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Roberto Ghezzi. Un dialogico viluppo arte-natura

Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

L’artista Roberto Ghezzi racconta i suoi più recenti progetti fra residenze in contesti naturalistici estremi e mostre in giro per il mondo

Si è conclusa nel mese di novembre la personale The Mountain’s Eyes di Roberto Ghezzi, presso la Galleria MCUBE, realizzata con i lavori della sua ultima residenza presso il campo base dell’Annapurna. Il progetto in partenariato con l’Università di Torino, Dipartimento di Scienze della Terra, è stato curato da Gabriele Salvaterra, con la supervisione scientifica di Rodolfo Carosi, Chiara Montomoli e Salvatore Iaccarino, con il sostegno di Phoresta ETS e la collaborazione logistica della guida sherpa Suraj Gurung. La ricerca di Roberto Ghezzi si infittisce, puntualmente, dell’incontro con la natura di un paesaggio che esce fuori dai limiti del territorio antropizzato per ridescrivere le coordinate critiche di una relazione, quella dell’uomo-artista e paesaggio, al quanto mutata nella storia.

 

Roberto Ghezzi, The Mountain's Eyes, opening Gallery MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, opening Gallery MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

L’artista si pone nella pratica del viaggio in luoghi scelti ma non tracciati nei confini dell’intervento da attuare. D’altro canto, i suoi lavori non possono dissociarsi dall’ambiente in cui si originano, auto-implicandosi come tracce detritiche e sostanziali del luogo che, tramite l’intervento del nostro, uniscono la memoria visiva, tattile, emozionale e materica degli elementi che lo compongono e del corpo che li esperisce. Indi, avviene un completo abbandono nel processo concepito e generato dall’ambiente stesso, secondo un rovesciamento di definizione della pratica artistica, affidata nella totalità al binomio individuo e circostante, due soggetti sincronicamente partecipi dello sviluppo dell’opera.

 

Roberto Ghezzi, Residenza Isole Svalbard, The Polar Stream, 2023, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, Residenza Isole Svalbard, The Polar Stream, 2023, Courtesy the artist

Nel lavoro, realizzato durante la residenza sull’Himalaya, il “rovesciare lo sguardo” viene traslato dall’uomo alla natura nello specifico interrogativo di “come e cosa vedrebbero le montagne più alte della terra, se qualcuno donasse loro degli occhi?”. Tuttavia, le pupille non si individuano come elemento di divisione e confine con ciò che ci circonda ma sono unione con la coesistenza geografica. L’artista lascia semisepolte, tra le rocce delle montagne, “macchine fotografiche” di piccole dimensioni ed elaborate con materiale di recupero, come lattine, nate dall’inserimento al loro interno di carta fotografica e di un foro praticato per l’ingresso della luce, generatrice dell’immagine che quell’occhio, attribuito alle montagne, imprime sulla carta fotografica, per mezzo della fotografia stenopeica e della stampa di monotipi senza l’utilizzo del torchio.

 

Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

Il Nepal, recente esplorazione tra le spedizioni di Ghezzi – che si avvale per le specificità intrinseche del supporto scientifico di Enti, Istituti e Università italiani ed esteri di alto profilo scientifico – presenta nuovamente il ruolo dell’operato artistico come veicolo per la mappatura e il monitoraggio del territorio e della biodiversità che lo caratterizza. I testi scientifici redatti con lo scopo di accompagnare la produzione, come risultanza della residenza al campo base dell’Annapurna, sono del team di ricercatori composto da Rodolfo Carosi, Chiara Montomoli e Salvatore Iaccarino della Facoltà di Scienze della Terra dell’Università di Torino.

 

Roberto Ghezzi, The Mountain's Eyes, opening Gallery MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, opening Gallery MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

IN DIALOGO CON L’ARTISTA

Laura Catini. Il tuo approdo recente dalla spedizione in Nepal è solo parte di una serie di mete dedicate alla tua ricerca. Il mio invito è nel tracciare le analogie e le differenziazioni con il progetto presentato dall’Istituto Italiano di Cultura OSLO (Norvegia), WHITE FADES, Art, Science and Climate Change in the Polar Lands, a cura di Mara Predicatori e da cui sono scaturite le mostre nelle due residenze artistiche di Tassilaq (Groenlandia, 2022) presso The Red House di Robert Pieroni e alle Isole Svalbard (Norvegia, 2023), presso lo Spitsbergen Artists Center, entrambe realizzate in collaborazione con il CNR ISP (Istituto di Scienze Polari), e con il contributo scientifico dei ricercatori Biagio Di Mauro e Fabiana Corami e con il patrocinio di Centro per l’Arte Contemporanea Palazzo Lucarini Contemporary, il supporto di Cartiera Magnani Pescia e Phoresta ETS.

Roberto Ghezzi. In linea di massima potrei dire che tutti i miei progetti esteri sono sempre molto differenti se visti dall’esterno (circa i luoghi, i mezzi artistici, le collaborazioni) ma ad una lettura più profonda appaiono simili come concetto, finalità, trasversalità della ricerca.

 

Roberto Ghezzi, Esposizione Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, Esposizione Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist

L’esibizione dello scorso ottobre presso l’Istituto Italiano di Cultura a Oslo è stata la tappa conclusiva di un grande progetto dedicato all’Artico e al problema del cambiamento climatico, che mi ha visto impegnato per due anni, sia in spedizioni, Groenlandia e alle isole Svalbard, sia in convegni, mostre e presentazioni in Italia e all’estero del lavoro.
Il progetto nepalese, come gli altri due, e come tanti altri degli ultimi dieci anni, è nato dalla volontà di adattare la mia ricerca (che da molto tempo ormai si configura come un dialogo tra artista e ambiente naturale dove il primo pone le condizioni iniziali affinchè l’opera si compia, grazie al tempo e alle forze del paesaggio) ad un ambiente ancora diverso, l’alta montagna.
Roccia, alte quote, lunghe camminate in luoghi estremi, montagne invalicabili e cariche di mistero, come vere e proprie entità, sono tutti elementi che hanno condizionato la scelta del mezzo artistico (nella fattispecie la fotografia stenopeica con materiali di recupero, quindi qualcosa di leggero e che non richiedesse i tempi lunghi delle naturografie ad esempio).

 

Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

Anche in questo caso mi sono avvalso di un partenariato scientifico (il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino) e ho voluto realizzare le camere oscure che ho disseminato lungo il percorso con lattine usate, gettate per strada da turisti, così da aprire magari anche ad una riflessione sulle problematiche che trekking e alpinismo possono portare in ambienti come l’Himalaya, dopo l’avvento dell’alluminio, della plastica e di tutto ciò che non è naturalmente e velocemente biodegradabile.

 

Roberto Ghezzi, Esposizione Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, Esposizione Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist

I luoghi estremi descritti implicano una distinta preparazione psico-fisica…

Si, ammetto che, pur essendo abbastanza allenato alle lunghe escursioni e alle alte quote, portare sulle spalle 16 kg di zaino per 7 ore al giorno lungo sentieri di montagna non è stato uno scherzo. Considerando poi che il mio lavoro iniziava quando arrivavo alla fine di ogni tappa, perché la sera, prima che la luce del sole svanisse, dovevo preparare le lattine con le carte fotografiche e nasconderle tra le rocce della valle, con lo “sguardo” rivolto verso le montagne, senza sapere se e quando le avrei ritrovate, beh non posso negare che sia stata una prova piuttosto impegnativa..

 

Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

Ma è la cosa più bella di queste “spedizioni artistiche”. Partire leggeri, senza certezze, senza alcuno strumento di troppo, soltanto 50 carte fotografiche, un’idea, un taccuino per descriverla e tutto ciò che ti circonda per realizzarla.

Vedi la progettualità, legata alle mete già indagate, come ultimata o, viceversa, in prosieguo?

Ho in programma una serie di appuntamenti espositivi per restituire l’esperienza nepalese anche qui in Italia, come a Milano a marzo presso il Mia Photo Fair con Gilda Contemporary Art, e vorrei iniziare a pensare anche ad una serie di incontri con il pubblico, insieme ai partners scientifici dell’Università, per poter raccontare il viaggio, le montagne e tutto il resto. Vediamo..
In realtà in ogni esperienza successiva porto sempre qualcosa della precedente, così da non poter mai considerare completamente esaurito nessuno dei progetti passati, tutti uniti da un filo conduttore univoco, che mi trascina e che trascino avanti, verso nuovi cieli, finché potrò farlo.

 

Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, Galleria MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

 

Roberto Ghezzi, Esposizione Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist
Esposizione di Roberto Ghezzi all’Istituto Italiano di Cultura, Oslo, Courtesy the artist

 

Roberto Ghezzi, The Mountain's Eyes, opening Gallery MCUBE, Milano, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, The Mountain’s Eyes, opening Gallery MCUBE, Kathmandu, Courtesy the artist

 

Roberto Ghezzi, Residenza Isole Svalbard, The Polar Stream, 2023, Courtesy the artist
Roberto Ghezzi, Residenza Isole Svalbard, The Polar Stream, 2023, Courtesy the artist

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