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L’altra Heimat il nuovo film di Edgar Reitz: recensione e intervista al regista

L’altra Heimat,  il nuovo film di Edgar Reitz, sarà distribuito da Nexo Digital nelle sale solo il 31 Marzo e il 1 Aprile.

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Il film è stato uno degli eventi più attesi dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, e com’era prevedibile è stato un vero trionfo, esattamente come nel 1984 quando apparve il primo capitolo della saga di Heimat, che ha fatto centinaia e centinaia di proseliti che accorrevano numerosi per vedere le varie puntate di questo meraviglioso affresco del Novecento tedesco.

Ricordo ancora l’ estate del 1993 a Roma, quando la saga di Heimat di Edgar Reitz fu proiettata ogni giorno al Nuovo Sacher in una arena estiva gremita anche per i divertenti commenti finali di Nanni Moretti e di tutto il pubblico.

Quest’ultimo capitolo “L’altra Heimat-Cronaca di un sogno” ricostruisce il passato di Schabbach (l’immaginario paese dell’Hunsrück, regione di origine di Reitz) attraverso i sogni di Jakob, il minore della famiglia Simon protagonista del film, imprimendo alle immagini e agli eventi un taglio romantico che illumina i successivi capitoli della saga con una luce d’ineluttabilità che era assente negli altri lavori.

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Avido di sapere, Jakob è costretto a leggere i libri di nascosto dal padre che lo vuole al suo fianco nella sua bottega di fabbro. Sogna di viaggiare e conoscere nuove culture. Di andare anche lui in Brasile, nazione dove molte famiglie del suo paese si recano per cercare fortuna.

Jakob arriva persino, attraverso varie letture, a imparare gli idiomi delle popolazioni locali e si prepara a partire, sicuro di portare con sé Henriette, una contadina di cui è innamorato. Il ritorno del fratello maggiore, Gustav, dal servizio militare e l’adesione di Jakob alla ribellione dei contadini per le angherie del barone, cambierà il corso degli eventi.

Il cinema di Edgar Reitz è unico. Ha una sua linea riconoscibile, un segno personale, che evidenzia il controllo del regista della vita e della storia dei suoi personaggi. Reitz tesse la trama su più livelli, segue il corso dei pensieri, e delle loro vite fra guerre, migrazioni, speranze e delusioni, con un certo distacco, senza alcun giudizio. Un capolavoro da non perdere perché L’altra Heimat sarà distribuito da Nexo Digital nelle sale solo il 31 Marzo e il 1 Aprile.

L’altra-Heimat.-Cronaca-di-un-sogno-E proprio in occasione dell’uscita in Italia dell’Altra Heimat, abbiamo incontrato al BIf&St di Bari, il regista Edgar Reitz, in un’affollata masterclass organizzata al Teatro Petruzzelli, gremito di giovani. Edgar Reitz entusiasta e felice di un accoglienza così calorosa, ha raccontato il suo cinema fin dagli inizi, quando è cominciata la saga del suo Heimat, inaugurando una nuova visione del cinema e soprattutto un nuovo linguaggio.

Negli anni ’60 -racconta Edgar Reitz– era necessario e doveroso cominciare a parlare una nuova lingua cinematografica. La mia generazione è stata la prima a crescere in un contesto completamente democratico, non aveva niente a che vedere con il passato ed era decisa a prendere una consapevole distanza dal cinema nazista. Il nostro motto era: il cinema dei padri è morto!

Infatti Reitz a proposito dei suoi riferimenti, racconta come sia stato difficile recuperare un identità tedesca: “Non avevamo nessun esempio nel nostro paese, anzi era tutto il contrario così mi sono ispirato alla , al Neorealismo italiano. Che meraviglia. Conosco tutti i film di Vittorio De Sica e sapevo a memoria i film di Roberto Rossellini: ha caratterizzato tutta la mia opera e lo continua a fare”.

L’altra-Heimat.-Cronaca-di-un-sogno-Ma la cosa incredibile che ci rivela Edgar Reitz è che quando era studente voleva studiare tutt’altra cosa: “Avrei voluto studiare ingegneria come desiderava tanto mio padre, infatti poi quando mi sono iscritto alla scuola di cinema, ho studiato molto l’aspetto tecnico dei film. Infatti uno dei miei primi lavori è stato il cortometraggio Velocità, praticamente una analisi tecnica del fenomeno della velocità”.

Ma poi il cinema, l’amore per le storie, per il racconto hanno preso il sopravvento tant’è che a proposito del suo capolavoro, Heimat, Reitz, ricorda di aver voluto in prima battuta scrivere la storia della sua famiglia partendo dai nonni e dalla loro terra di origine.

l'altra heimatQuando trasformai il manoscritto in sceneggiatura -continua raccontare Reitz- capii che non funzionava e cambiai completamente percorso:Heimat è completamente fittizio, non c’è nessuna figura che ricorda qualcuno della mia famiglia, anche se inevitabilmente ci sono dei caratteri in comune, delle esperienze vissute. Perché la sceneggiatura è un prodotto letterario che non ha niente di finito, il processo successivo è l’adattamento della sceneggiatura alle persone poi occorre adattare la sceneggiatura e poi amare profondamente i personaggi. Solo così posso rappresentare le loro contraddizioni e le loro ambivalenze”.

Ma per Reitz il cinema ha la possibilità di salvare gli uomini: “Tutte le arti, hanno la capacità e la forza per poter salvare il mondo. Il cinema può bloccare gli esseri umani nell’immortalità”.

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