
Un nuovo e importante traguardo segna la carriera di una delle fotografe più influenti della scena contemporanea, Julia Fullerton-Batten
Julia Fullerton-Batten è stata insignita del titolo di Fine Art Photographer of the Year 2025 agli International Photography Awards. Un riconoscimento assegnato dalla giuria della Lucie Foundation, punto di riferimento globale per la fotografia d’autore. La fotografa tedesca, nata nel 1970 e residente a Londra, ha vinto il premio per il progetto A Singular Vision of Beauty & Pain, un ciclo di lavori dedicato alla figura di Frida Kahlo, realizzato interamente in Messico come omaggio alla vita e all’opera della pittrice.
La serie affronta uno dei miti più potenti dell’arte del XX secolo con una prospettiva nuova: non tanto la celebrazione dell’icona cristallizzata, ma la restituzione della sua complessità umana, della sua fragilità e insieme della sua inesausta vitalità creativa. Artslife ha intervistato con l’occasione la fotografa, rappresentata e presentata in Italia dalla mc2gallery e da Marcorossi artecontemporanea, percorrendo la sua storia che da oltre due decenni conquista il collezionismo con le sue opere che esprimono un suo particolare linguaggio narrativo e artistico.

I suoi progetti artistici si basano su temi specifici, in cui ogni immagine è arricchita da una narrazione, attraverso l’utilizzo di veri e propri tableaux-vivant, messi in scena con tecniche di illuminazione cinematografica. Come è nata questa ricerca?
I miei progetti comprendono una molteplicità di immagini incentrate su un tema principale, proprio come brevi scene di un film. Ogni fotografia è una storia a sé stante, che invita lo spettatore a osservare, interrogarsi e, soprattutto, a sentire. Il mio progetto nasce da un’idea, tra le tante che mi vengono: dalla vita quotidiana a eventi storici, libri o altre opere d’arte, ecc. Ci gioco mentalmente prima di sceglierne una da analizzare più attentamente. Ricerco il contesto di ogni scena in modo molto dettagliato, a volte impiegando mesi prima di essere soddisfatta del soggetto che voglio fotografare. L’autenticità del contenuto è di particolare importanza per me. Non di rado questa fase di produzione di un progetto o anche di una singola immagine può richiedere più di un anno prima che io possa impegnarmi ad avviare la fase di produzione. Ad esempio, il mio progetto Old Father Thames è ormai al suo settimo anno, contiene oltre trenta immagini e ne ho ancora innumerevoli altre in varie fasi di ricerca.
L’utilizzo di location insolite, ambientazioni altamente creative e modelli di strada sono i tratti distintivi del suo stile. E la sua carriera è segnata da serie iconiche che hanno ridefinito il linguaggio della fotografia in scena?
Nella pianificazione delle mie immagini, presto particolare attenzione al significato dell’evento, al suo momento storico, al luogo e alle persone coinvolte. Alcune idee mi toccano così profondamente che devo renderle reali. Quando ho queste creazioni in testa, inizia un lungo processo di indagine per assicurarmi di credere davvero nell’idea. Ho una mente molto attiva e una vivida fantasia, dove la storia scorre incessantemente.

La scelta stilistica non è meramente decorativa: utilizzo un linguaggio visivo pittorico per trascendere il realismo fotografico, amplificando la profondità narrativa/emotiva delle scene. Dopo aver completato la mia ricerca di base, inizio la fase successiva, prendendo in considerazione dettagli come la location, l’ambientazione, gli attori e le loro caratteristiche fisiche, i costumi e gli oggetti di scena. Il giorno dello shooting finisco sempre con tutto pianificato, incluso il mio team, l’attrezzatura per l’illuminazione, il layout, i piani di illuminazione e un programma. L’illuminazione delle mie immagini non è mai casuale: la uso per creare un’atmosfera carica di emozioni, scolpire ombre e luci come un maestro della pittura classica. Durante lo shooting, creo gradualmente dei tableaux, come un pittore che riempie lo spazio di una tela vuota.
Si percepisce nelle sue immagini una tensione visiva, avvolta da un alone mistico che spinge l’osservatore a riesaminarle continuamente; ogni volta emerge qualcosa di nuovo. Quali sono state le sue prime opere e da dove ha tratto ispirazione?
Cerco di collegare la fotografia con l’arte, la storia e la cultura in un modo ricco e mai didascalico. Le mie immagini affondano le radici in contesti reali, in eventi, simboli e archetipi che trascendono il tempo. I miei primi sette progetti, da Teenage Stories, 2005, a A Testament to Life, 2013, si basavano essenzialmente sulle mie esperienze personali, dagli anni dell’infanzia trascorsi negli Stati Uniti e in Germania fino all’età adulta.

Da allora ho affrontato molti altri temi diversi, che spaziano dalla storia alla critica sociale. Ciononostante, tutti contengono i tratti distintivi del mio stile, anche se questo può essere maturato nel corso degli anni e i contenuti sono diventati più complessi. Affinché la fotografia in scena sia attraente per gli spettatori, deve includere un’analisi del contenuto, delle immagini, della tensione, della sorpresa e sollevare domande su tutti questi aspetti, ma soprattutto “ho visto tutto?”, “ho capito tutto?”. Preferisco che uno spettatore dica “Non mi piace”, piuttosto che passare oltre senza fare alcun commento o senza provare alcuna emozione riguardo al suo significato.
Un elemento distintivo della sua pratica è la visione profondamente cinematografica: la fotografia diventa narrazione, una ricostruzione scenica dove realtà e immaginazione si intrecciano per generare nuove possibilità interpretative. Con questo approccio riesce a osservare e sviluppare temi universali – identità, genere, adolescenza, memoria storica, dinamiche sociali – con una forza visiva che trascende la mera documentazione?
In un mondo in cui la fotografia è troppo spesso ridotta a contenuti veloci creati per il consumo algoritmico, spero che la mia arte ci ricordi che le immagini possono e dovrebbero anche essere in grado di rallentare il tempo. Fermate sul nostro percorso, possono farci pensare e, soprattutto, farci provare emozioni. Come la maggior parte di coloro che hanno successo nella propria forma d’arte, il mio successo, così com’è, si basa su un’ispirazione interiore. Unita al duro lavoro e alla convinzione di poter raggiungere la perfezione. Credo anche che la diversità delle esperienze nella mia vita abbia dato un contributo positivo.

Ha vinto numerosi premi durante la sua strada artistica. I suoi lavori spesso si possono vedere su riviste di fotografia, nel suo cv si cita il suo incarico di ambasciatrice Hasselblad, relatrice a workshop internazionali e membro di giuria per concorsi internazionali. E ora, una nuova e importante tappa: Julia Fullerton-Batten ha ricevuto il titolo di Fotografa Fine Art dell’Anno 2025 agli International Photography Awards. Un riconoscimento assegnato dalla giuria della Lucie Foundation, punto di riferimento mondiale per la fotografia d’arte.
È stata una grande sorpresa e un piacere vincere il premio Fine Art Photographer of the Year, uno dei concorsi più promettenti nel mondo della fotografia odierno. Ho trovato il riconoscimento molto gratificante e toccante.
Ha ricevuto il premio per il progetto A Singular Vision of Beauty & Pain. Una serie di opere dedicate a Frida Kahlo, interamente scattate in Messico come omaggio alla vita e all’opera della pittrice. La serie affronta uno dei miti più noti dell’arte del XX secolo da una nuova prospettiva: non tanto una celebrazione dell’icona cristallizzata, quanto piuttosto una reinterpretazione della sua complessità umana, della sua fragilità e della sua inesauribile vitalità creativa. Pensa di dedicare nuovi e futuri progetti ad altre icone artistiche?
La storia di Frida Kahlo mi ha ispirato a lungo, non solo la sua arte, ma anche la sua forza d’animo nella vita. Per qualche ragione ha scatenato in me il desiderio di ritrarre lei e la sua vita visivamente. Per quanto riguarda la sua domanda, riflettendoci, trovo che la maggior parte delle mie immagini riveli forza d’animo in egual misura. Anche se in misura meno evidente. Sono certa che ci siano altre icone artistiche che meritano lo stesso riconoscimento. Ma nessuna mi viene in mente abbastanza da farmi considerare un progetto simile. Sia Frida che il Messico hanno risvegliato in me una passione, ma la mia intenzione non era quella di farla rivivere, ma di raccontare la sua storia drammatica e affascinante. Un esempio è stata la collaborazione con una costumista per reperire gli abiti tradizionali di Oaxaca che Frida indossava. Abiti che esibiva spesso nei suoi numerosi autoritratti. Volevo catturare il suo grande amore per la sua terra natale e quanto fortemente si identificasse con la sua cultura. Frida Kahlo è una figura iconica nel mondo dell’arte.

Le sue opere sono vivide e complesse, e fondono sofferenza personale, identità culturale e convinzione politica. Tuttavia, è il suo rapporto con il Messico ad affascinarmi di più. Ancora oggi, a 70 anni dalla sua morte, le sue opere sono attuali e moderne. Quando guardo i suoi dipinti, mi sento ispirata a essere coraggiosa. I suoi numerosi autoritratti suscitano anche ammirazione per la sua forza nell’affrontare gravi problemi di salute. Attraverso i suoi dipinti, offre una prospettiva unica sulla cultura, l’identità e la condizione umana messicane. Lasciando a sua volta un segno indelebile nella storia dell’arte. È stata ed è ancora fonte di ispirazione per moltissime persone, ma credo che le artiste abbiano un legame speciale con la sua forza e integrità, la sua capacità di riflettere apertamente sugli aspetti più vulnerabili della sua esistenza, pur mantenendo la sua forza interiore e la sua dignità.

Una carriera che da oltre due decenni ridefinisce la fotografia come linguaggio narrativo e artistico. Le tue opere sono più apprezzate dai collezionisti europei o d’oltreoceano?
Considerando che i collezionisti acquistano le mie immagini in edizioni limitate, sono invitati a tenere workshop, a essere relatori ospiti e a partecipare a mostre, la mia arte sembra essere apprezzata in egual misura in Europa e nel resto del mondo. Ho gallerie a Los Angeles, Città del Messico, Spagna e Italia, e ho esposto in tutto il mondo. Le mie collezioni permanenti si trovano alla National Portrait Gallery e al Parlamento di Londra, così come al Musee de l’Elysee di Losanna, in Svizzera. E al Lishui Photography Culture Center, in Cina. Sono stata anche invitata a parlare in tutto il mondo, tra cui a un seminario del National Geographic a Washington DC, al Gong Dang Photofestival in Corea. E anche diverse volte al Fotografiska di Stoccolma e al PhotoLondon.














