
Fino all’8 marzo 2026 il Museo del Costume di Nuoro indaga la tessitura come gesto di libertà, memoria e impegno civile
“La tessitura è uno dei gesti fondativi della cultura umana”. Così il curatore Efisio Carbone introduce la mostra collettiva Tessere per resistere, in programma fino all’8 marzo 2026 al Museo del Costume di Nuoro. “Prima ancora che arte o mestiere, il tessere è un modo di pensare: un’azione che unisce mente e mano, riflessione e corpo”. Un progetto dell’ISRE che indaga la tessitura come gesto di libertà, memoria e impegno civile. Intrecciando tradizione sarda e ricerche contemporanee in un percorso che unisce artigiane storiche, artiste e artisti provenienti da contesti e generazioni diverse.

L’esposizione attraversa quattro grandi filoni tematici. Libertà femminile: Maria Lai, Rosanna Rossi e le sorelle Senes di Nule raccontano il telaio come spazio di immaginazione e autonomia, tra sperimentazione poetica, rigore materico e saperi comunitari. Testimonianza civile: Zehra Doğan porta in Sardegna la sua esperienza di esilio; Giovanni Gaggia ricuce relazioni attraverso un attivismo silenzioso; Sasha Roshen documenta la resistenza quotidiana di chi vive la guerra; Francesca Marconi, con il maestro Marcelino Andrade, rilegge il colonialismo nella tessitura capoverdiana.

Connessione e cura
Memoria e identità: Caterina Frongia e il duo NARÈNTE indagano trasformazioni e migrazioni; Marianna Pischedda custodisce l’antica pratica del bisso marino. Ecologia e concetto: Andreco lega tessitura ed equilibrio ambientale; Anna Gardu trasforma il rito dolciario in fragile ricamo; Tonino Secci costruisce “tessuti” di carta come spazi percettivi; Andrea Contin traduce il movimento sociale in trame astratte.

Completano il percorso le pratiche comunitarie ripensate da Annalisa Cocco e Anna Deriu a partire dai disegni di Eugenio Tavolara, e il gesto rituale di Raffaella Marongiu con Su Filindeu. Tessere per resistere propone così il filo come metafora attuale di connessione e cura: un linguaggio condiviso, capace di unire storie lontane e restituire al gesto manuale il suo valore politico e poetico.










