
Alla Maab Gallery Balla affiancato da opere di Barth, Brodsky, Kutter, Meldibekov, Urrutia, Vitone
La mostra nasce da una domanda di Georges Perec, in “Specie di spazi”. Ovvero, come descrivere uno spazio senza dimenticare che lo spazio è sempre abitato, anche quando appare vuoto? Rileggere e riflettere sulla narrativa di Perec è sempre un grande piacere, una boccata d’aria. Ma visitando la mostra ho ripensato a Milton Santos in Por una geografia nova, Sao Paulo, 1979: “…Ricordiamo ancora una volta che lo spazio si caratterizza tra le altre cose, per la differenza delle cose che lo caratterizzano e questo è valido per ogni tipo di sub spazio, a prescindere dalla scala. Prendiamo ad esempio lo spazio agricolo. Noi incontreremo colture, strade, case e tecniche e strumenti che come le popolazioni coesistono ma il cui venire ad essere non fu contemporaneo. Se andiamo a considerare la realtà urbana la situazione si ripete. Attività, case, strade, viali e quartieri, niente ha la stessa età. Se ampliamo la scala alla dimensione di un continente o se restringiamo l’osservazione al più piccolo contesto, alla cellula territoriale più minuscola, non incontreremo mai elementi sincronici. Ogni variabile oggi presente nella caratterizzazione dello spazio appare con una datazione iniziale differente, per il semplice fatto che niente si diffonde al medesimo tempo e per questo ogni posto si distingue per le sue variabili costitutive. In ogni continente, paese, regione o sub spazio, ogni luogo rappresenta la somma di azioni particolari inizialmente localizzate in tempi diversi. Così la presenza simultanea di variabili di età diversa da come risultato che la combinazione caratteristica di ciascun luogo sia unica. Il luogo pertanto è il risultato di azioni multilaterali che si realizzano in tempi disuguali sopra ciascun punto della superficie terrestre. Questo sta alla base di una teoria che cerchi di spiegare la localizzazione specifica, dovrà considerare le azioni del passato e del presente, locali ed extralocali. Il luogo assicura l’unità del continuo e del discontinuo e talvolta la sua evoluzione mentre assicura una struttura concreta ed inconfondibile. In un punto determinato del tempo le variabili dello spazio sono a-sincroniche da un punto di vista genetico mentre tutte le variabili funzionano sincronicamente in ogni luogo. Tutto lavora a costituire un insieme coerente rispetto ad un ordine funzionale. Ogni luogo è in ogni istante un sistema spaziale a prescindere dall’età degli elementi costitutivi e dalla sequenza che li compone. In senso assoluto lo spazio è puntuale. Dentro ogni sistema storico le variabili si sviluppano asincronicamente però il sistema geografico cambia in forma sincronica. Un sistema spaziale è sostituito da un altro che ricostruisce la sua coerenza interna corrispondente se ogni variabile isolata mantiene una velocità di cambio propria. In tal senso sincronia ed a sincronia non sono di fatto opposte ma complementari perché nel contesto spazio temporale le variabili sono esattamente le medesime. Considerando le fasi tra le variabili e le porzioni di tempo corrispondente, si spiegano le diverse organizzazioni spaziali in luoghi differenti, quel che si chiama comunemente differenze regionali […]. Nella condizione attuale del mondo come mai in precedenza, la concezione dello spazio è chiamata a giocare un ruolo fondamentale nella schiavizzazione o nella liberazione dell’uomo. Nel terzo di secolo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, un gran numero di geografi hanno dato il loro contributo prezioso e pernicioso all’espansione del capitalismo, all’espansione di tutte le forme di disuguaglianza e di oppressione nel Mondo nel suo insieme ma in concreto nelTerzo Mondo. Dobbiamo prepararci ad un’azione nel senso opposto il che nella condizione attuale esige impegno sia nello studio che nell’azione, per produrre una base in grado di ricostruire uno spazio geografico che sia lo spazio dell’uomo e delle genti e non più lo spazio al servizio del capitale o di qualcosa d’altro[…] Quando la natura si converte in natura sociale tocca alla geografia di studiare e spiegare come la coscienza dello spazio possa essere un veicolo per la restituzione di un uomo nella sua completa dignità. I geografi e gli altri studiosi di scienze sociali si devono preparare a gettare le basi di uno spazio veramente umano che dia luogo all’uomo e al suo lavoro, che cessi di separarlo in classi di sfruttatori e di sfruttati; uno spazio materia inerte scambiato per l’uomo ma che non si rivolti contro, una Natura sociale aperta alla contemplazione diretta dell’umanità e non un artificio; uno spazio di riproduzione di vita e non una merce da scambiare per l’altra merce, l’uomo artificializzato”.

Questa lettura ulteriore, di natura geografica, non vuole cambiare l’ispirazione della mostra ma estenderne i confini interpretativi. La compresenza di artisti tanto diversi nello stile come nella generazione (andiamo da Balla nato nel 1871 a Urrutia nato nel 1981!), dimostra una scelta curatoriale coraggiosa che mette al centro della propria proposta la complessità dello spazio individuale, sociale e storico.
Allora lo spazio vuoto diventa potenzialmente spazio di relazione. Così il dipinto di Balla convive con “oggetti di famiglia” della memoria di Luca Vitone, i video della Kutter coesistono con architetture che crollano sotto il loro stesso peso (Brodsky), infine i “fantasmi” della Barth riappaiono sotto altra forma come ricostruzioni nei dipinti magistrali di Alain Urrutia.
Una mostra raffinata e sottile, intellettualmente sveglia in un panorama espositivo troppo spesso assopito o semplicemente piegato a esigenze di moda o mercato.

Vuoti abitati
Maab Gallery
Via Nerino 3, Milano
Fino al 13/02/2026









