere evocativo delle immagini e l’ambivalenza del linguaggio, manipolabile all’infinito, soprattutto in rete, dove tutto può essere rielaborato con il fine di trovare sempre nuovi codici visivi, simboli e messaggi. Nelle sue opere stupisce l’abilità tecnica e la conoscenza del potenziale espressivo e simbolico della materia in sé, come la cera, la ceramica e la foto-ceramica, che nella sua ricerca diventano parti integranti del linguaggio e dell’opera stessa. Tra le altre sculture in mostra, stranisce Il giardiniere (2024), un capolavoro da godere sia dal recto che dal verso, perché scoprirete, osservandolo da vicino, i dettagli da entrambi i lati. Dal 2017, Franzella è tra gli artisti rappresentati dalla RizzutoGallery, e dal 2021 ricopre l’incarico di Vice Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove insegna scultura. Chiude l’esposizione sulle possibilità di modellare la natura Loris Cecchini (Milano, 1969), uno degli artisti italiani più importanti sulla scena internazionale, inconfondibile per le sue opere in progress, concepite in grande scala e rigenerative, che elaborano concetti di crescita organica e processi naturali, attraverso materiali diversi e tecniche innovative. Le sue opere hanno dimensioni variabili e sono adattabili a spazi domestici, museali e ambientali. L’artista, alle sculture, affianca il disegno, l’elaborazione 3D, la fotografia e installazioni ambientali all’insegna di una poetica ecosofista incentrata sulla metafora biologica e il movimento. In natura tutto è connesso e le piante si muovono stando ferme, dall’interno; le sculture di Cecchini colgono l’essenza della vita vegetale in forme uniche, affascinanti e di grande impatto estetico, che invitano l’osservatore a ripensare in maniera profonda il rapporto tra natura e cultura, estetica e architettura, dando forma a metafore implicite nelle sue soluzioni formali osmotiche o nelle costruzioni modulari in acciaio inossidabile, che si espandono in relazione allo spazio, creando un contesto in cui coltivare, fare crescere paradossali piante rampicanti, barriere coralline o strutture cristalline. Questi lavori definiscono traiettorie e universi innaturali, ingegneristici ma possibili, come si vede in Nocturnal Thesis Fragments (2022), Aeolin Landform (2024) e quattro Laminascapes (2024), seducenti cartografie di rilievi delle onde del deserto o forse di suoli sconosciuti, in materiali diversi, alla scoperta di pianeti di un tecno-spazio-organico da immaginare per un futuro possibile, in cui nulla è didascalico e tutto germoglia, è invenzione e rinascita.