
Il 13 maggio ha inaugurato presso Palazzo Montecitorio la nuova mostra di Lorenzo Marini dal titolo “Lettere al Parlamento”, un viaggio artistico sul potere del linguaggio come forza creativa, strumento di dialogo e fondamento della democrazia.
La scelta di esporre questa mostra a Montecitorio, luogo simbolico della rappresentanza democratica, è fortemente significativa. L’allestimento si inserisce idealmente nel patrimonio artistico delle istituzioni, accostandosi con un linguaggio contemporaneo alle opere di maestri come Carrà, De Chirico, Sironi, Guttuso, Morandi.
Le opere di Marini, artista noto per aver dato vita al movimento della Typeart, trasformano le lettere in protagoniste assolute: libere, inventate, interpretabili. Esse non chiedono solo di essere lette, ma di essere guardate, toccate, vissute. È un invito a ripensare il nostro rapporto con il segno, con l’altro e, in definitiva, con la democrazia stessa.
L’esposizione raccoglie quindici opere, in cui l’artista mette in scena le lettere dell’alfabeto come forme vive, svincolate, fluide: non più meri segni grafici, ma corpi narrativi che incarnano pensiero, relazione e responsabilità. Al centro della mostra spicca l’opera site specific Le parole non siano pietre, realizzata con cento sassi sui quali è stata disegnata una lettera dell’alfabeto.
Lorenzo Marini si è così espresso riguardo all’opera e alla sua collocazione:
Nella vita ci capita di scrivere molte lettere, da quella a Babbo Natale a quella alla mamma, da quella al primo amore a quella di licenziamento. Mai avrei pensato di scrivere un giorno una Lettera al Parlamento. Trattandosi di una mostra d’arte, la mia lettera è visiva. Il titolo è il messaggio: “le parole non siano pietre”. Esibita a Montecitorio, nel luogo che più di ogni altro in Italia è deputato a esprimere quotidianamente il pensiero democratico, acquista un significato speciale. Le parole possono fare male, sia quando sono bugie sia quando sono verità. Dipende tutto da come le usiamo.
Colpisce in particolar modo la connessione tra l’opera di Marini e il discorso urbi et orbi di Papa Prevost, riguardo a cui l’artista ci dice:
Mi ha colpito moltissimo che Papa Leone XIV abbia parlato di comunicazione in termini meravigliosi: “Disarmiamo le parole”. C’è bisogno di armonia nel mondo, ci sono troppi veleni invisibili attorno a noi. Un’opera d’arte non può cambiare nulla, ma ogni piccola cosa può assumere significati profondi.
In un mondo interconnesso, dove le parole possono generare inclusione o esclusione, costruire ponti o alzare muri, l’arte di Marini ci invita a scegliere la cura del verbo, contro ogni forma di violenza verbale, culturale o sociale. “Lettere al Parlamento” è un appello alla riflessione, alla responsabilità, alla bellezza del linguaggio come strumento di costruzione sociale.















