
La grande retrospettiva di Irma Salo Jæger esalta i monumentali spazi del centro d’arte Kunstsilo di Kristiansand
“Il colore è così normalmente presente nella natura, che quasi non lo notiamo. Ecco perché è importante che qualcuno se ne prenda cura. Anche questo è uno dei compiti essenziali del pittore”. Così Irma Salo Jæger confessava in un’intervista la missione che si affidava nella sua arte. La pittura come riflessione sul mondo e sulle sue connessioni. Fattispecie che emergono con forza nella grande mostra Irma Salo Jæger. Draft for a World Flag, allestita fino al 1 marzo 2026 nei maestosi spazi del Kunstsilo di Kristiansand, in Norvegia.

Nata nel 1928 a Soini, nella regione della Finlandia dell’Ovest, Salo Jæger svetta come figura chiave della modernità nordica. Dopo aver conseguito una laurea in storia dell’arte a Helsinki nel 1953, si trasferì in Norvegia nei primi anni ’50 per proseguire la sua formazione artistica. Fin da subito si inserì nel panorama artistico norvegese, assumendo nel tempo anche ruoli accademici e impegnandosi nel dibattito sull’arte. Dal 1986 al 1991 fu docente alla Statens Kunstakademi.

Il suo lavoro comprende sia opere da cavalletto che grandi commissioni di arte pubblica in Norvegia, come quella per la metropolitana di Oslo. Dopo un inizio figurativo, già alla fine degli anni Cinquanta e agli inizi dei Sessanta Jæger si orientò verso un linguaggio astratto, in cui la componente del colore divenne centrale. Nel suo percorso è possibile cogliere una lineare evoluzione linguistica: inizialmente palette più tenui, terre, toni pacati; poi uso più audace del colore puro. Con una forte contrapposizione di forme, giocando con luce, movimento e spazio.
Pittura e parola
L’esposizione del Kunstsilo ripercorre uno dei momenti più innovativi della sua carriera, presentando nuovamente il progetto che nel 1968 la consacrò sulla scena artistica norvegese. In quell’occasione Jæger, alla Kunstnernes Hus di Oslo, intrecciò pittura e parola, realizzando una serie di opere che riflettevano sul legame profondo tra esseri viventi, ambiente e nuove tecnologie. 21 dipinti e 21 frasi poetiche che intrecciavano colore, linguaggio e riflessione politica.

La mostra restituisce l’energia utopica di quel progetto, in cui l’artista immaginava un simbolo di pace globale – una “bandiera del mondo” – come segno di unità in tempi di conflitto e trasformazione. Riletta oggi, la sua visione risuona con le domande contemporanee su come la tecnologia e la comunicazione ridisegnino il nostro modo di essere connessi. La sua idea di connessione universale si traduceva in un linguaggio visivo e poetico che, pur nato nel clima turbolento degli anni Sessanta, conserva oggi una sorprendente attualità.

Ma il percorso della mostra offre un’immersione completa nella lunga carriera di Jæger. Collegando i suoi esordi alla successiva pionieristica sperimentazione, fino ai lavori più recenti. Ampiamente presente nella celebre Tangen Collection, la più vasta raccolta al mondo di arte modernista nordica, Jæger coniuga gli aspetti lirico e geometrico dell’astrazione in un linguaggio proprio, in tecnica rigorosa eppure meditativa e dinamica.

Ritmo, colore e struttura
Un altro piano del grandissimo centro d’arte ospita una esaustiva mostra dedicata a Birger Carlstedt, altra figura centrale del modernismo finlandese, anch’egli tra gli artisti più rappresentativi della Tangen Collection. Il percorso espositivo ripercorre l’evoluzione dell’opera di Carlstedt, dalle composizioni floreali e nature morte dei primi anni fino alle astrazioni geometriche che ne definiscono la maturità artistica. La sua pittura, nutrita dal dialogo con la scena parigina e dalla passione per la musica contemporanea, ricerca una sintesi tra ritmo, colore e struttura, come se la tela vibrasse di sonorità visive. Il titolo – Flowers Everywhere – allude alla capacità dell’artista di trovare bellezza e vitalità anche nelle forme più essenziali, un invito a guardare oltre l’apparenza per scoprire un mondo di equilibrio e libertà.

Cultura come rigenerazione
Non finisce comunque mai di stupire l’impatto socio-culturale impresso sulla relativamente piccola cittadina di Kristiansand da due importanti strutture culturali, lo stesso Kunstsilo e il vicinissimo Kilden Performing Arts Centre. Affiancati sul lungomare Silokaia dell’isola di Odderøya, un tempo base navale e zona industriale. Il Kunstsilo è un affascinante esempio di riuso industriale: un vecchio silo per cereali del 1935 trasformato in museo e centro culturale.
Un preesistente edificio funzionalista alto circa 38 metri, con 15 silocelle in calcestruzzo. Ristrutturato con un progetto firmato da Mestres Wåge Arquitectes insieme a BAX Studio e Mendoza Partida. Un intervento che ha mantenuto le strutture originali, introducendo nuovi spazi espositivi, un articolato atrio centrale e una terrazza panoramica. Per una superficie espositiva di circa 3.300 m².

Con l’abbinamento con il confinante Kilden, la città ha ridefinito il suo waterfront, scegliendo la cultura come leva di rigenerazione. Progettato dallo studio ALA Architects (Helsinki) in collaborazione con SMS Arkitekter (Kristiansand), il Kilden si distingue per una facciata ondulata in quercia locale che funge da “muro d’ingresso” tra la città e il mondo dello spettacolo. All’interno contiene quattro grandissime sale con una capienza complessiva per circa 2.270 spettatori.













