Print Friendly and PDF

La Tate restituisce un capolavoro barocco trafugato dai nazisti

Il dipinto “Enea e la sua famiglia fuggono da Troia in fiamme” del pittore inglese Henry Gibbs del 1654. Foto: Tate/PA Media/dpa
Henry Gibbs, Enea e la sua famiglia fuggono da Troia in fiamme, 1654. Foto: Tate/PA Media/dpa
Un dipinto seicentesco, firmato dal pittore inglese Henry Gibbs e custodito per oltre trent’anni nella collezione della Tate Britain, è pronto a tornare ai legittimi eredi del suo proprietario originale: il mercante d’arte ebreo Samuel Hartveld, vittima delle spoliazioni naziste durante la Seconda guerra mondiale.

La tela, intitolata Enea e la sua famiglia in fuga da Troia in fiamme (1654), raffigura una scena tratta dall’Eneide e fu sottratta dai nazisti nel 1942 durante un raid nella galleria di Hartveld ad Anversa, in Belgio. L’opera era una delle 66 confiscate nella stessa occasione: un atto che oggi lo Spoliation Advisory Panel del Regno Unito definisce chiaramente come “persecuzione razziale”.

All’epoca dell’acquisto da parte della Tate, nel 1994, non erano ancora emersi elementi decisivi sulla provenienza dell’opera. “La storia dell’opera è stata esaminata in modo approfondito all’epoca – ha dichiarato Maria Balshaw, direttrice della Tate – ma alcuni dettagli cruciali sulla proprietà pre-bellica non erano noti”.

Grazie a un’indagine storica più recente, supportata da testimonianze e documenti d’archivio, è stato possibile ricostruire il destino dell’opera. Samuel Hartveld e sua moglie Claire Melboom erano fuggiti da Anversa nel 1940, prima dell’invasione tedesca. Il figlio Adelin rimase nel Paese, unendosi alla Resistenza: fu catturato e condannato a morte dai nazisti nel gennaio del 1942.

Secondo un rapporto datato 10 aprile 1945, le proprietà della famiglia Hartveld furono sequestrate e amministrate da un certo Van den Broek, che successivamente vendette il dipinto di Gibbs alla Aramex Shipping Company. Quando la Tate lo acquisì, però, il dipinto era già passato alla Galerie Jan de Maere di Bruxelles.

La richiesta di restituzione è stata presentata il 10 maggio 2024 dal Sonia Klein Trust, in rappresentanza degli eredi e dei pronipoti di Hartveld. Il personale della Tate si è dimostrato collaborativo, approvando con tempestività la raccomandazione dello Spoliation Advisory Panel.

Nel suo report del 2020, il team di conservazione della Tate descrive l’opera come un esempio della maestria tecnica di Gibbs, sottolineando la presenza di crettature compatibili con un telaio storico: dettagli che testimoniano l’età e l’autenticità del dipinto.

Negli ultimi 25 anni, il Regno Unito ha gestito 23 richieste di restituzione di opere trafugate: 14 dipinti sono stati effettivamente restituiti. Un segnale che, anche a distanza di decenni, la giustizia può ancora fare il suo corso, anche nel mondo dell’arte.

Il ritorno dell’opera di Gibbs agli eredi Hartveld non è solo un gesto di riparazione: è un atto simbolico che riafferma il legame profondo tra arte, memoria e giustizia. Un dipinto che ha attraversato guerre, collezioni e frontiere, e che oggi racconta non solo una storia mitologica, ma anche una verità storica che non deve essere dimenticata.

Commenta con Facebook