Quando ti avvicini a San Francesco della Vigna, ti accorgi subito che Venezia qui è diversa. Non quella da cartolina, non quella che scivola via nei riflessi delle gondole. Qui c’è una Venezia che vive, respira, cammina piano sulle pietre che ha conosciuto per secoli. Qui ci sono panni stesi tra i palazzi, anziani che si salutano con parole che sembrano più sussurri che suoni, e un’aria che sa di mare e basilico, di qualcosa che ancora non si è arreso.
E ora, proprio qui, in questo quartiere che è ancora quartiere, parte un progetto che sembra uscito da un sogno in cui il passato e il futuro decidono di parlarsi. Il Museo di Palazzo Grimani, l’Associazione San Francesco della Vigna e il Convento di San Francesco della Vigna hanno messo insieme teste, mani, idee. E hanno deciso che San Francesco della Vigna non è solo un luogo da ammirare, ma un luogo da ascoltare. Un luogo che merita di essere raccontato dalle persone che ci vivono e da quelle che ancora ci credono.
Il progetto ha preso il via il 14 marzo, quando il quartiere si è trasformato in una macchina del tempo. C’è un viaggio nella memoria, dove ogni pietra racconta una storia. C’è un laboratorio di scrittura creativa che chiede alla gente di fermarsi, di guardarsi indietro e poi avanti, di mettere su carta tutto quello che la città porta con sé. Ci sono persone che raccontano e altre che ascoltano, e in questo scambio di parole e silenzi nasce qualcosa di nuovo. C’è anche il teatro, che non è solo finzione, ma un modo per tenere insieme le persone, per dare corpo a tutto quello che altrimenti resterebbe sospeso nell’aria.

Marianna Bressan, direttrice dei Musei archeologici nazionali di Venezia, dice che questo progetto è un modo per far parlare la comunità con se stessa, per restituire ai veneziani un pezzo della loro storia. E Valeria Finocchi, storica dell’arte di Palazzo Grimani, aggiunge che non si tratta solo di memoria, ma di identità, di capire chi siamo stati per sapere chi possiamo ancora essere.
E poi c’è Susanna Ampò, presidente dell’Associazione San Francesco della Vigna, che parla con un affetto che si sente anche tra le righe. Dice che vuole costruire un archivio di ricordi, perché un giorno qualcuno possa ancora sapere com’era vivere qui. E c’è Fra Stefano Cavalli, che del Convento di San Francesco della Vigna ha fatto una casa aperta, un rifugio per la memoria e per il futuro.

Cose belle che accadono spesso in città ma di cui non si parla mai, perché c’è altro di cui parlare… Ma non è solo nostalgia. Questo progetto non è solo un modo per dire “una volta qui c’era”. È un modo per dire “qui c’è ancora, qui ci sarà ancora”. È un tentativo di tenere insieme le voci, le risate, i racconti. Di far sì che Venezia non diventi solo un museo all’aperto, ma resti un posto dove la gente si incontra, dove le storie si intrecciano, dove la città è viva, vera, ancora e sempre.
Quindi tu che stai leggendo, vieni a vedere cosa sta succedendo in questa parte di Venezia così bella! Vieni a camminare per queste strade, ad ascoltare le storie che la città ha da raccontare. Vieni a scoprire che Venezia non è solo quello che vedi, ma anche tutto quello che senti, tutto quello che qualcuno, un giorno, deciderà di raccontarti.