
Villa Bardini la Fondazione Roberto Longhi prende spunto dal Merisi per narrare le vicende della celebre coppia del mondo della Cultura
C’era una volta “Villa il Tasso” (“e per fortuna c’è ancora” potremmo aggiungere), in via Fortini 30, poco fuori dal centro storico di Firenze… La Fondazione Roberto Longhi, insieme a Fondazione Cassa di Risparmio (accomunate dalla volontà di diffondere Arte e Cultura per il benessere della società), presenta, presso la spettacolare location di Villa Bardini, un’esposizione che narra le vicende di una coppia del mondo della Cultura che proprio a Villa il Tasso costruì un raffinato, quanto privato, cenacolo culturale, fatto in essenza di molteplici e illustri relazioni a livello sia nazionale che internazionale.
Roberto Longhi e Anna Banti ebbero il merito di intessere questa fitta rete di amicizie sia a livello di condivisione di esperienze di vita, che a livello epistolare, fregiandosi di rapporti con grandi personalità dell’epoca, dei quali ad oggi sussiste ancora la significativa eco. Se da un lato, per il piacere del grande pubblico, “Il ragazzo morso da un ramarro” di Michelangelo Merisi fa le veci della “star” fra le presenze alla parete, dall’altro il visitatore avrà l’opportunità di ammirare da vicino capolavori quali i fenomenali Apostoli di Jusepe de Ribera, come un’intera sala di nature morte firmate Morandi (grande amico personale di Longhi), dei poetici Carrà, un paio di esplosivi Guttuso (lo sguardo della sua Sibilla è impressionante), soltanto per citare alcuni fra i grandi nomi portati in mostra.

Stagioni dell’esistenza
Il vero fulcro della chiave narrativa scelto per la mostra non è tanto la collezione privata della coppia in sé per sé, ma è più che altro la loro vita attiva, non solamente dunque quella intellettuale, ma anche quella letteralmente connessa alle stagioni dell’esistenza. Quando infatti non era Villa Il Tasso il palcoscenico privilegiato di questi ritrovi, poteva essere invece la dimora estiva dei due lo scenario eletto, dove comunque regnava la costante di uno spirito di scambio e collaborazione tipico delle attività di carattere creative per antonomasia.
Insieme alle preziose pitture, un vasto materiale d’archivio (dalle bellissime foto ai libri in prima edizione firmati da autori come Ungaretti, Pratolini, Gadda, per passare dai ritratti di famiglia realizzati da Leonetta Cecchi Pieraccini) viene offerto per soddisfare la curiosità del visitatore che di certo resterà sbalordito di fronte alle capacità di rappresentazione di Longhi, il quale ritrae la propria amata in numerosi disegni dal tratto fresco e raffinato, così come pure dalle dolcissime foto che documentano un’esistenza fatta di studio ma anche di spensieratezza ed intimità profonda.

Vivere con un genio
Fausta Garavini all’interno del curatissimo catalogo (edito da Mandragora) cita il racconto di un allievo di Longhj (Alvar Gonzáles Palacios): “Quando Longhi si presentò a I Tatti, latore della laurea honoris causa che la Facoltà di Lettere di Firenze conferiva a Berenson (Bernard) – già troppo anziano per andare a ritirarla – questi lo accolse chiedendogli: Allora Longhi, come si sta a vivere con un genio?”. A sottolineare il valore della scrittrice, che fu anche traduttrice (all’anagrafe Lucia Lopresti), testimoniato con una battuta dal celebre critico americano.
E anche Sgarbi, borsista della Fondazione Longhi all’epoca, ricorda: “Era riuscita, in tutta la vita, a evitare l’insopportabile e squilibrato rapporto maestro-allievo (forse perché aveva dovuto superarlo, fino a quasi invertirlo nella sua vita privata) che spesso determina mortificazioni e soggezioni, imbarazzi e limitazioni dell’intelligenza”. Ricordandoci come lei non fosse assolutamente “moglie di”, o “allieva di” e basta.

Insomma, Banti, insieme a Longhi, con questa esposizione viene ricordata come una mente creativa responsabile di averci lasciato un patrimonio rilevante per tutti indistintamente, e non solo: entrambi sono stati autori di una lungimirante attività di divulgazione di questa forza naturale che è per noi l’Arte. L’esposizione costituisce il segno provato di un profondo amore e una costante dedizione allo studio del fare e interpretare l’Arte.