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I paesaggi dell’anima. Maria Lai a Le Pleiadi Art Gallery

Maria Lai, Telaio della lucertolina, legno, terracotta, filo di ottone, vernice, china e oro zecchino, 70 × 116 cm Maria Lai, Telaio della lucertolina, legno, terracotta, filo di ottone, vernice, china e oro zecchino, 70 × 116 cm
Maria Lai, Telaio della lucertolina, legno, terracotta, filo di ottone, vernice, china e oro zecchino, 70 × 116 cm
Maria Lai, Telaio della lucertolina, legno, terracotta, filo di ottone, vernice, china e oro zecchino, 70 × 116 cm
Fino al 30 Gennaio 2026 lo spazio milanese si apre alla dimensione sacrale e poetica nell’arte di Maria Lai

Sulle opere dell’artista sarda Maria Lai è stato scritto tanto. Una lettura inedita esce dalla nuova mostra proposta alla Galleria Le Pleiadi di Milano (visitabile fino al 30 Gennaio 2026). Qui l’artista racconta dei propri paesaggi, quelli più intimi, interiori, i “paesaggi dell’anima”, come li definirebbe il filosofo Umberto Galimberti.

Il luogo dell’anima è uno spazio interiore che ci connette a emozioni profonde e a ricordi, che crea un senso di appartenenza. È un rifugio dove ci sentiamo autentici. Può essere un paesaggio naturale, un giardino, una stanza, o anche una sensazione. Un luogo (reale o immaginario) che risuona con la nostra essenza, offrendoci pace, identità e la possibilità di ritrovare noi stessi. Ma ciò che lo definisce veramente è il valore sentimentale, la restituzione, la visione.

 

Maria Lai, Tra sogno e risveglio, 2000, stoffa, filo e tempera, 22,5 × 16,5 × 3 cm
Maria Lai, Tra sogno e risveglio, 2000, stoffa, filo e tempera, 22,5 × 16,5 × 3 cm

Attraverso questo nuovo modo di guardare il mondo Maria Lai narra di luoghi a lei cari. Narra di alberi d’ulivo, archetipo della vita nelle culture religiose di tutti i tempi, simbolo universale di pace e di rinascita, organismo vivente che può assumere le forme più varie, ma mantenere sempre un’intrinseca sacralità. I rami d’ulivo venivano usati per supplicare gli dei e i potenti; era la pianta sacra a Minerva.

L’ulivo è anche usato in magia per allontanare malocchi, grazie alle sue proprietà protettive. In queste visioni di campi, di geografie e di montagne, l’artista rimanda alla duplice funzione dalla natura: madre e matrigna. La terra, infatti, può riparare e proteggere, così come franare e distruggere.

 

Maria Lai, Galleria Le Pleiadi, Milano ph Michele Alberto Sereni
Maria Lai, Galleria Le Pleiadi, Milano ph Michele Alberto Sereni
Intensità evocativa

Maria Lai affonda l’immaginario delle proprie opere nei riti e nelle credenze ancestrali della Sardegna. I suoi fili intrecciano storie di Janas e di Curandere, di una terra antica, di donne forti. Le curandere si occupano di guarire non solo il corpo, ma soprattutto l’anima, ristabilendo armonia nella persona e nella comunità. Conoscono il potere delle erbe e di piante mediche. Possono intervenire per allontanare malefici, calmare spiriti offesi e fare divinazioni.

Oltre alle curandere troviamo altre figure di aiuto nelle Janas, coloro che venivano definite come fate, streghe o donne magiche a cui si confidano i mali e i problemi. Sono figure che passano il tempo a tessere, presenti per i bisognosi e per portare fortuna nei momenti più importanti della vita come le nascite o le unioni.

 

Attesa, 1977, pane, spiga e paglia in teca di legno, 20 × 30 × 8 cm
Attesa, 1977, pane, spiga e paglia in teca di legno, 20 × 30 × 8 cm

La nascita è un altro tema che emerge dalla mostra alla Galleria Le Pleiadi. La ricerca artistica di Maria Lai trova una dimensione sacrale e poetica nella rappresentazione di “Presepi”. Qui la sua capacità di trasformare materiali semplici come il pane o la cartapesta raggiunge forme di forte intensità evocativa. Il suo rapporto con il mistero della vita, la sua capacità di fondere nelle opere immaginazione e tradizione, rendono Maria Lai una delle voci più originali dell’arte contemporanea.

 

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