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Gli ismi nell’arte. Lissitzky e Arp a Locarno

Hans Jean Arp, Le Magicien [Il mago], 1926, Gouache e matita su carta, 27.8 x 21 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno Hans Jean Arp, Le Magicien [Il mago], 1926, Gouache e matita su carta, 27.8 x 21 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno
Hans Jean Arp, Le Magicien [Il mago], 1926, Gouache e matita su carta, 27.8 x 21 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno
Hans Jean Arp, Le Magicien [Il mago], 1926, Gouache e matita su carta, 27.8 x 21 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno
In occasione del noto Locarno Film Festival la mostra nella Casa-atelier e nel Museo dedicato a Arp

Locarno, incastonata ai piedi delle Alpi sulla costa settentrionale del lago Maggiore, oltre al clima mite e alla vegetazione mediterranea offre uno sfaccettato ventaglio di stimoli che si esplicano con maggiore incisività durante il noto e frequentatissimo Locarno Film Festival (quest’anno dal 6 al 16 agosto). Ogni anno, agli appassionati cinefili è offerta tra l’altro la possibilità di approfondire la conoscenza di uno dei più intriganti, vivaci ed eclettici artisti del ‘900: lo scultore, pittore e poeta Jean Hans Arp (Strasburgo 1886-Basilea 1966) e del clima intellettuale della sua epoca. Durante l’importante manifestazione cinematografica, rimarranno aperti la Casa-atelier in cui Arp ha vissuto e il recente Museo con la stimolante mostra Lissitzky, Arp e gli ismi dell’arte, 1925, frutto di approfondite indagini della curatrice Simona Martinoli (anche direttrice della Fondazione Marguerite Arp) che annualmente gratifica gli appassionati di Arp e della cultura con una nuova ricerca,

 

Fondazione Marguerite Arp , Deposito e spazio espositivo, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Roberto Pellegrini, Bellinzona
Fondazione Marguerite Arp , Deposito e spazio espositivo, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Roberto Pellegrini, Bellinzona

Nel grazioso e tranquillo quartiere di Locarno-Solduno, infatti, tra le falde del monte Brè e il fiume Maggia (che divide Locarno dall’affascinante Ascona), in Via alle Vigne 44 si nasconde Ronco dei fiori – sede della Fondazione Marguerite Arp – antica casa ticinese con ampio giardino e vigneto acquistata nel 1959 da Arp e dalla collezionista Marguerite Arp-Hagenbach (Basilea 1902-Locarno 1994, seconda moglie di Arp sposata nel medesimo anno) e ristrutturata dall’architetto Fritz Bähler il quale la trasforma in Casa-Atelier abitata dalla coppia dal maggio 1960. Arp che già frequenta e ama il Ticino e soprattutto Ascona esaudisce così un antico desiderio e, scomparsa la depressione dovuta all’improvvisa perdita della prima moglie Sophie Taeuber-Arp (Davos 1889-Zurigo 1943), eclettica artista e pittrice (sposata nel 1922), vi lavora alacremente creando però le sue opere plastiche nell’atelier di Remo Rossi in Locarno. Vive così un periodo fecondo raggiungendo l’apice della notorietà sempre sostenuto da una donna straordinaria in uno scrigno affascinante esaltato da una distensiva vegetazione molto curata che nel tempo si arricchisce delle sue sculture.

La casa-atelier con intatti ambienti, arredi, gran parte della collezione di opere d’arte, biblioteca e archivio è oggi sede della Fondazione, definita “Centro studi sull’opera di Jean Arp e Sophie Taeuber-Arp”. Nel 2014, lo storico complesso è ampliato: gli architetti Annette Gigon e Mike Guyer progettano in Via alle Vigne 46 un nuovo edificio articolato in uno ‘spazio espositivo’ e in un ‘deposito d’arte’ dai moderni parametri conservativi. Si tratta di un magico luogo che negli anni rinnova il desiderio di ritornarvi allo scopo di godere ogni volta di profonde e serene emozioni per l’aura accogliente che vi spira quasi che siano i coniugi Arp a ospitare con calore i visitatori nella loro dimora rimasta come allora e per i nuovi e stimolanti input intellettuali che ogni anno si ricevono da una nuova e originale mostra.

 

Dal portfolio di El Lissitzky, Figurinen-Mappe [cartella di figurine], 1923, El Lissitzky, Globetrotter (in der Zeit) [Globetrotter nel tempo], 1923, litografia, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi
Dal portfolio di El Lissitzky, Figurinen-Mappe [cartella di figurine], 1923, El Lissitzky, Globetrotter (in der Zeit) [Globetrotter nel tempo], 1923, litografia, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi

Nella nuova sede espositiva, fino al 2 novembre 2025 è presentata con essenziale ed elegante semplicità la mostra Lissitzky, Arp e gli ismi dell’arte, 1925 per celebrare il centenario della pubblicazione da parte degli artisti Jean/Hans Arp (1886-1966) e di Eliezer Morduchovič Lissitzky (Počinok 1890-Tscherkisovo 1941) nel 1925 del libro Die Kunstismen, Les ismes de l’art, The Isms of Art (rassegna delle avanguardie artistiche dal 1914 al 1924). L’esposizione evidenzia tramite dipinti, rilievi, collage, disegni e fotografie di protagoniste e protagonisti tali avanguardie storiche. Singolari risultano sia il primo tentativo di storicizzare i grandi movimenti artistici. sia l’uso di una grafica moderna e ancora attuale dovuti all’incontro tra Arp e l’artista russo che nel 1924-1925 soggiorna in Svizzera (a Locarno e Ambrì) perché affetto dalla tisi. Le opere scelte, alcune mai esposte, riguardanti dadaismo, astrattismo e simultanismo provengono dalla collezione della Fondazione: sono lavori di Jean, Sophie e Marguerite Arp e dei loro amici.

 

El Lissitzky, Sportsmen, dal progetto tridimensionale dello spettacolo elettromeccanico Victory over the Sun, 1923
El Lissitzky, Sportsmen, dal progetto tridimensionale dello spettacolo elettromeccanico Victory over the Sun, 1923

Arp, artista dadaista e surrealista nasce nel 1886 a Strasburgo in Alsazia, terra difficile sottoposta alternativamente alla dominazione francese e tedesca, da padre tedesco e madre francese ed è quindi bilingue anche nel nome: Jean quello francese e Hans il tedesco da lui usati a seconda delle circostanze. Jean frequenta la scuola d’arti e mestieri a Strasburgo, la Scuola Granducale d’arte a Weimar e l’Académie Julian a Parigi. A Weggis (Canton Lucerna) partecipa alla fondazione del gruppo d’avanguardia Der Moderne Bund. Allo scoppio della guerra va a Parigi e poi in Svizzera ad Ascona e a Zurigo dove incontra l’artista Sophie Taeuber (che sposerà nel 1922) ed è tra i fondatori del movimento Dada. Anche poeta, pubblica poesie come Der Pyramidenrock mentre espone i suoi objet-relief. Diviene cittadino francese tanto che si trasferisce con la moglie a Clamart (vicino a Parigi) dove partecipano alle avanguardie come Abstraction-Création; più tardi conosceranno la collezionista Marguerite Hagenbach mentre Jean comincia a praticare la scultura. Con la scomparsa di Sophie ritroviamo il nostro artista nel momento in cui Marguerite da amica che lo sostiene diverrà sua sposa.

Lissitzky di origine ebraica nasce nel 1890 in una cittadina dell’òblast (regione) di Smolensk e trascorre infanzia e giovinezza in un ambiente instabile anche per repentini pogrom antiebraici: tutto ciò determina in lui “un’elasticità topografica” tipica anche di molti personaggi del XX secolo. Pur se dotato, è respinto dall’Accademia russa di belle arti di San Pietroburgo e studia architettura ai Politecnici di Darmstadt e Riga. Parla russo, jiddisch, tedesco e italiano. Nel 1919 inizia a insegnare presso la Scuola d’arte di Vitebsk, dove dirige le sezioni di architettura e di grafica. Si sposta nella “Berlino Russa” e segue l’avanguardia dell’Europa occidentale a Düsseldorf, Weimar, Rotterdam, L’Aia e Hannover dove nel 1922 conosce la storica dell’arte e collezionista Sophie Küppers (1891-1978) che diviene sua sposa.

 

Dal portfolio di Wassily Kandinsky, Kleine Welten [Piccoli mondi], 1922, Kandinsky, Wassily, Kleine Welten I, 1922, Litografia, 24.8 × 21.8 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi
Dal portfolio di Wassily Kandinsky, Kleine Welten [Piccoli mondi], 1922, Kandinsky, Wassily, Kleine Welten I, 1922, Litografia, 24.8 × 21.8 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi

Comincia a realizzare i proun (pro+UNOVIS, progetto per l’affermazione del nuovo) che definisce “stazione di transito dalla pittura all’architettura”. Nel 1922 a Berlino collabora con Il’ja Erenburg alla rivista trilingue Vešč. Objet. Gegenstand. Disegna le copertine per riviste d’avanguardia come Broom e suoi contributi appaiono sui periodici G di Hans Richter, e De Stijl. Pubblica il libro per l’infanzia Pro dva kvadrata (I due quadrati, una fiaba suprematista in sei costruzioni). Nel 1923, si ammala di tubercolosi e per curare la malattia in Ticino riceve alcuni aiuti finanziari, tra cui quello del titolare dell’azienda Pelikan che gli promette un contributo mensile in cambio di progetti grafici per gli articoli di cancelleria. Nel 1924-1925, realizza insieme ad Arp il progetto su illustrato, disegna il progetto grafico per la rivista ABC-Beiträge zum Bauen e crea gran parte delle sue opere divenute iconiche come L’Autoritratto come costruttore e la Tribuna Lenin, tutte opere che hanno lasciato un segno nella cultura europea.

Tornato a Mosca, insegna all’Istituto superiore d’arte Vchutemas e fino al 1941 disegna gli allestimenti per la presenza sovietica a diverse esposizioni internazionali: instancabile, manifesta una vitalità e una produttività straordinarie malgrado la malattia che tenta ancora di curare in Crimea e in Georgia. El Lissitzky è ritenuto uno dei principali protagonisti dell’avanguardia artistica russo-sovietica. Attivo in diverse discipline: grafica, pittura, tipografia, allestimento di mostre, architettura e teoria dell’arte, è stato il più importante mediatore del costruttivismo russo-sovietico in Europa.

Lissitzky e Arp si sono conosciuti a Weimar nel 1922 a un congresso sui Dadaisti e Costruttivisti e si rincontrano a Zurigo nel febbraio del 1924 quando El torna in Svizzera per curarsi e per realizzare il progetto ambizioso e reso possibile grazie ai contatti che ciascuno dei due vanta: El conosce l’ambiente artistico di Varsavia, Rotterdam e Berlino mentre Arp conosce Kandinsky e Eugen Rentsch da lui definito “editore solvente”. Non tutto ciò che luccica è oro e questo manifesto epocale delle avanguardie mette in luce tra i due diversità formative e caratteriali che ne rendono più lunga la gestazione e lasciano amaro in bocca a entrambi anche perché è Lissitzky che riesce a ottenere l’incarico per la pubblicazione. Il testo subito non ha molta fortuna soprattutto in Europa. Viene citato nel 1962 in una retrospettiva della casa editrice che lo reinserisce nel 1981, mentre al di là dell’Atlantico è richiesto fin dall’inizio degli anni ’40.

Entriamo nella mostra e apprestiamoci a guardare con attenzione – sedendoci ogni tanto su poltroncine che paiono disegnate da Arp e invece sono create da un bravo artigiano locale – ciascuna opera che rivela qualcosa di sé ed emozioni irripetibili a cominciare dalla “Copertina del volume Die Kunstismen, Les Ismes de l’art, The isms of art, a cura di El Lissitzky e Hans Arp, Erlenbach-Zürich, München, Leipzig: Eugen Rentsch Verlag, 1925” esaminando il quale Simona Martinoli e Mario Lüscher hanno, novelli maghi della cultura, fatto rivivere un’epoca di entusiastica ricerca artistico culturale rendendo vibranti gioie e delusioni nel volume “El Lissitzky in Svizzera 1924-25/Jean Arp/Gli ismi dell’arte”, a cura di Mario Lüscher e Simona Martinoli, Locarno/Winterthur: Fondazione Marguerite Arp, Edition Tincatinca, 2025 (anche in tedesco).

 

Robert Delaunay, Hélice [Elica], 1923, Olio su tela, 55 × 46.5 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi
Robert Delaunay, Hélice [Elica], 1923, Olio su tela, 55 × 46.5 cm, Fondazione Marguerite Arp, Locarno, Foto Carlo Reguzzi

Si ammirano opere di Jean Arp, El Lissitzky, Robert Delaunay, Theo van Doesburg, Viking Eggeling, Max Ernst, Hannah Höch, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Man Ray, Kurt Schwitters, Arthur Segal, Sophie Taeuber-Arp e Georges Vantongerloo. Completano il quadro dell’epoca riviste d’avanguardia, fotografie e documenti in parte inediti.

È Jean Arp che con Le magicien (1926) utilizza un mago semplice nei tratti, ma mirabolante nei risultati come metafora della cultura e della sua diffusione, Robert Delaunay con un caleidoscopio di colori e luci indica l’Hélice (Elica) (1923) quale emblema della modernità del movimento e con la lettera T rende onore all’amico Tristan Tzara, uno dei fondatori del Dadaismo.

Interessante la figura di Viking Eggeling, pittore e regista svedese, che in Diagonalrhythmus (ritmo diagonale) (1919) disegna forme legate alla musica e a oggetti quotidiani che trasporterà in un film d’animazione astratto. Ne è da meno dal portfolio Figurinen-Mappe (cartella di figurine) (1923) di El Lissitzky Globetrotter (in der Zeit) (1923) (Globetrotter nel tempo): l’artista assiste nel 1920 alla Vittoria sul Sole, lavoro futurista di Aleksej Kručeňych e Michail Matjušin con costumi e scenografie di Kazimir Malevich, e pensa di metterla in scena con automi. Lo spettacolo non sarà allestito, ma restano dieci grandi litografie: tra queste Sportsmen che, pur se costruita come un automa, nasconde una sottile ironia particolarmente adatta a rappresentare le stagioni balneari di inizio ‘900. Di grande fascino – dal portfolio di Wassily Kandinsky, Kleine Welten (Piccoli mondi) – Kleine Welten I (1922) connotata da notevole precisione. Una mostra affascinante e godibile anche dai non esperti che riescono a cogliere i sentimenti contrastanti di un decennio tormentato, ma proprio per questo ricco di nuovi fermenti.

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