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Comanche, la nuova mostra di Luis Gómez Armenteros

Luis Gomez Armenteros, Geist, 2017 Fotografia, Credits: Luis Gomez Armenteros
Luis Gomez Armenteros, Geist, 2017 Fotografia, Credits: Luis Gomez Armenteros
L’arte come mezzo di investigazione sociale. Come strumento – talvolta criptico ed enigmatico, ma sovente “libero” e manifesto – che genera una dialettica tra lo spazio, il pubblico e la creazione artistica stessa. Perché è solo ri-definendo i rapporto tra l’immagine e il sistema che la produce e consuma che si ri-disegna una società nuova. Una società, cioè, in cui al “nomadismo” dell’artista contemporaneo – ora oscillante tra radicamento e transitorietà, tra adesione e critica – si possa ri-attenzionare la funzione più autentica e profonda dell’atto creativo: quella di porre radicali, inaspettate e talvolta “scomode” domande.

Ed è proprio con il desiderio di indagare il ruolo dell’arte nel processo di ridefinizione delle identità contemporanee che Luis Gómez Armenteros realizza le opere esposte nella sua personale dal titolo Comanche (The Enemy of Everyone), a cura di Giacomo Zaza e visitabile dal 18 febbraio al  5 aprile 2025 presso la Fabbrica del Vapore di Milano e dal 22 febbraio al 18 aprile 2025 al The Place a Bergamo; un’esposizione che si configura, non solo come “mera” descrizione delle dinamiche attuali di potere, appartenenza e conflitto, ma come un vero e proprio viaggio concettuale e sensoriale attraverso le tensioni dell’arte e della società contemporanea.

A partire infatti dal dualismo intrinseco alla parola Comanche – che nella lingua Ute significa Popolo, ma che nella storiografia nordamericana moderna è tradotta come bellicoso, nemico di tutti – l’artista invita il pubblico a de-costruire quelle categorie imposte dall’alto, riflettendo sulla costruzione dell’identità attraverso lo sguardo dell’Altro.

Luis Gomez Armenteros, Letra Muerta, 2008 Video. Credits: Luis Gomez Armenteros

Un percorso in cui il falso si scontra con l’autentico, e la narrazione dominante si interfaccia con una visione più intima e introspettiva della società. È infatti attraverso un linguaggio stratificato e complesso che Gómez Armenteros rende il concetto stesso di medium un territorio di contaminazione fluida. Un campo in cui fotografia, video, scultura, stampa e interventi ambientali si prestano alla costruzione collettiva di un significato e la sua più autentica “soggettività”.

In questa prospettiva, l’arte si rivela come un campo di forze attraversato da tensioni politiche, sociali ed estetiche, e l’artista – che sta, metaforicamente, al di sopra sia della percezione individuale che della narrazione collettiva – si pone come un interprete critico del tempo odierno. Ma è proprio questa percezione dell’artista – e, di per contro, la sua “incertezza creativa” – che viene resa nota in Fuzzy Guy, un dittico fotografico che accosta due elementi tanto contrastanti, quando simili nel loro stesso essere, nel loro stesso “stare”. Qui infatti un piatto di sushi, descritto con una precisione quasi fiamminga, è accostato a un testo frammentato e scomposto, le cui uniche lettere rimaste – definite con colori accesi, in contrasto con lo sfondo nero – rimandano a una citazione di mecenati e collezionisti d’arte. Una contrapposizione, semantica e visiva, in cui l’ordine e la regolarità si scontrano con il caos e l’ambiguità, mettendo in discussione la definizione stessa dell’artista come figura mistica

Luis Gomez Armenteros, A Fuzzy Guy, 2023-2024 Dittico
stampa fotografica
Geist, 2017 Fotografia . Credits: Luis Gomez Armenteros

Un “alterità” di visione che investe non solo l’artista ma anche il contesto con cui egli si interfaccia. È infatti in Demo che Gómez Armenteros concentra la sua attenzione sul “linguaggio e sulla molteplicità di significati” che la parola – nel mondo dell’arte – può assumere a seconda del contesto; in un cannocchiale improvvisato o in una deceduta torre d’importanza, infatti, tanto i giornali – come guide e fari di ciò che è nuovo – quanto i popoli – il termine Demo è infatti ricondotto anche alla radice della parola greca che definisce Popolo – si divorano a vicenda, lasciando, accanto alla propria “caduta”, brandelli e lacerti del loro stesso agire.

Ma è soprattutto in opere come Exclusión por silencio, Geist, Even if we are not here, Trata o tratado che l’artista “sfida” lo spettatore, invitandolo a decostruire le convenzioni visive per interrogarsi sul ruolo dell’arte nell’attuale scenario culturale. In un tempo, cioè, in cui il gesto artistico si confronta con un sistema dominato dalla logica speculativa e dalla progressiva dissoluzione di riferimenti stabili. In un tempo in cui l’opera di Gómez Armenteros si muove – con lucida ironia – su un crinale instabile, tra denuncia e disincanto, tra riflessione teorica e provocazione visiva, riportando l’attenzione sulla funzione più autentica dell’atto creativo: quella di porre radicali, inaspettate e talvolta “scomode” – ma necessarie – domande.

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