
Nell’ipogeo del LAC a Lugano la prima grande mostra istituzionale in Svizzera dell’artista elvetica, classe 1989
Il mondo immaginario e perturbante di Louisa Gagliardi, svizzera, classe 1989, una delle voci più interessante della scena artistica contemporanea, prorompe nell’ipogeo del LAC a Lugano con due cicli di pitture monumentali e alcune sculture. Se, a prima vista, lo sguardo puntato all’entrata sembra trovarsi di fronte a un’esposizione tracciata sui canoni di una presentazione tradizionale, addentrandosi nel grande spazio la visione coglie risvolti inaspettati. L’artista, per la prima volta in Svizzera con una grande mostra istituzionale, attinge per i suoi soggetti a diverse correnti storiche tra le quali più evidenti sono il surrealismo o il realismo magico, ma il suo immaginario inquietante si estende alla storia dell’arte e alla cultura popolare.

“La qualità ibrida delle opere di Louisa Gagliardi rappresenta in fondo perfettamente lo spazio in cui oggi avviene l’esperienza umana, nel quale i confini tra concreto e virtuale, tra intimità e visibilità, tra appartenenza e alienazione, tra voyerismo ed esibizionismo, si confondono”, spiega la curatrice Francesca Benini. Scene dall’apparenza quotidiana appaiono come visioni oniriche. Many Moons delimita lo spazio liminale tra quello che è reale e quello che è sospeso in una bolla immaginifica. La cura maniacale dell’artista per i dettagli e il metodo di lavoro che moltiplica la stratificazione di significati e di contenuti spinge il visitatore ad andare oltre la superficie delle opere in un vortice percettivo.

Mouse al posto del pennello
La sensazione di varcare una soglia dopo l’altra davanti alle opere pittoriche è frutto della procedura personale e complessa adottata da Louisa Gagliardi. Che non disegna con metodi tradizionali, ma realizza i suoi quadri al computer usando il mouse al posto del pennello. Dopo un’elaborazione digitale le immagini sono stampate su vinile e tese su telai e poi con un gesto finale eseguito a mano, pennellate di vernice, smalti, gel o glitter. I soggetti evocano ambiguità e mistero e l’autrice si fa portavoce della contemporaneità delle nuove generazioni, osserva e vive quest’epoca post-internet e con il suo progetto, induce a una riflessione sulla complessità della vita moderna e sul rapporto tra individuo e ambiente.

L’incomunicabilità regna sovrana in un crossroad tra passato e presente e un accento sull’innovazione in cui un faccia a faccia è sempre più difficile. Come in Green Room (2023) con sette figure sedute una accanto all’altra, occhi persi nel vuoto, incarnati verdi e blu da avatar e la presenza di due cani che amplifica le barriere ma l’illusione e l’interpretazione si apre ad alternative tra finzione e apparenza. Natura, spazio urbano e sfera domestica sono tra i soggetti preferiti, evidenziati in opere come Night Caps (2022) o Jackpot (2024) ed elementi discordanti creano un senso di disagio in opere come Quiet Exit (2023) o Birds of a Feather (2023). Estraneità e turbamento predominano in Rondabout (2023).

Una realtà parallela abitabile
Nulla è casuale nelle opere esposte e mentre l’occhio si muove da un punto all’altro delle grandi opere, nuovi piani amplificano l’osservazione e trasformano la percezione degli spazi dipinti esattamente come l’artista ingrandisce e rimpicciolisce la visione sul suo schermo al computer per un perfezionamento potenzialmente infinito. E questo ritocco che non ha mai confini è connesso alla maniacalità con cui curiamo la nostra immagine nel metaverso quotidiano. Per Louisa Gagliardi l’atto di creare un mondo diverso attraverso la pittura si lega alla capacità dei mezzi digitali di estendere lo spazio vitale e generare una realtà parallela abitabile non solo idealmente.