
Presentato oggi il rapporto Nomisma: il mercato dell’arte italiano rischia un – 28 per cento di fatturato, oltre alla fuga di artisti e addetti ai lavori. E mentre il Gruppo Apollo chiede la riduzione dell’IVA, il Ministro Giuli sostiene “attenzione” da parte del Governo alla questione…
Un settore da 1,36 miliardi di euro che rischia il collasso. Il mercato dell’arte italiano sta perdendo pezzi a causa di un sistema fiscale che lo penalizza rispetto ai concorrenti europei. Mentre Francia e Germania hanno abbassato l’IVA sulle opere d’arte rispettivamente al 5,5% e al 7%, l’Italia resta ferma al 22%, la percentuale più alta in Europa, come ben sappiamo e come vi avevamo anche raccontato a più riprese a partira dal famigerato DL dello scorso febbraio.
Sono i numeri del nuovo rapporto Nomisma, realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo e presentato oggi a Palazzo Wedekind, che dipingono un quadro preoccupante. Le 1.618 gallerie e 1.637 antiquari attivi nel Paese vedono erodersi progressivamente i propri margini, con un calo stimato fino al 28% del fatturato complessivo se non si interverrà con misure correttive.
“È una questione di sopravvivenza”, afferma Alessandra Di Castro, presidente del Gruppo Apollo, l’associazione che rappresenta l’industria dell’arte in Italia: “Con questa disparità fiscale, stiamo regalando ai nostri concorrenti europei collezionisti, artisti e interi segmenti di mercato. Se non corriamo ai ripari, tra cinque anni parleremo di un settore irrimediabilmente compromesso”.
L’analisi di Nomisma evidenzia come la differenza di aliquota stia producendo effetti a catena. Un’opera venduta a 100.000 euro in Francia costa di fatto 105.500 euro, contro i 122.000 dell’Italia. Una forbice del 18% che sta svuotando progressivamente le fiere e le gallerie italiane a vantaggio di Parigi, Londra e Basilea.
“Non si tratta solo di grandi collezionisti”, spiega Roberta Gabrielli, responsabile Marketing di Nomisma, “Il danno maggiore lo subiscono le piccole e medie gallerie, quelle che scoprono e lanciano i giovani talenti. Alcune potrebbero vedere il proprio fatturato dimezzarsi entro il 2026”.
La proposta del settore è chiara: abbassare subito l’IVA al 5%, ancora più bassa di quella francese, per trasformare l’Italia in un hub europeo delle transazioni artistiche. Secondo le proiezioni, questa misura potrebbe portare il fatturato a 1,5 miliardi già nel triennio 2025-2027, con un impatto complessivo sull’economia nazionale di 4,2 miliardi.
“È l’ultima chiamata”, conclude Di Castro: “Abbiamo di fronte un’occasione storica per rilanciare un settore che è parte integrante del nostro patrimonio culturale ed economico. Ma il tempo stringe: ogni mese di ritardo significa altre gallerie che chiudono e altri talenti che se ne vanno all’estero”.
Intanto, la palla passa ora al governo. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, presente alla presentazione del rapporto, ha assicurato che “la questione è all’attenzione del governo”, senza però sbilanciarsi su tempi e modalità di intervento. Un atteggiamento di cautela che non placa l’ansia degli operatori, consapevoli che per il mercato dell’arte italiano potrebbe essere già scattato il conto alla rovescia, se non già il “si salvi chi può”, per i meno ottimisti…