Print Friendly and PDF

Quando il bello diventa algoritmo. Andrea Crespi alla Fabbrica del Vapore

Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano
Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano
Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano
Con la mostra Artificial Beauty Crespi  indaga il dialogo, oggi sempre più urgente, tra umano e macchina

Fino al 25 gennaio, gli spazi della Fabbrica del Vapore di Milano ospitano la mostra Artificial Beauty di Andrea Crespi. Un percorso immersivo tra pittura, scultura e video installazione che indaga il dialogo, oggi sempre più urgente, tra umano e macchina, tra il linguaggio classico dell’arte e le sue metamorfosi digitali.

L’esposizione si apre con l’opera Have no fear of perfection, che accoglie il visitatore come un manifesto poetico: la perfezione, lungi dall’essere un ideale statico e inaccessibile, diventa un concetto fluido, manipolabile attraverso filtri e intelligenza artificiale. In questo ribaltamento di prospettiva si riflette una delle questioni più pressanti dell’età contemporanea: ridefinire la bellezza naturale attraverso l’artificio tecnologico.

 

Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano
Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano

La scritta “nobody is perfect”, nascosta tra le linee dell’opera, dichiara apertamente il paradosso della civiltà dello spettacolo di cui parlava Guy Debord. Una società che filtra, corregge e modifica il reale fino a sostituirlo con la sua proiezione ideale, un’apparenza perfetta che manca di realtà umana. Crespi non esalta questa finzione, ma al contrario riconosce nell’imperfezione la verità più profonda e irriducibile dell’essere umano. Tra le opere più significative emerge il ciclo The Transition, un corpus che traduce visivamente il passaggio dal passato al futuro, dal marmo classico al polistirolo plasmato da bracci robotici.

La Nike di Samotracia, rielaborata mediante stampa 3D e modellazione a sette assi, si sdoppia in due sculture: Memory, sospesa e fedele all’originale, e Projection, in cui le ali diventano placche metalliche, evocazione di un corpo meccanico. È il simbolo di una bellezza ibrida, che nasce dall’incontro fra memoria e tecnologia. Nella stessa direzione si muovono le reinterpretazioni della Venere di Botticelli e della Venere di Milo: volti e corpi attraversati da elementi robotici che rimandano alle copertine patinate di riviste come Vogue Playboy, dove la figura femminile, sempre più spesso sostituita da intelligenze artificiali, diventa icona di una bellezza algoritmica e disincarnata.

 

Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano,Credits foto Giacomo Demelli
Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano, Credits foto Giacomo Demelli
Divinità digitale

L’artista torna sul mito con Amore e Psiche, dove la donna mortale non si unisce più a un dio umano, ma a una divinità digitale. L’antico racconto di unione tra spirito e materia si trasforma così in una riflessione sull’impossibilità, oggi, di separare l’uomo dalla macchina. La domanda che ne scaturisce è inevitabile: se la macchina non può funzionare senza l’uomo che la alimenta, può l’uomo, a sua volta, vivere senza la macchina? O l’interdipendenza è ormai divenuta la cifra stessa della nostra esistenza?

In questa linea si inserisce anche The Artist and the Thief, dove un blocco di marmo, da cui affiora soltanto un naso, dialoga con un braccio robotico. La scena evoca un laboratorio ideale in cui il Michelangelo del futuro scolpisce con algoritmi e sensori. Ma oltre alla riflessione sulla creazione artistica, l’opera tocca un tema attualissimo: quello del “furto” delle idee e delle immagini nell’era dell’intelligenza artificiale. Chi è l’autore di un’opera generata da una macchina? E che valore conserva, in questo contesto, l’atto artistico umano?

 

Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano, Credits foto Giacomo Demelli
Andrea Crespi, Artificial Beauty, Fabbrica del Vapore, Milano, Credits foto Giacomo Demelli

La poetica di Andrea Crespi si muove dunque su un crinale delicato, tra visibile e invisibile, classico e contemporaneo, materia e digitale. Artificial Beauty non offre risposte precostituite ma affida al visitatore il compito di interrogarsi, di scegliere il proprio sguardo. Le sue opere aprono un varco: tra ciò che eravamo e ciò che stiamo diventando, tra l’antico splendore delle forme e la lucida, inquieta seduzione del futuro.

Commenta con Facebook