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Jago e Caravaggio. A Milano un dialogo tra Nature morte

La Canestra di frutta di Caravaggio, all'Ambrosiana La Canestra di frutta di Caravaggio, all'Ambrosiana
La Canestra di frutta di Caravaggio, all'Ambrosiana
La Canestra di frutta di Caravaggio, all’Ambrosiana
Alla Pinacoteca Ambrosiana il dialogo tra due Nature Morte: la celebre Canestra di frutta di Caravaggio e l’opera scultorea del contemporaneo Jago

Fino al 4 novembre prossimo, la Pinacoteca Ambrosiana accoglie una scultura dell’artista Jago, curata da Maria Teresa Benedetti in collaborazione con Arthemisia. L’opera è posta in dialogo con la celebre Canestra di frutta di Caravaggio, in un confronto che pone al centro il tema universale della caducità dell’esistenza.

 

jago natura morta in dialogo con la canestra di frutta di carabaggio pinacoteca della biblioteca ambrosiana milano 2025 ph stefano teodori A Milano Jago dialoga con Caravaggio. L’insolito duetto alla Pinacoteca Ambrosiana
Jago, Natura Morta; Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Canestra di frutta, 1597-1600, installation view, Ph. Stefano Teodori

Caravaggio, con la sua Canestra di frutta, trasfigura il tema della Vanitas: la frutta è colta nell’istante in cui inizia ad appassire sotto i nostri occhi, rivelando una tensione palpabile tra vitalità e decadimento. Le foglie secche, i grappoli d’uva che cominciano ad appassire, non sono semplici dettagli naturali, ma simboli che rimandano alla condizione umana. In questo lento processo di decadimento naturale si riflette il destino dell’uomo: la vitalità che lentamente si spegne, la bellezza che si consuma, la vita che si avvicina alla sua conclusione.

Con questa sapiente raffigurazione tattile degli oggetti, Caravaggio ci pone davanti ad una natura ancora viva ma già intaccata dalla morte, ricordandoci in modo contemplativo la fragilità e la transitorietà della nostra esistenza.

 

Jago, Natura Morta
Jago, Natura Morta

Jago, ispirandosi proprio al capolavoro, ne propone una rilettura ponderata con una sensibilità tutta contemporanea. Scolpita nel marmo, la sua opera racconta una ferita del nostro presente. A sostituzione della frutta, nel cesto compaiono delle armi: un revolver, una Glock, una Desert Eagle, un fucile Benelli M4, la granata Stielhandgranate 24, utilizzata durante la Seconda guerra mondiale, e proiettili di fucili d’assalto.

Con quest’opera”, spiega l’artista, “ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società. Una violenza che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione”.

L’opera di Jago non rifiuta la lezione caravaggesca, ma ne amplifica la crudeltà, trasformando il memento mori in una denuncia diretta. Se Caravaggio ci invita a riflettere sulla nostra fine naturale, Jago ci costringe a fare i conti con una fine provocata. Non la morte come destino, ma come conseguenza dell’azione umana. Una vanitas prematura, imposta, dove la fragilità dell’uomo non è più solo legata al tempo, ma alla mano dell’uomo stesso.

Il dialogo tra le due opere è quanto mai pregnante. Caravaggio affronta un tema individuale, che riguarda la condizione umana in senso privato e personale. Jago lo declina in chiave collettiva, restituendoci un presente in cui la violenza sembra aver sostituito ogni forma di speranza.

 

Jago, Natura Morta (particolare)
Jago, Natura Morta (particolare)

Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”, scriveva Giuseppe Ungaretti. Ed è proprio questo attaccamento che, in modi differenti, le due opere sembrano richiamare: un invito a non dimenticare quanto sia fragile, e preziosa, la nostra esistenza.

Nato a Frosinone nel 1987, Jago ha abbandonato l’Accademia di Belle Arti per intraprendere un percorso artistico indipendente. Combinando le tecniche scultoree tradizionali con un linguaggio attuale e diretto. A soli 24 anni partecipa alla 54a Biennale di Venezia su invito di Vittorio Sgarbi, presentando il busto in marmo di Papa Benedetto XVI, poi rielaborato nell’opera Habemus Hominem.

Tra i suoi lavori più riconosciuti possiamo annoverare il Figlio Velato esposto a Napoli e The First Baby, prima scultura in marmo spedita nello spazio con la missione ESA Beyond. Nel 2023 inaugura a Napoli lo Jago Museum nella Chiesa di Sant’Aspreno. Mentre nel 2024 è protagonista del documentario Jago – Into The White, presentato al Tribeca Film Festival. Tra le sue esposizioni più recenti, il David, esposto alle Gallerie d’Italia di Napoli e l’opera Apparato Circolatorio al Padiglione Italia di Expo Osaka 2025.

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