
Il poeta Davide Rondoni torna con la sua rubrica per ArtsLife con un testo dedicato a due artisti e alla Sibilla
Il contesto è quello di ControVento – Festival dell’Aria, una manifestazione che fonde arte, cultura, natura e spettacolo. Animando i luoghi più suggestivi del territorio ascolano, da Colle San Marco a Colle San Giacomo, all’incantevole Cava Giuliani. Con momenti di grande intensità, come il 27 agosto, quando Morgan, insieme al direttore artistico del festival Davide Rondoni, darà vita al concerto-spettacolo “Musica e Parole”.
Ma sarà lo stesso Rondoni a presidiare l’inaugurazione, che avverrà sabato 23 agosto alle 18 nella Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno. In programma la mostra “LEI È – Sibilla Sibille”, con l’artista Simona Bramati che espone la sua Sibilla in dialogo con le foto di Riccardo Aichner. Affiancati dalla performer Eloise Von, con la partecipazione della poetessa Beatrice Zerbini. ArtsLife anticipa il testo scritto dal poeta per il catalogo…
Artisti sulla tua soglia
Senza la Sibilla, donna del sacro, donna della soglia, della poesia, senza questa figura che trascorre dal paganesimo alla fede cristiana, e che la preziosa Pinacoteca in Ascoli ospita in opere magnifiche, la terra, la nostra terra diventa desolata.
La desolazione della terra spesso sembra circondarci. Si documenta in una vita che pare esser preda solo del numero e del consumo. Lo previde T.S. Eliot, negli anni ’20 del Novecento, lo rivide Pasolini negli anni ’70, lo vediamo noi. Alla riduzione della vita a numero e consumo si può opporre solo la presenza del sacro. Sacro è nella vita il misterioso valore che misura non ha e che abita persone, figure, segni, luoghi. Sacri sono gli esseri umani, sacri i figli, i riti, sacre certe usanze. Sacro è il valore che non si consuma.
La nostra cultura non è secolarizzata, ma cerca di emarginare la fame di sacro che continua ad abitare le vite di tutti. Lo gridiamo con il muto grido dell’arte che se non frequenta i territori del sacro diviene essa stessa vanità e piccolo triste suk dell’intrattenimento o sociologia d’accatto. O peggio, luccicoso business. Arrivano Sibille e figure d’artisti sibillini, nuovi e al tempo stesso arcaici a darci segno che non siamo circondati solo da tere desolate, ci sono rotture dell’accerchiamento. Ci sono visioni, punti di fuga che sanno vedere l’infinito, e lo sanno mostrare.
Bramati e Aichner sono due artisti forti, motivati da movimenti profondi, e debitori di tradizioni assunte e rivissute, dall’espressionismo indomito al fotoreportage e alla scuola del ritratto. La loro opera qui si da in un esempio potente, nel caso di Bramati, e in un percorso esemplare, nel caso di Aichner. Al visitatore si offre una contemplazione inquieta, una visione che accompagna per le strade dell’arte e del mondo. Perchè Lei è, gli artisti lo sanno.
Che siano le opere a lei dedicate da Kiki Smith o da Omar Galliani, le evocazioni nel dialogo con Guercino di Wainer Vaccari, o altri echi in artisti da Kiefer a Arrivabene, attenti al lavoro sul sacro e sul mito, ricollegandosi alla grande tradizione, la Sibilla passa negli occhi degli artisti e corre e ricorre, libera di passare dal mondo da un mondo all’altro, da leggende popolari a pagine di grande letteratura classiche e moderne e contemporanee.
In questa mostra-evento, Simona Bramati con la sua Sibilla porta a essenzialità e potenza di effige la sua sapiente educazione pittorica e grafica, messa alla prova su espressionisti e visionari. Sfrontata ed elegante, la sua opera si impone con la forza di un ritratto emblematico, dove a una selvaggia regalità si unisce la essenzialità preziosa dei simboli e dei richiami. Un’opera ricca, spettacolare e culturale al tempo stesso. Qualcuno, tra i tanti critici autorevoli che si sono occupati della sua opera, ha scritto di presenze rivisitate della violenza in talune opere della Bramati. Altri della presenza dell’incubo caro agli espressionisti tedeschi.
Ma qui la prua del viaggio pittorico della Bramati mi pare stia virando, senza naturalmente dimenticare nulla del viaggio fin qui. Si vede che il soggetto ha lavorato nella fantasia dell’autrice facendo detonare visioni o anche solo sospetti di visione, coronando con evidenza indiscutibile, direi quasi con una specie di gioia, qualcosa che era ancora inespresso e pur presente nella sua ormai lunga, solitaria e stimatissima opera.
Le Sibille di Aichner, fotografo innamorato del mondo, sono diverse tra loro – come diverse sono le tecniche in bianco e nero o colori, o del ritratto o della cattura istantanea- eppure accomunate da un tempo per così dire “concentrato e sorpreso”. Intendo che il soggetto femminile che Aichenr insegue viene colto non solo in quell’attimo rapito al fluire che diviene il momento impresso nella foto, ma quei soggetti si portano addosso un tempo profondo, vivo a più livelli. Sono onde di un mare che le precede e supera. Come Sibille che appunto appaiono ma sulla soglia di una grotta che introduce a dimensioni temporali altre.
Può avvenire nello shock di un ritratto tra luci e fosforescenze o nella elementarietà di un volto infante e nudo, ma la Sibille di Aichner non offrono solo la pregevole fattura della foto ma anche la soglia di un’inquietudine. Che probabilmente è la stessa che forza che lo ha spinto a percorrere vie inconsuete, con un cuore agostinianamente affamato.
La esposizione evento dei due artisti non è solo un omaggio alla figura che in questa città quasi come regina abita nel palazzo del Governo, la Sibilla di Adolfo De Carolis. Si tratta, con l’azzardo dei sue artisti, di riconfermare Ascoli a essere una vera capitale, in quanto il luogo per eccellenza della riscoperta della Sibilla come figura del sacro e del senso religioso dell’essere umano. Cioè della nostra essenza più misteriosa, radicale, sorgiva. Opposta a qualsiasi omologazione o formalismo, tecnologico o sociale.














