
Ancora travolti dalla celebrazione del centenario del Manifesto del Surrealismo (1924-2024), nelle arti visive contemporanee siamo passati dallo spirituale dell’arte di Kandinskij allo spiritismo mistico esoterico, come possibile fonte d’ispirazione per occulte realtà immaginarie. Forse come ricerca di rassicurazione in un presente incerto?
Milano fa luce sul mistero dell’inconscio a partire dalla mostra monografica di Leonor Fini, continua con il surrealismo di Leonora Carrington in mostra a Palazzo Reale, e con Escher al MUDEC si declinano altri scenari rocamboleschi paranormali. Mistero, fantasmi, streghe, spiriti e folletti, incluse le apparizioni di ectoplasmi hanno trovato casa a Palazzo Morando, sede del Museo Costume Moda Immagine, residenza della contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini (Alessandria d’Egitto, 1876-Vedano al Lambro, Monza e Brianza, 1945), sacerdotessa dell’occulto, che tra Otto e Novecento aveva raccolto una vasta e preziosa biblioteca su temi esoterici, spiritici e alchemici, oggi custoditi all’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana. Filantropa e benefattrice, protagonista negli ambienti aristocratici del suo tempo, nota per la sua personalità magnetica, la contessa degli spiriti influenzava contesti diversi, andando oltre i confini dell’alta società. Fervente cattolica, intellettuale curiosa, generosa filantropa, la contessa era avida collezionista di libri di teosofia, spiritismo, appassionata di eredità mistiche dell’ermetismo rinascimentale. Il suo interesse per l’occulto era riconosciuto persino da una dispensa del vescovo di Milano, che le consentiva di coltivare le sue passioni eccentriche senza rischiare la scomunica; e nessuno può sapere quanto questa “licenza” sia costata alla conturbante contessa. La sua biblioteca comprende numerosi volumi sulla letteratura esoterica, oltre a testi fondamentali sul mesmerismo, ipnotismo, magia, alchimia e resoconti dettagliati di sedute spiritiche, e nel salottino egizio prediceva il futuro ai nipoti per diletto. Durante i lavori di restauro del 1944, i custodi sostenevano che si udisse la presenza della contessa, con voci e sussurri e il direttore riferiva questi aneddoti, dando per scontato il suo ritorno a Palazzo Morando, lasciato in eredità a Milano secondo la sua volontà.

L’invisibile si vede a Palazzo Morando
La Fondazione Nicola Trussardi ha prodotto e ideato la mostra “Fata Morgana: memorie dall’invisibile” a cura di Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini con l’intento di instaurare un dialogo (metaforico) con la contessa esoterica e mistica, che ha dedicato la vita a raccogliere memorie dall’invisibile. Il titolo della mostra cita il poema del 1940 di André Breton, che compose durante il suo esilio a Marsiglia, in fuga dall’avanzata nazista, in cui l’autore esplora il rapporto ancestrale tra visibile e invisibile, tra realtà e sogno, tra espressioni artistiche e misticismo. Fata Morgana è la sorellastra “cattiva” di re Artù, dotata di poteri soprannaturali fin da bambina, una figura mitologica temuta dal mago Merlino che tramava contro Artù e Ginevra per distruggere il loro potere. Nel saggio “Il messaggio automatico” (1933) Breton trova la connessione tra l’automazione psichica e le pratiche medianiche, intrecciando l’esperienza della trance con le modalità creative surrealiste che sfidano i limiti della ragione e della percezione. Secondo la leggenda Fata Morgana poteva tramutare sé stessa e altri in animali o oggetti inanimati, osteggiata dal mago Merlino, fu allontanata dalla corte arturiana. Ricordiamo che l’effetto Fata Morgana è una illusione ottica, una forma insolita di miraggio, causato da un fenomeno atmosferico chiamato inversione termica, in cui gli stati d’aria vicini al suolo sono più freddi rispetto a quelli sovrastanti, in riferimento alla maga, che induceva nei marinai visioni di fantastici castelli in aria o in terra per condurli a morte.
Non è affatto un miraggio la corposa mostra di 78 artisti per lo più donne e oltre 200 opere suddivise in otto sezioni (Spiriti Guida, Medium Mistiche, Il Messaggio Automatico, I Giardini Cosmici, Fiori di Carne, Salvare il Mondo, Corpi Senz’Organi, Simulacri) al piano terra e al piano nobile di Palazzo Morando, la cornice ideale per storie paranormali, dove autrici e autori dell’invisibile, per lo più sconosciuti o non riconosciuti come artisti, affetti da disturbi mentali, di personalità non convenzionali che Jean Dubuffett aveva raccolto sotto il nome di Art Brut, diventano visibilissimi in questa kermesse dell’occulto.
Senza ombra di dubbio l’intento di scovare autori ai margini dell’arte convenzionale, incominciata con la Biennale di Venezia, enciclopedica, intorno al “Libro rosso” di C.G. Jung, a cura di Massimiliano Gioni nel 2013, e continuata da Cecilia Alemani nell’edizione del 2022, ispirata al libro di racconti “Il Latte dei Sogni” di Leonora Carrington, prosegue in questa panoramica dell’invisibile incentrata su autrici e autori dotati di impulso creativo connesso a pratiche medianiche, inclini a stati di trance o ipnosi rivelatorie per accedere all’invisibile, dove la ragione è bandita e la libertà espressiva è ostentata come forma di auto determinazione.

A Palazzo Morando doverosamente oscurato si trovano tra dipinti, fotografie, documenti, disegni, ricami, oggetti rituali, sculture e video, in cui tutto è visione o suggestione dell’invisibile. Segnaliamo The Book of Evil Spirits di Chiara Fumai (1978-2017), del 2015, in cui l’artista evocando gli ‘spiriti maligni’ setaccia le paure della società nei confronti di donne potenti o anticonvenzionali. Intrigano le artiste medium come Georgina Houghton (1814-1884), della Londra vittoriana, che dipingeva e praticava lo spiritismo e sviluppò una pratica artistica, incentrata sui disegni medianici esposti nel 1871 a Londra, oggi considerata una pioniera dell’arte astratta. Affascinano Wilhelmine Assmann (1862-1931) e in particolare Jakob Mohr (1884-1944), artista tedesco che ha trascorso parte della sua età adulta in un istituto psichiatrico in Germania, dove a partire dagli anni Venti iniziò a disegnare in modo prolifico figure umane frammentate o distorte. I suoi lavori rappresentano ancora oggi un contributo significativo allo studio dell’arte autodidatta e del potenziale espressivo degli stati psicologici. Incanta Johanna Natalie Wintsch (1871-1944), artista tessile in mostra con ricami Je suis radio (1924) su tessuti di cotone prodotti durante il periodo trascorso all’interno di istituti psichiatrici, trasforma l’atto quotidiano del ricamo in una dichiarazione di autoconsapevolezza nel tentativo di ampliare la propria percezione. Straniscono per effetto luminoso 18 stampe su sali d’argento e una stampa all’albumina di Linda Gazzara (1890-1932), raccolte nell’Album (1909), è stata medium conosciuta per le sue materializzazioni fotografiche che si sarebbero verificate durante le sue sedute spiritiche, come prove di un contatto con il mondo paranormale, custodite nel Museo Cesare Lombroso a Torino.
E in questo quasi atlante dell’invisibile non potevano mancare le opere di Carol Rama (1918-2015), artista torinese impossibile da etichettare, la cui opera provocatoria e conflittuale ha sfidato le norme sociali nel corso di tutta la sua vita, che nel 2003 ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia. La sala di richiamo mediatico più che medianico, è quella dedicata alla pioniera dell’astrattismo Hilma af Klint (1862-1944), artista mistica svedese oggi riconosciuta come pioniera dell’astrazione, autrice di lavori non figurativi in anticipo rispetto a quelli di Kandinskij, a cui dopo la grande mostra a Basilea, seguirà quella alla National Gallery of Ireland a Dublino in programma nel 2026, una esposizione incentrata sulla sua esplorazione dell’occulto attraverso sedute spiritiche, scrittura e disegno automatici dell’artista più richiesta del momento. Tra gli altri cultori dell’invisibile in mostra troviamo 13 artisti contemporanei, in cui la scultura è protagonista tra oggetti d’arredo antichi, cineserie, ritratti e la bellissima raccolta di vedutismo dedicata a Milano del Settecento, e in questo scenario piacciono le strambe creature di Kiki Smith (1954), disseminate al piano nobile, dove si respira una certa suspense, con il calco iperrealista abbandonato su un tappeto prezioso di Jill Mulleady (1980). Ma bando agli elenchi sterili, anche perché avrete già letto di tutto e di più su questa imperdibile mostra, si consiglia di vederla senza attese e pregiudizi. Quindi prendetevi tempo e dedicatevi all’arte del guardare, passeggiate tra le sale per capire come le arti visive indagano le contaminazioni tra misticismo, esoterismo, teosofia e pratiche simboliche dall’alba dei tempi, con il fine di scardinare convenzioni consolidate, ridefinendo il ruolo dell’arte nella società di ieri e di oggi. Semmai tornateci più volte, tanto la mostra è a entrata libera fino al 30 novembre, come tutte le altre ideate dalla Fondazione Trussardi, una istituzione no profit, diciamo un “museo nomade” che produce la diffusione dell’arte contemporanea in contesti diversi e propone mostre in rapporto alla città, alla riscoperta di un patrimonio pubblico dall’inestimabile valore.

Palazzo Morando è uno scrigno di rivelazioni sospese tra realtà e immaginazione, è già opera d’arte di per sé, dove ogni oggetto è soggetto di storie di un tempo ritrovato, quindi andateci da soli, non abbiate fretta di attraversare le sale con la solita frenesia, rallentate il passo e leggete le biografie degli artisti in mostra (generate da Chat GPT), così vivrete l’invisibile come esperienza soggettiva. E qui l’invisibile si palesa in qualcosa che voi stessi sentirete, più che vedrete, andando oltre le sue potenzialità espressive, con la consapevolezza ‘illuminista’ di entrare in zone d’ombra dell’inconscio, restando sul confine tra il visibile e immateriale, forse per esorcizzare l’incertezza di un mondo sempre più complesso, in cui l’unica certezza resta il mistero come consolante forma di resilienza e prassi di conoscenza di un mondo alle soglie dell’ignoto.













