
Mentre Donald Trump lancia una caccia nazionale agli scultori per il suo ambizioso National Garden of American Heroes, il progetto fatica a conquistare il cuore degli americani.
Il National Endowment for the Humanities (NEH) ha appena pubblicato un bando rivolto agli artisti per realizzare 250 statue a grandezza naturale, raffiguranti figure storiche molto diverse tra loro: da George Washington a Martin Luther King Jr., passando per Kobe Bryant e Alex Trebek. Il budget? Fino a 200.000 dollari per statua, finanziati da sovvenzioni cancellate da precedenti programmi culturali.
Gli scultori – rigorosamente cittadini americani – dovranno utilizzare marmo, granito, bronzo, rame o ottone, e avranno appena otto mesi per completare le opere. Alcuni potrebbero persino trovarsi a realizzare più di una statua. Per candidarsi, oltre a portfolio e CV, occorre allegare una dichiarazione di eventuali debiti federali insoluti: prestiti studenteschi, tasse arretrate o mancato mantenimento dei figli.
Il sito del futuro parco rimane un mistero. L’unica certezza è la data di inaugurazione: il 4 luglio 2026, in tempo per il cinquecentenario degli Stati Uniti, il cui costo, circa 30 milioni di dollari, saranno ovviamente a carico dei contribuenti.
Ma mentre Trump tenta di scolpire la sua visione della storia americana nella pietra, l’opinione pubblica sembra tutt’altro che entusiasta. Un sondaggio Reuters/Ipsos rivela che la maggioranza degli americani – repubblicani inclusi – disapprova il suo tentativo di mettere le mani su musei, teatri e università. Se è vero che il 57% dei repubblicani giustifica i tagli alle università troppo “progressiste”, solo il 26% crede che il presidente debba controllare le istituzioni culturali del Paese.
Anche i grandi nomi del mondo dell’arte si fanno sentire. Max Hollein, direttore del Metropolitan Museum of Art, ha dichiarato al quotidiano francese Le Quotidien de l’Art che le nuove regole anti-DEI volute da Trump “non si applicano” al MET, difendendo l’indipendenza e l’apartiticità della storica istituzione newyorkese.
Tra ambizioni monumentali e proteste culturali, il “Giardino degli Eroi” si profila sempre più come un terreno di battaglia simbolico per il futuro della cultura americana













