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Il valore dell’archivio. Una Bibliografia ragionata per Enrico Crispolti

Enrico Crispolti Enrico Crispolti
Enrico Crispolti
Enrico Crispolti
Luca Pietro Nicoletti cura per Silvana Editoriale il prezioso volume Enrico Crispolti, Bibliografia ragionata

Alla scuola di specializzazione in archeologia e storia dell’arte dell’Università di Siena si sono formati i più noti storici e critici d’arte dell’ultima generazione. Nell’atmosfera della Certosa di Pontignano alleggiava soprattutto l’energia che Enrico Crispolti metteva per sollecitare, anzi direi, provocare gli studenti per indirizzarli verso un metodo di studio rigoroso. Questo “metodo crispoltiano” venne illustrato in un volume edito da Donzelli nel 1997 dal titolo esplicito: Come studiare l’arte contemporanea.

Nel libro si legge: “Nell’analogo fondamentale riferimento per il passato come per il presente, e ai documenti indiretti, vale a dire i documenti tout – court, d’archivio, anzitutto degli uni e degli altri suggerendo le particolarità fenomenologiche nell’ambito contemporaneo”, come dire che esiste un metodo per mettere in chiaro lo stretto legame tra storia e critica d’arte, cioè tra documento e interpretazione.

Sviando da quella presunzione che lui definiva “manageriale”, ossia da un atteggiamento che spinge la critica ad operare, per usare un termine mutuato da John Langshaw Austin, per via “performativa”, Enrico Crispolti ci ha insegnato il valore dell’archivio. Proprio dell’archivio Crispolti, oggi abilmente diretto da Manuela Crescentini, è questa Bibliografia Ragionata che parte dal 1951 per concludersi nell’anno della morte, il 2018. L’archivio di Enrico Crispolti è una monumentale sfida alla dispersione babelica e illusoria che la pulsazione tendenziale imprime ai fenomeni contemporanei. Questo volume, perciò, è l’esempio tangibile di come la tenuta storica possa contrastare quella la gassosa dissolvenza dell’arte contemporanea denunciata da Yves Michaud in un notissimo saggio del 2003.

La centralità del documento

La storia dell’arte, basata sulla centralità del documento, dipende dall’archiviazione che, per Enrico Crispolti, non è stata mai un semplice stoccaggio e un catalogo di tracce materiali, quanto, invero, una strumentazione necessaria ad attivare quel rapporto di interdipendenza tra viva voce delle fonti e atto “maieutico” della critica. Dopotutto, da Lionello Venturi Crispolti già aveva maturato una certa diffidenza verso l’ortodossia idealistico – crociana in favore di un approccio fenomenologico che lo avrebbe avvicinato ad Argan e al primo Brandi. La questione dell’arte per Enrico Crispolti fu, fin dall’inizio, una esperienza diretta sul campo. Lo dimostravano gli incontri con gli artisti che ancora regolarmente punteggiavano le lezioni alla Certosa di Pontignano, rinnovando una prassi per Crispolti inscindibile dall’esercizio critico.

Poi c’era la parte operativa, l’officina come dice Nicoletti, quando la scuola di specializzazione diventava lo spazio espositivo in cui gli studenti curavano mostre sotto il coordinamento di Crispolti. Tale lato operativo non era, però, un momento di sfoggio di astruse regìe, di narcisistiche esibizioni di tesi para logiche o, nel peggiore dei casi, callidi corteggiamenti al mainstream. Questo momento operativo congiungeva la documentazione alla pubblicazione, sicché gli incontri con gli artisti rivelavano i prodromi di una verifica visiva. L’insegnamento di Enrico Crispolti all’Università di Siena, concretizzato nell’officina della Certosa di Pontignano fu uno degli ultimi, importanti, momenti della vicenda intellettuale del critico romano.

Arte nello spazio pubblico

Una vicenda ben illustrata e riassunta dal curatore di questa minuziosa bibliografia, Luca Pietro Nicoletti, una ponderosa ed esaustiva pubblicazione fortemente voluta dalla figlia di Crispolti, Livia ed edita da Silvana Editoriale. Nicoletti ha il merito di aver scovato il precoce approccio alla problematica dell’arte nello spazio pubblico, così come le peculiarità di un’indagine che nei tempi si rinnovava con forme e obiettivi diversi. La lettura filologica, affiancata dalla testimonianza diretta degli autori, ha caratterizzato il lavoro dello studioso sia nella cronologia dei documenti materiali, sia, e ciò è assai importante, nella definizione del senso delle opere, per cominciare, togliendole da qualsivoglia aura di intangibilità creativa. Dall’indagine sull’Informale, già si comprende l’intento di redigere uno studio esaustivo, un progetto, che venne pubblicato solo nel 1971 che non è eccessivo definire monumentale.

 

Luca Pietro Nicoletti, Enrico Crispolti, Bibliografia ragionata, Silvana Editoriale
Luca Pietro Nicoletti, Enrico Crispolti, Bibliografia ragionata, Silvana Editoriale

Così è stato per Alberto Burri come per Lucio Fontana, ma soprattutto è con l’opera di Renato Guttuso che Crispolti espone tutta la sua caparbietà di compilatore di cataloghi ragionati. Questa pratica si può a ragione porre alla base della metodologia Crispoltiana, insieme a quella del dialogo con gli artisti. La formazione del critico, come Crispolti amava dire, si divide fifty-fifty tra viva voce degli artisti e studio dei testi. La curiosità del critico è, dunque, sempre accesa e si rinviene nella rivalutazione delle realtà periferiche quale teatro d’azione, ossia officina, per dirla ancora con Nicoletti, in cui l’operatore visivo sostituisce la figura demiurgica dell’artista isolato per calarsi nel contesto sociale. Un contesto che diventa terreno di ricerca in cui la sperimentazione della relazione con il pubblico è materia di studio per una possibile arte partecipata.

L’operare artistico nel sociale

Questo momento di critica militante, a metà degli anni Settanta, fu importante per l’elaborazione del concetto di arte ambientale. Unitamente all’idea di coinvolgimento dell’operare artistico nel sociale, c’è anche, in questi anni, l’interesse per la produzione periferica a partire dall’analisi dei contesti in cui gli artisti sono protagonisti e primi testimoni di luoghi ritenuti estranei ai circuiti dall’arte contemporanea. Si configura, in tal modo, il completamento di quell’approccio orizzontale all’arte che elude l’orientamento per gradienti assiologici e afferma l’importanza di una documentazione capillare e articolata, senza preclusioni pregiudiziali e condotta secondo il solito, irrinunciabile principio di curiosità intellettuale.

Questa ricerca servì a definire gli ambiti che aprirono una visuale sull’arte italiana, un tema talmente attuale da riportarci ai più recenti dibattiti sulla “italianità”: dall’identità subordinata descritta da Michele Dantini, alla problematica del Genius Loci elegantemente trattata da Stefano Chiodi. L’arte italiana, secondo Enrico Crispolti, non si basava sul ricorso puntuale all’eccezionalità del successo mercantile, quanto piuttosto sull’ interrogazione continua di una complessità culturale a partire dalle emergenze di essa nel territorio. Più che scovare formule predittive che annunciavano l’avvento di movimenti e prorompenti individualità, Crispolti ha indicato la continuità del lavoro critico, fatta di approfondimenti e comparazioni.

Coerenza critica

È il metodo che ha portato alla definizione del secondo futurismo, centrato sulla figura di Giacomo Balla di cui non solo Crispolti ha studiato l’Opera, ma ne ha, soprattutto, ridefinito l’importanza all’interno di un movimento che grazie a ciò s’è rivelato sfaccettato ed eccentrico. Nel far questo Crispolti ha ridimensionato il mito dell’avanguardia sottraendola alle strumentalizzazioni ideologiche e agli eroici primati. Questa bibliografia ragionata è, perciò, qualcosa di più di un elenco di orientamento nell’immenso archivio romano di via Livenza, è, innanzi tutto, una attrezzatura efficiente ed originale per una coerenza critica e ricchezza.

Una coerenza che Crispolti ha trasferito ai suoi allievi e riconoscibile in una prosa unica per densità e toni non certo ammiccanti, dove la parola non punta a una esemplificazione riduttiva né si culla sul compiacimento, ma cerca di risarcire con impegno intellettuale la memoria storica delle opere d’arte. L’archivio, infatti, anche nella sua articolazione più fitta, può diventare uno strumento efficace per contrastare la cancellazione e la manipolazione dei fatti per abuso di interpretazione soggettiva, quando, cioè, queste pratiche divorano i dati oggettivi, disperdendoli in rivoli di ondivaghe narrazioni.

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