Print Friendly and PDF

L’arte che ricuce la storia, a Milano

Liliana Moro, MI CHIAMO AMATORE , 2025, Carta Amatruda, stampa su lucido, timbro a inchiostro nero Foto: Gianluca Di Ioia
Paola Pivi, SENZA TITOLO (CONTRO LA MAFIA PER L’ATTENTATO DI VIA PALESTRO), 2025, Carta Amatruda, sporco, metallo, palloncini, Foto: Gianluca Di Ioia
A Milano, in Triennale, la mostra “Le Ferite di Milano. Come l’arte può ricucire la storia” è la seconda tappa di un progetto ambizioso iniziato a Roma nel febbraio del 2023, a cura di Spazio Taverna (Marco Bassan e Ludovico Pratesi), di opere create da dieci artisti contemporanei di diverse generazioni e linguaggi per rimuovere dall’oblio traumi di una città fulcro della modernità, cambiamenti e tensioni sociali, che hanno inciso la sua storia e della collettività. (fino al 30 marzo 2025).
Liliana Moro, MI CHIAMO AMATORE, 2025, Carta Amatruda, stampa su lucido, timbro a inchiostro nero, Foto: Gianluca Di Ioia

Una metropoli inevitabilmente cela ferite, traumi che spaziano dalle rivolte sociali al terrorismo, a disgrazie personali. Milano ha le sue cicatrici, dolori autoinflitti, indimenticabili come dimostrano le dieci opere in mostra che rimuovono dall’inconscio tragici fatti di cronaca nera che nel tempo hanno tracciato la storia di una città attratta dal nuovo. Dall’esecuzione di Amatore Sciesa, fucilato dagli austriaci nel 1851 durante le repressioni austriache, ai Moti di Milano del 1898, includendo anche la strage del Teatro Diana (1921) e l’attentato di Piazza Giulio Cesare (1928), la strage di Piazza Fontana (1969), l’omicidio del commissario Luigi Calabresi (1972), la bomba di via Palestro (1993) e la morte del giornalista Walter Tobagi (1980), fino agli scandali di Tangentopoli (1992) e l’incidente di Linate (2001), questa mostra affida agli artisti che hanno un rapporto privilegiato con Milano l’arduo compito narrativo di attraversare il tempo senza alterare il fatto storico, trasfigurandolo in un frammento poetico del dolore che ci ha attraversato.

Marcello Maloberti, SOPRAVVISUTO, 2025, In collaborazione con Fortunato Zinni, Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano-Albisola Pastello a olio nero su foglio bianco, Foto: Gianluca Di Ioia

Gli artisti scelti dai curatori sono: Camilla Alberti, Francesco Arena, Stefano Arienti, Ruth Beraha, Valentina Furian, Marcello Maloberti, Liliana Moro, Diego Perrone, Paola Pivi e Luca Vitone, che hanno interpretato in chiave simbolica ferite mai rimarginate, con l’obiettivo di interpretare liberamente fatti di cronaca nera che nel tempo hanno fatto la storia, usando un foglio di carta, come medium pittorico, scultoreo e supporto concettuale per dare forma a dieci punti di vista differenti sulle ferite di una città capace di rigenerarsi dalle proprie ferite.

Nella sala di passaggio dalla Triennale al giardino, vi sorprenderanno opere-frammenti allestite su un doppio binario: su una parete le opere, leggere come foglie al vento; nella parete di fronte, invece, i “manifesti” dei misfatti milanesi con la mappa in nero dei luoghi dove sono avvenute le tragedie: fate attenzione alle indicazioni di come ciascun autore ha riscritto la storia senza spiegarla. Le loro opere non hanno l’intento di rievocare il dolore, ma di dargli nuova forma, affidano a segni, colori, volumi, parole, numeri, strutture pro-tese verso qualcosa di indefinibile che agisce sulla memoria e ci può restituire la consapevolezza del dovere di ricordare il passato per immaginare nuovi scenari futuri.

Bando a sterili elenchi delle opere esposte, vi consigliamo di osservarle dal vivo, l’ingresso è libero, perché lo capirete soltanto quando le “toccherete” con gli occhi e ripercorrerete – ciascuno a proprio modo – la memoria soggettiva e collettiva insieme con un brivido di emozione.

Commenta con Facebook