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Oltretutto. Intervista con Danilo Bucchi

Studio-archivi©bucchi Studio-archivi©bucchi
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Questa nuova puntata della rubrica Photofinish vede protagonista Bucchi, con un progetto che ridefinisce i confini del proprio linguaggio artistico

Con il progetto fotografico Oltretutto, Danilo Bucchi amplia e ridefinisce i confini del proprio linguaggio artistico, da sempre in equilibrio tra gesto pittorico e costruzione simbolica. La fotografia diventa per l’artista non solo mezzo di documentazione o supporto creativo, ma linguaggio autonomo e campo di esplorazione concettuale. Un progetto che ha impegnato l’artista per quasi 10 anni durante i quali ha scattato dei ritratti ad amici e conoscenti, tra i quali anche molti volti noti, chiedendo loro di lasciare un disegno come traccia autentica della propria interiorità. Si delinea così un piano che va oltre l’immagine, nell’intimo di ciascun protagonista. Oltretutto è un progetto che invita a riflettere sull’arte come dialogo, da un lato il fotografo coglie il soggetto nell’immagine e dall’altro il soggetto disegna creando una narrazione intima.

In Oltretutto, Bucchi si confronta con il medium fotografico portandovi la stessa tensione espressiva che caratterizza la sua pittura: il segno, la forma, il contrasto, la composizione. L’obiettivo non è quello di catturare il reale, ma di attraversarlo, scomporlo e restituirne un’immagine trasfigurata, dove convivono astrazione e materia, vuoto e presenza.

Le fotografie di Oltretutto si muovono in una dimensione sospesa, quasi onirica, dove ciò che è visibile all’occhio si carica di una forza evocativa ulteriore. Il titolo stesso suggerisce uno scarto, un “oltre” che si fa dichiarazione poetica: Oltretutto è uno sguardo che non si accontenta della superficie, ma cerca di penetrare nel senso profondo delle cose, andando oltre l’evidenza, oltre il già detto. È un invito a ripensare la fotografia non come strumento di riproduzione, ma come gesto creativo, capace di generare nuove realtà. Ecco l’intervista in cui Danilo Bucchi ci parla del suo progetto, già presentato al Maxxi a Roma nel 2024, successivamente oggetto di un talk in Triennale a Milano e anche di una mostra presso la Galleria Gaburro a Milano nel 2025.

 

OLTRETUTTO-Mamma, Fine Art Ultra Crome K3 print on Hahnemühle Photo Rag® Bright White 100% cotton paper 310 gsm Mounted on D-bond
OLTRETUTTO-Mamma, Fine Art Ultra Crome K3 print on Hahnemühle Photo Rag® Bright White 100% cotton paper 310 gsm Mounted on D-bond

Come è nato il progetto Oltretutto?
Osservando il caso. Il progetto è nato nel 2015, la prima fotografia la scattai a mia madre, in un momento molto difficile della sua vita e di riflesso anche della mia. La invitai nel mio studio con l’intento di realizzare un ritratto e scelsi la fotografia proprio perché sentivo la necessità di fermare il tempo. La pittura lo interpreta, lo elabora e lo trasfigura, mentre la fotografia possiede il potere straordinario di trattenere per sempre un frammento irripetibile di realtà.
Di solito, prima di ritrarre qualcuno, è importante rompere il ghiaccio, creare un clima di fiducia. Conoscere meglio la persona che hai davanti aiuta. Nel mio caso, però, la modella era mia madre: non c’era bisogno di presentazioni, la conoscevo profondamente. Eppure mi accorsi di non sapere una cosa semplice e fondamentale: cosa disegnasse. Così liberai il tavolo da disegno e le chiesi di fare qualche scarabocchio mentre sistemavo le luci. Poi cominciammo a scattare.
Ho l’abitudine di non guardare subito le fotografie appena realizzate: preferisco lasciare che il tempo decanti lo sguardo. Il disegno di mia madre (che oggi custodisco come un oracolo) rimase sul tavolo per giorni. Quando infine sviluppai i rullini e scaricai le schede, iniziai a stampare alcune immagini che, quasi per caso, finirono proprio accanto a quel disegno sul tavolo.
Fu allora che compresi di aver oltrepassato il concetto di ritratto tradizionale. Accostando l’immagine fotografica a un gesto grafico inconscio e spontaneo, capii che il ritratto poteva spingersi oltre la rappresentazione visiva, fino a sfiorare le profondità più intime e nascoste dell’essere. Fu una vera e propria illuminazione.

 

Alessandro Michele nello studio di Danilo Bucchi Ph. Danilo Bucchi-archovi©bucchi
Alessandro Michele nello studio di Danilo Bucchi Ph. Danilo Bucchi-archivi©bucchi

Con Oltretutto ha scelto di affiancare alla pittura la fotografia: come è maturata questa svolta e cosa ha trovato in questo nuovo linguaggio?
Non parlerei di una vera e propria svolta, quanto piuttosto di un ritorno a un linguaggio che mi appartiene da sempre. Già nei primi anni Duemila avevo sperimentato l’incontro tra segno e fotografia nella serie “ALTER EGO” e in fondo il mio lavoro è sempre stato attraversato dall’esigenza di oltrepassare i confini tra le discipline e senza gerarchie. Con Oltretutto la fotografia non sostituisce il disegno, peraltro neanche realizzato da me, ma lo accompagna, lo spinge altrove: è un modo per indagare “oltre il volto”, ma anche per misurare il tempo, la distanza, la fragilità dell’essere. In questa dimensione ho trovato una nuova possibilità di racconto, forse più silenziosa ma anche più profonda.

 

Elio Germano nello studio di Danilo Bucchi PH. Danilo Bucchi archivi©bucchi
Elio Germano nello studio di Danilo Bucchi PH. Danilo Bucchi archivi©bucchi

Il titolo del progetto parla di un “oltre”: ci spiega in che senso le sue immagini vogliono andare al di là della superficie visibile?
Il titolo è merito di ABO (Achille Bonito Oliva) e ritengo che il binomio titolo/opera sia meraviglioso: in una sola parola riesce a raccontare tutto, a sintetizzare l’essenza stessa del progetto.
Ma per risponderti l’“oltre” di Oltretutto non è un luogo fisico, ma un territorio percettivo. È il tentativo di spostare lo sguardo al di là di ciò che appare, di attraversare la superficie per arrivare a una dimensione più profonda, intima, quasi invisibile. L’immagine, per me, non è mai una rappresentazione ma un varco: non racconta ciò che si vede, ma ciò che resta nascosto, ciò che vibra sotto pelle. È in quella zona di incertezza, tra presenza e assenza, che questo progetto si colloca.

La sua fotografia sembra proseguire la ricerca sul segno che da sempre caratterizza la sua pittura: in che modo le due pratiche dialogano tra loro?
Per me non esiste una separazione netta tra le due pratiche: disegno e fotografia sono semplicemente due strumenti diversi per indagare la stessa ossessione. Il segno rimane il centro, il punto di partenza e di arrivo, anche quando non è tracciato con l’inchiostro ma costruito attraverso la luce, il tempo, la distanza o il suono. La fotografia, in questo senso, non interrompe il mio linguaggio, lo espande: mi permette di esplorare la grammatica del segno in un altro spazio, di farlo vibrare in modo diverso, di catturare quel frammento invisibile che precede o segue il gesto.

 

MAXXI Roma-OLTRETUTTO 2024-video installazione led wall-5x6 m
MAXXI Roma-OLTRETUTTO 2024-video installazione led wall-5×6 m

Le immagini appaiono sospese tra astrazione e materia: ci racconta quanto nasce da un gesto pianificato e quanto invece da un’improvvisazione istintiva?
Nel mio lavoro progetto e improvvisazione convivono continuamente: non sono due momenti separati ma due forze complementari che si alimentano a vicenda. C’è sempre un’idea di fondo, una struttura concettuale che orienta il gesto e ne definisce il perimetro. Ma nel momento in cui entro nello spazio dell’opera, quella struttura si fa permeabile e lascia spazio all’imprevisto, all’errore, alla deviazione.
Il segno, per sua natura, ha una componente istintiva e imprevedibile: non è mai del tutto controllabile, e proprio in questa perdita di controllo risiede, secondo me, la parte più autentica e viva del processo creativo. È lì che l’immagine smette di essere pura intenzione e diventa presenza, materia viva, territorio in cui astrazione e concretezza si incontrano.

 

MAXXI-OLTRETUTTO-edito da Darago Publuscher
MAXXI-OLTRETUTTO-edito da Darago Publuscher

Cosa accomuna le persone di questo progetto?
Oltre alla loro estraneità al mondo della pittura e del disegno, credo che ciò che accomuni tutte le persone coinvolte sia il desiderio, più o meno consapevole, di mettersi a nudo (e qualcuno lo ha letteralmente fatto). Al di là delle differenze di età, storie o caratteri, tutti hanno accettato di mostrarsi per quello che sono davvero, senza maschere. Hanno accolto l’idea di lasciare un segno — letteralmente e simbolicamente — che raccontasse qualcosa di sé.
In ognuno ho riconosciuto la stessa esigenza: quella di essere visti oltre l’apparenza, di trasformare un gesto semplice come un disegno in un atto di sincerità profonda. Ed è proprio questo filo invisibile, questa volontà di rivelarsi, che tiene insieme tutte le loro storie.

 

OLTRETUTTO Exhibition Milano 2025-Galleria Gaburro
OLTRETUTTO Exhibition Milano 2025-Galleria Gaburro

In un’epoca in cui siamo circondati da una quantità enorme di fotografie, lei sceglie invece silenzio visivo e rarefazione: si può leggere questa scelta anche come un atto critico verso il presente?
Non credo di agire per opposizione o per negazione del presente, né di voler formulare un giudizio morale sull’eccesso d’immagini che ci circonda. La mia scelta nasce piuttosto da un’esigenza di concentrazione e di profondità: in un tempo in cui tutto è sovraesposto e immediatamente consumabile, sento il bisogno di restituire all’immagine il suo peso, la sua densità, il suo silenzio.
La rarefazione, per me, non è assenza ma spazio di ascolto: un luogo in cui lo sguardo può sostare, rallentare, interrogarsi. È in quella sospensione che l’immagine riacquista potere evocativo e forza poetica, liberandosi dalla logica del flusso continuo e tornando a essere un’esperienza interiore prima ancora che visiva.

 

TRIENNALE Milano - talk presentazione OLTRETUTTO
TRIENNALE Milano – talk presentazione OLTRETUTTO

Guardando avanti, pensa che Oltretutto resterà un episodio speciale nel suo percorso oppure apre la strada a un nuovo capitolo stabile nella sua ricerca artistica?
La mia ricerca artistica si è sempre sviluppata per cicli, ciascuno dei quali rappresenta un capitolo autonomo all’interno di un percorso più ampio e Oltretutto non fa eccezione. Non è stato un episodio isolato, ma l’inizio di un processo che percepisco ancora in piena evoluzione. Ogni progetto nasce da un’urgenza interiore e, una volta trasformata in linguaggio, apre nuove traiettorie e genera interrogativi ai quali cerco di dare forma attraverso il mio lavoro. Questo dialogo tra gesto, sguardo e istinto è per me un territorio di ricerca privilegiato, uno spazio in cui il segno si trasforma in immagine e l’immagine evolve in pensiero.

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