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Cannes. L’IA reimmagina Koyaanisqatsi: un’installazione risponde al corpo dei visitatori

Godfrey Reggio Godfrey Reggio
Godfrey Reggio
Godfrey Reggio
Da Cannes intervista esclusiva a John Fitzgerald, co-creatore del progetto immersivo nato da una collaborazione con il regista cult Godfrey Reggio

Con la trilogia Koyaanisqatsi, Powaqqatsi e Naqoyqatsi — prodotta negli anni ’80 con il supporto di Francis Ford Coppola e George Lucas — Godfrey Reggio ha ridefinito il linguaggio cinematografico, influenzando profondamente la rappresentazione del rapporto tra essere umano, tecnologia e ambiente. Le sue opere hanno lasciato un’impronta duratura su più generazioni di autori, diventando un punto di riferimento per registi e creativi anche al di fuori del cinema. Anche a Cannes.

Tra questi, John Fitzgerald, filmmaker indipendente e artista visivo, ha avviato una collaborazione con Reggio per realizzare Beyond the Vivid Unknown, un’installazione immersiva che rielabora il materiale e i temi del film originale Koyaanisqatsi attraverso l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale. L’opera genera nuove immagini e una colonna sonora originale, ispirata a quella di Philip Glass, in un’esperienza interattiva che coinvolge direttamente il pubblico. L’opera è in concorso nella sezione immersiva al Festival di Cannes.

Buongiorno John, presentati al pubblico italiano e raccontaci dell’esperienza di Beyond the Vivid Unknown
Mi chiamo John Fitzgerald e sono il co-creatore di Beyond the Vivid Unknown. Si tratta di un’installazione immersiva e interattiva guidata dall’intelligenza artificiale che reinterpreta Koyaanisqatsi, il celebre film del 1982 diretto da Godfrey Reggio—un’opera visiva senza dialoghi che esplora il rapporto dell’uomo con la natura e la tecnologia. Il titolo deriva dalla lingua Hopi e significa “vita fuori equilibrio”. L’installazione utilizza tecnologie di rilevamento della profondità che mappa lo spettatore e lo riproietta volumetricamente nello spazio, permettendogli così di guidare la narrazione dell’esperienza. Ogni movimento, ogni permanenza davanti alle immagini, genera una risposta visiva e sonora in tempo reale: lo spettatore viene proiettato nell’ambiente e diventa parte attiva del racconto.

Come ha avuto inizio la collaborazione con Godfrey Reggio?
Ho incontrato Godfrey circa tre anni fa, mentre stavo lavorando a un progetto di ricerca sull’uso dell’IA nelle arti visive. È stato lui stesso a proporre una collaborazione, dicendomi: “Facciamo qualcosa di nuovo”. Sapeva che, vista la sua età — oggi ha 85 anni — non avrebbe potuto seguirmi nei viaggi di produzione, ma mi ha dato accesso completo al suo archivio visivo. Da lì ho creato un dataset di immagini, utilizzando tecnologie open-source e prompt generati da conversazioni con Godfrey. L’obiettivo era omaggiare Koyaanisqatsi, senza usare alcun materiale originale, ma generando nuovi contenuti attraverso l’IA. È nato così un lavoro completamente nuovo. Abbiamo anche collaborato con il team di Philip Glass, compositore della colonna sonora originale, per reinterpretare il paesaggio sonoro. Con i musicisti Ben Shurkin e Matt Tierney, abbiamo sviluppato uno strumento che permette di comporre nuovi brani tramite comandi in linguaggio naturale, creando una colonna sonora multicanale con oltre 100 tracce.

 

Beyond the Vivid Unknown
Beyond the Vivid Unknown

In che modo l’installazione reagisce al pubblico?
Abbiamo generato decine di ore di contenuti audiovisivi che esplorano la relazione tra natura, tecnologia e umanità. I sensori di tracciamento rilevano quanti spettatori sono presenti, dove si trovano, e quanto a lungo osservano ogni porzione dello spazio. Questi dati guidano il flusso narrativo, che evolve seguendo l’arcata originale di Koyaanisqatsi, passando da paesaggi naturali incontaminati all’urbanizzazione frenetica, fino al collasso e a un possibile ripristino. Ad esempio, se uno spettatore resta fermo in uno stesso punto per lungo tempo, l’installazione “legge” questo comportamento come una forma di attenzione o contemplazione, e reagisce rallentando il ritmo, riportando visivamente lo spazio a uno stato più calmo, quasi primordiale. Al contrario, il movimento collettivo accelera la transizione verso il caos.

Perché Beyond the Vivid Unknown? Qual è la missione del progetto?
Sono sempre stato affascinato da Koyaanisqatsi, perché non è un film narrativo tradizionale, ma un’esperienza. Una sorta di primo film immersivo. Godfrey non ha mai voluto offrire risposte, ma domande. La sua opera è un invito a riflettere su dove ci troviamo, cosa stiamo facendo, e come stiamo cambiando il mondo. Non si tratta di dire se la tecnologia è buona o cattiva, ma di renderci consapevoli del nostro impatto. Con Beyond the Vivid Unknown, abbiamo cercato di aggiornare questa riflessione al presente, proiettandola nel futuro. L’IA non è un semplice strumento: è un collaboratore che osserva, apprende e restituisce la nostra immagine, amplificandone le contraddizioni.

Quali altri progetti completano questa installazione?
Stiamo lavorando anche ad alcune sculture video sperimentali. Una è una slot machine composta da tre monitor CRT (Cathode-Ray Tube, ndr): tirando la leva, si generano immagini AI casuali. Se ne escono tre uguali, viene stampata una citazione di Godfrey. È un modo giocoso e analogico di riflettere sull’automazione e sulla casualità algoritmica. Un altro progetto è il “mist volume”, un flusso di microparticelle d’acqua che forma uno schermo di nebbia su cui proiettiamo immagini AI: una sorta di cinema etereo, dove la materia stessa è parte del messaggio.

Godfrey ha commentato l’uso dell’intelligenza artificiale?
Godfrey ha sempre avuto un approccio critico e filosofico alla tecnologia. Non lo cito direttamente, ma posso dire che è molto interessato al modo in cui abbiamo usato il linguaggio e i sistemi da lui sviluppati decenni fa per raccontare ciò che sta accadendo oggi. Non celebra l’IA, né la condanna. La osserva. E ci invita a fare lo stesso.

 

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