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L’indagine tra uomo e natura, nelle opere di Sara d’Avola

Villa Medici del Vascello, San Giovanni in Croce, Cremona, Courtesy: Villa Medici del vascello
Villa Medici del Vascello, San Giovanni in Croce (CR). Courtesy: Villa Medici del Vascello
Esplorare il legame tra uomo e natura attraverso l’arte significa intraprendere un viaggio che si snoda tra il visibile e l’invisibile, tra il tangibile e l’evocativo. È proprio questa tensione a guidare la ricerca artistica di Sara D’Avola, protagonista della mostra Quel dolce e flebile sentire… Da ramo spoglio ad icona sacra, visitabile a Villa Medici del Vascello dal 2 marzo al 4 maggio 2025

L’esposizione, a cura di Nicoletta Biglietti, si propone come un’esperienza “immersiva” che va oltre la semplice fruizione visiva, coinvolgendo il visitatore in un percorso poetico e introspettivo, capace di risvegliare un senso di appartenenza alla natura e alla sua sacralità.

La mostra ospita 22 opere appartenenti alla serie Anime della Foresta, avviata dall’artista nel 2018 in Brianza; un progetto nato dalla volontà di rendere manifesto quel rapporto primordiale tra uomo e natura, attraverso immagini che non si limitano a catturare la materia, ma che la trasformano in totem dell’inconscio collettivo.

Nelle opere di Sara D’Avola la fotografia infatti non è mai un semplice atto di documentazione, ma diviene uno strumento di traduzione dell’invisibile. Non voglio fermare il tempo, voglio svelarne l’armonia nascosta, afferma l’artista. I suoi scatti – e da qui il sottotitolo della mostra –  si trasformano in icone contemporanee, ma non nel senso religioso del termine, bensì come simboli universali di pensiero e azione, capaci di dialogare con l’inconscio umano e con il sacro  di natura che, in realtà, da sempre abita nell’uomo, ed ha quindi solo bisogno di essere riscoperto, o meglio ri-ascoltato.

Sara D’Avola, La Dama del parco, Serie Anime della foresta, Villa Medici del Vascello San Giovanni in Croce (CR), dicembre 2024, scatto fotografico e digital painting su stampa fine art, carta Verona Matt 230 g,

L’allestimento della mostra si sviluppa con un percorso che prende avvio dall’opera La Luna, simbolo di connessione tra visibile e invisibile, per culminare ne L’Eremita, immagine che racchiude il senso di solitudine e di silenzio, non intesi come elementi passivi di un’esistenza contemplativa, ma come  strumenti di accesso a una dimensione più profonda dell’esistenza. A una dimensione in cui l’uomo stesso sia conscio del mistero insondabile della natura che si percepisce solo nel momento in cui ci si trova al cospetto di qualcosa di più grande, di più “importante”. Di quella natura, cioè, che impaurisce ma attrae, che allontana ma permette di farvi ritorno.

Accanto alle opere fotografiche, l’esposizione ospita due installazioni site-specific allestite nel Tempio delle Nereidi del parco di Villa Medici del Vascello, ispirate alla vegetazione e alla storia dello stesso parco, e un’installazione video della performance Maschera d’argilla, realizzata con il supporto di  Simone Rottini. In questo lavoro la maschera d’argilla diventa simbolo dell’unione primigenia tra l’uomo e la terra: nel momento in cui viene applicata sul volto, essa non è più semplice materia, ma vivo respiro. Si fa fusione tra corpo e natura.

Sara D’Avola, Libro d’artista Anatomie di un corpo, tecnica mista, Monza (MB), gennaio – marzo 2021, 20 x 15 cm. Realizzato nello studio di Matteo Cantalles.

La ricerca di Sara D’Avola si inserisce in una tradizione artistica che, dai paesaggi romantici alla Land Art, ha indagato la relazione tra uomo e ambiente. Eppure, il suo lavoro non è “nostalgico”, ma si proietta verso il futuro, interrogandosi su come ricostruire il legame spezzato tra umano e naturale in un’epoca dominata dalla tecnologia e dal consumo indiscriminato delle risorse.

In un mondo che spesso dimentica il valore del silenzio e dell’ascolto, le opere di D’Avola invitano a un ritorno alla sacralità della natura, a una riconnessione con le radici profonde della nostra esistenza. Un’esposizione che è, al tempo stesso, una riflessione e un monito: sarà ancora possibile ascoltare Quel dolce e flebile sentire?

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