
Allison Katz (1980, Montreal, Canada) vive e lavora a Londra e si distingue per un approccio multidisciplinare e per la sua capacità di mescolare arte e vita, esperienze personali e la storia della sua famiglia, come dimostra con l’esposizione “Foundations”, condivisa con l’artista Edna Katz Silver (1930, Montreal), la poliedrica nonna novantenne alla Galleria Giò Marconi a Milano.
L’artista esplora le sue radici, le fondamenta che includono i corpi delle persone amate che non ci sono più senza rappresentarli, per dare forma a questa mostra di un autoritratto sui generis costruito da altri. Comprende una serie di ricami di Edna Katz Silver, opere variopinte della nonna impresse nella memoria di Allison, che rappresentano una parte integrante dell’esposizione milanese. Come ha dichiarato l’artista: “Ho invitato mia nonna Edna a condividere con me questa mostra personale. È stato un modo per realizzare uno scambio reciproco iniziato quasi dieci anni fa, quando per la prima volta le chiesi di realizzare una composizione di mezzo punto basata sulla mia firma”. Infatti il nome Katz è il motivo ricorrente della mostra, un segno grafico dilatato e storpiato qua e là che apre lo sguardo sulla possibilità di indagare tratti del passato biografico dell’artista con intrecci arabescati tra vita e arte. Per Allison Katz la cornice, come l’ornamento, rappresentano gli elementi pittorici che vanno oltre il limite del quadro, anche là dove il decoro si concentra ai margini o sui bordi dell’opera. Sono rigorose ma dinamiche le opere con divagazioni segniche rivelatorie realizzate su supporti di seta e materiali acrilici nero pece, quasi foulard; dove tutto è movimento e contrappunto tra vuoto e pieno, cornice e ornamento, espedienti visivi che svelano forme rigenerative dall’immediato impatto grafico.

Nella Galleria milanese dipinti, tessuti e sei grandi sculture a forma di naso dalle narici marcate che sarebbero piaciute a Dalì, si susseguono in una vorticosa sequenza di opere che scardinano la linearità geometrica dello spazio white-cube con foulard, dipinti, tessuti come forma di pittura fondata su storie autobiografiche di origini ambigue, in cui anche i ricordi di vissuti personali diventano texture dell’immaginario visivo dell’artista canadese che opera all’insegna del superamento delle barriere linguistiche e visive. Il percorso espositivo incomincia sulla parete laterale del cortile interno della Galleria Giò Marconi, via Tadino 15, dove fa capolino EKS in Bed, 2022, opera a muro tratta da un ritratto fotografico della nonna Edna Katz Silver sdraiata nel suo letto, a novantatré anni, sotto un dipinto raffigurante due galli in lotta, incorniciata dalla testata in bronzo che lei stessa aveva scolpito quarant’anni prima, scattato nell’autunno del 2022 da Hommer Tayarin, amico d’infanzia e vicino di casa di Edna, ipnotica per la dignità della vecchiaia di una donna – icona per sua nipote che in questa immagine sembra sfidare la vita, la malattia e la morte. All’interno, nel mezzo del percorso espositivo vicino alla porta in vetro allarmata affacciata sul cortile interno al piano terra della galleria, fagocita lo sguardo Elevator V (20025) un grande dipinto (200.5x170x3.7 cm), che riproduce oggettivamente l’ascensore illuminato da un neon abbacinante, e qui guardando con attenzione i dettagli avrete l’impressione di superare la bidimensionalità per toccare con gli occhi una apparente tridimensionalità dell’opera pittorica con l’illusione di varcare la soglia oltre i limiti fisici di uno spazio intangibile disegnato da una luce fredda sospesa e metafisica.

Al primo piano incantano i foulard di seta realizzati dall’azienda Bellotti fondata nel 1940 a Como da Piero Bellotti (1911-1985), il nonno materno, inizialmente conosciuta con il nome di ‘Bell’. L’impresa operava come rete di filatori, tessitori e disegnatori indipendenti, riuniti per dare forma all’ispirata visione creativa di Pietro Bellotti, conosciuto per la produzione di accessori di alta moda, in particolare foulard e sciarpe. Allison Katz s’innesta magicamente nelle trame di vita di Giò Marconi, scegliendo la serie di foulard di motivi architettonici, animali o arabeschi simili alla sua produzione iconografica, presentati come autentiche opere pittoriche, con l’obiettivo di intrecciare relazioni sulle storie autobiografiche dell’artista con quelle del gallerista milanese con trame ricorrenti nella produzione dell’artista canadese; segni che custodiscono frammenti della sua storia personale in cui ornamento, decorazione e spazio architettonico culminano in una visione di una pittura altra che comprende ago, filo, il cucire il rammendare della nonna, con l’idea di una pittura incentrata sulla non linearità del tempo, come prassi del saper guardare oltre la cornice a prescindere dallo strumento espressivo per afferrare un aspetto inconoscibile dell’inconscio senza retorica o sentimentalismi nostalgici.














