
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Archaeology lancia una nuova luce sulla città di Akhetaten, terra del “Faraone Eretico”: l’abbandono fu pianificato per la dura vita, e non per una pestilenza
Per secoli si è creduto che la città di Akhetaten, la capitale voluta dal faraone “eretico” Akhenaton, fosse stata abbandonata in fretta e furia, maledetta da una pestilenza devastante. Oggi, una nuova ricerca archeologica pubblicata sull’American Journal of Archaeology sfata questa teoria, rivelando che la vera causa non fu un morbo misterioso, ma le durissime condizioni di vita e un declino socio-economico. Fondata per venerare il dio sole Aton, Akhetaten (l’odierna Amarna) fu il cuore dell’Egitto per appena due decenni, venendo abbandonata poco dopo la morte del suo fondatore nel 1336 a.C. circa. La sua breve esistenza è sempre stata avvolta nel mistero, con fonti storiche che, sebbene menzionassero epidemie in altre regioni, non facevano esplicito riferimento a un’epidemia ad Akhetaten stessa.
La Prova è nei Resti Umani
Il team di ricerca, guidato dalle dottoresse Gretchen Dabbs e Anna Stevens, ha spostato l’attenzione dai testi ai resti umani, analizzando 889 sepolture provenienti dai vasti cimiteri della città. I risultati sono stati illuminanti: i corpi non mostrano i segni di una mortalità di massa da epidemia. Le sepolture non furono affrettate e il numero totale di morti rientra in un tasso di mortalità normale per l’epoca. Al contrario, gli scheletri raccontano una storia di sofferenza cronica. I ricercatori hanno riscontrato bassa statura, traumi alla colonna vertebrale, segni di denutrizione durante l’infanzia (ipoplasia dello smalto) e malattie degenerative delle articolazioni. “Questi marcatori di stress sono tutti inequivocabilmente collegati a difficoltà economiche e sociali estreme“, spiegano gli studiosi.
Una città in agonia, ma non colpita all’Improvviso
Nonostante casi di tubercolosi nei resti analizzati, l’immagine che emerge non è quella di una comunità falcidiata da un’improvvisa pestilenza, ma di una popolazione stremata da anni di fatica, lavoro forzato e forse malnutrizione. Inoltre, le evidenze suggeriscono che l’abbandono della città fu un processo sistematico, non una fuga caotica. “Sembra che la città fosse addirittura occupata per un periodo dopo la morte di Akhenaton“, si legge nello studio. Come si è diffusa allora la teoria della peste? La dottoressa Dabbs chiarisce: “Testi come le Lettere di Amarna e le Preghiere Ittite per la Peste creano una rete di prove circostanziali. Collegano gli egiziani a parole spaventose come ‘peste’. Una volta piantato il seme di questa connessione, è diventato un ‘fatto’ semplicemente attraverso la ripetizione“. Questa scoperta riscrive un capitolo fondamentale della storia di Akhenaton, restituendoci l’immagine di un regno la cui capitale non fu vittima di un’ira divina, ma di fragilità strutturali e di un progetto forse troppo ambizioso per essere sostenibile. La fine di Akhetaten non fu un dramma improvviso, ma la lenta agonia di un sogno che si spegneva.













