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Mazzolino, l’eclettico. Nuove letture per l’artista ferrarese

Ludovico Mazzolino, Trittico con Madonna con il Bambino tra sant’Antonio Abate e santa Maddalena, 1509, Gemäldegalerie, Berlino Ludovico Mazzolino, Trittico con Madonna con il Bambino tra sant’Antonio Abate e santa Maddalena, 1509, Gemäldegalerie, Berlino
Ludovico Mazzolino, Trittico con Madonna con il Bambino tra sant’Antonio Abate e santa Maddalena, 1509, Gemäldegalerie, Berlino
Ludovico Mazzolino, Trittico con Madonna con il Bambino tra sant’Antonio Abate e santa Maddalena, 1509, Gemäldegalerie, Berlino
Il vero scopritore dell’“irrealista” Mazzolino è Roberto Longhi che, in alcune pagine dell’Officina Ferrarese ne coglie la tempra eccezionale

Chi era Ludovico Mazzolino? Certamente uno dei più originali ed eccentrici pittori ferraresi tra ‘400 e ‘500. Amante del grottesco, come i nordici, erede della migliore tradizione ferrarese, autore di piccoli e raffinati quadri. Ma anche di grandi pale d’altare (poche però le superstiti), è rimasto nell’ombra sino a tempi recenti. Colpa della distruzione di cicli di affreschi come quelli realizzati, dal 1504 al 1508, nella chiesa ferrarese di Santa Maria degli Angeli e nel Castello estense per l’appartamento di Lucrezia Borgia. Colpa anche della dispersione dei suoi dipinti in seguito alla devoluzione di Ferrara alla Chiesa nel 1598. O ad eventi naturali come incendi e terremoti, o ancora alla vendita di opere e di intere collezioni all’estero. Dipinti che ora sono nei grandi musei romani ed europei o sul mercato antiquario. Una sorte in parte condivisa da altri artisti ferraresi.

Nato a Ferrara nel 1480 e morto dopo il 27 settembre 1528 ed entro il 1530, Mazzolino non era stato ignorato dalla letteratura del passato. Ricordato da Giorgio Vasari nella vita di Lorenzo Costa e da eruditi cinquecenteschi come Pietro Lamo, trova il suo primo laconico e non sempre corretto biografo in Gerolamo Baruffaldi tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700. A rettificare errori e a cogliere l’estrosa personalità del pittore, la sua maniera “di una finitezza incredibile”, la tendenza miniaturistica e caricaturale è a fine ‘700 Luigi Lanzi, che anticipa quella fisionomia stilistica cara ad Adolfo Venturi.

Il Venturi infatti, nei suoi numerosi studi di fine ‘800-primi ‘900, definisce meglio la posizione storico-artistica del pittore. Ipotizza la formazione nell’ambiente ferrarese tra ‘400 e ‘500 e redige una prima biografia raccogliendo notizie e documenti. Ma il vero scopritore dell’“irrealista” Mazzolino è Roberto Longhi che, in alcune pagine dell’Officina Ferrarese (1934, 1940, 1956), ne coglie la tempra eccezionale, la “nuova lucida follia, tutta stilistica, grafica, formale”, degna della migliore tradizione quattrocentesca. Nel 1968 la prima monografia sul pittore di Silla Zamboni.

 

Ludovico Mazzolino, L'Adorazione dei Magi, Musée du Petit Palais, Avignone
Ludovico Mazzolino, L’Adorazione dei Magi, Musée du Petit Palais, Avignone
“Aserato” in Castello

Mazzolino è un artista dalla vita breve, ma dalla cultura complessa. Dove si era formato e quali le prime opere? Non si sapeva bene, visto che il primo dipinto certo era ed è il Trittico di Berlino (Madonna con il Bambino tra sant’Antonio Abate e santa Maddalena, Berlino, Gemäldegalerie) del 1509, realizzata quando il pittore aveva quasi trent’anni, ma era attivo sin dalla fine del ‘400. Gli studi di fine secolo scorso hanno proposto una serie di opere (alcune Madonne col Bambino; Presentazione al Tempio, ubicazione sconosciuta; Adorazione dei Magi, Avignone, Petit Palais) che venivano a colmare il vuoto dei primi anni confermando l’ipotesi di una formazione ferrarese del pittore sulle orme di Ercole de’ Roberti, Lorenzo Costa e Boccaccino, che tra ‘400 e ‘500 aveva aperto una bottega di pittura a Ferrara. Non mancavano aggiornamenti a Bologna, altro importante polo artistico.

In contemporanea le ampie ricerche d’archivio di Alessandro Ballarin e dei suoi allievi restituivano il vivace mondo artistico attivo per i duchi estensi e per il resto della città. Tra i pittori, c’era Mazzolino, gran lavoratore, impegnato poco più che ventenne come frescante e pittore di tavole per gli estensi e il loro entourage. Sempre al lavoro, anche in tempi di peste, quando rimaneva chiuso (“aserato”) in Castello. A finire le decorazioni per l’appartamento di Lucrezia Borgia, moglie del nuovo duca Alfonso I. La presenza costante a Ferrara del pittore confermava ciò che già diceva il suo linguaggio. Una formazione in patria, accanto ad altri pittori ferraresi come Garofalo, Panetti, Niccolò Pisano.

 

Ludovico Mazzolino, La Natività e i santi Alberico e Bernardo, ca 1508, Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Ludovico Mazzolino, La Natività e i santi Alberico e Bernardo, ca 1508, Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Clima eclettico

Prima del Trittico di Berlino del 1509 è possibile collocare anche la bella e grande tavola della Pinacoteca di Ferrara con La Natività e i santi Alberico e Bernardo, firmata con una data solo in parte leggibile, che gli studiosi sono concordi a collocare intorno al 1508. Destinato alla chiesa cistercense di san Bartolomeo fuori le mura di Ferrara, il dipinto appare come una miscela di motivi classicheggianti, nordici e ferraresi, come il Trittico di Berlino, in cui Roberto Longhi notava le prime avvisaglie di Giorgione. L’interesse per il pittore veneto, morto nel 1510, è visibile anche in una serie di piccole Natività, molto poetiche, databili dal 1507 al 1512 circa.

Poi, il pittore si evolve seguendo un suo percorso che, accanto ad un forte interesse per le stampe di Dürer, con punte dal 1509 al 1514, sfiora e interpreta secondo una sua visione gli spunti da Dosso Dossi, presente a Ferrara dal 1513, e da Raffaello, con cui il duca avrà una lunga querelle per l’acquisto-mancato-di un’opera. Senza contare i contatti con gli scultori che lavoravano in Castello come Antonio Lombardo, da cui Mazzolino è certamente influenzato.

 

Ludovico Mazzolino, Ritrovamento di Gesù al Tempio, 1524, Gemäldegalerie, Berlino
Ludovico Mazzolino, Ritrovamento di Gesù al Tempio, 1524, Gemäldegalerie, Berlino

Ferrara e la corte estense erano molto stimolanti per la presenza di artisti italiani e forestieri, di intellettuali, letterati, poeti, eruditi. Mazzolino respira questo clima eclettico, attraverso scambi con numerosi maestri di stanza in città o di passaggio, cremonesi, veneti, bolognesi e soprattutto nordici. Rielabora i diversi motivi in una grafia personalissima, ed inimitabile. Basata su colori rivoluzionari, forme smaltate (“tragedie in onice e pietra dura”, diceva Longhi), atmosfere surreali. Nelle sue tavole, accanto a paesaggi nordici, trasparenti e azzurrini, spuntano scritte ebraiche, riflesso della cultura “esoterica” del duca.

Insieme all’evoluzione del linguaggio, che rielabora vecchie e nuovi motivi, riprendendo Ercole de’ Roberti anche a distanza di anni o guardando a Lorenzo Lotto e ai pittori “ponentini” di memoria longhiana, vengono trattati nuovi temi biblici. Ci chiediamo come sarebbe stato il suo cammino, se la peste non l’avesse ucciso a quarantanove anni. In compenso sappiamo adesso in che modo e dove siano finite le sue originali tavole, seguendo il loro percorso e la storia della dispersione del patrimonio ferrarese.

Per saperne di più: Maurizia Tazartes, Ludovico Mazzolino. Pittore eccentrico nella Ferrara estense (1480-1528 circa), Mauro Pagliai Editore, Firenze, aprile 2025.

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