Le lettere d’amore, che scriveva Frida Kahlo a José Bartoli, non sono né intelligenti né stupide: «ricevile come se una ragazzina per strada ti desse un fiore, senza un perché».
Gliene scrisse 25 in tre anni, dal 1946 al ‘49, il tempo della loro storia di amanti segreti, più di cento pagine piene di poesia e di ardore.
Non sappiamo davvero se un fiore bastava a spiegare le cose che sentiva, le voci di dentro svelate da quelle righe scritte con chissà quale passione dalla pittrice messicana ammirata da Pablo Picasso e André Breton, adorata dalle femministe e amata alla fine solo da uomini antichi, con paloma bianco da padroni delle ferriere, ma sempre in fuga, dolci e donnaioli come un tormento.
Quelle 25 lettere sono andate all’asta il 15 aprile da Doyle, New York, comprate per 137mila dollari «da un artista e collezionista americano, grande estimatore di Frida Kahlo», come ci raccontano dall’America.
Non si sa che cosa ne farà. Forse, le terrà solo per se. Ma in un modo o nell’altro resteranno per sempre tutte quelle parole che hanno un suono così commovente, quasi doloroso, a rileggerle oggi, che sappiamo com’è andata a finire:
«Sento di averti amato sempre, prima che tu nascessi, prima che tu fossi concepito. Vorrei darti i colori più belli e, per vederti dal basso, vorrei essere l’ombra delle tue scarpe che si allunga sul terreno sul quale cammini».
Frida Kahlo conobbe José Bartoli, un illustratore catalano bello e forte, che aveva combattuto per la Repubblica nella guerra civile spagnola e che era fuggito da un campo di concentramento nazista rifugiandosi in America, nell’agosto del ‘46, a New York, dove lei era ricoverata per l’ennesimo intervento alla spina dorsale, uno dei 32 a cui dovette sottoporsi dopo il terribile incidente sull’autobus che le frantumò il corpo da ragazzina, a 17 anni.
Frida era sposata con il famoso pittore di murales Diego Rivera, noto donnaiolo, che la incoraggiò e aiutò nell’arte, ma che la tradì, fra le altre, persino con la sorella Cristina. Il loro fu un rapporto tempestoso, divorziarono e nel 1940 ritornarono insieme.
Anche lei ebbe tante storie, come raccontano le voci di quegli anni lontani, da André Breton a Lev Trostsky, oltre a una passione omosessuale, con un’altra donna, la cantante Josephine Baker. Lui però, scriveva lei, è gelosissimo degli uomini. Dev’essere per questo che l’intensa storia d’amore con José Bartoli è così nascosta e un po’ faticosa, in quelle parole piene di sogni che l’accompagnano.
«Non so come faremo a risolvere le cose», scrive lei. «Sarò la tua casa, la tua madre, il tuo amore, il calore del tuo sangue, la consolazione dei tuoi timori, il tuo rifugio dal dolore e dalla tristezza, la madre dei tuoi figli che nasceranno e non nasceranno».
In realtà, non poteva avere figli, Frida, che aveva avuto una vita davvero travagliata, con la poliomelite a 6 anni e a 17 quell’incidente su un autobus finito contro un tram, nel quale era rimasta trafitta da un corrimano: per parecchio tempo fu costretta all’immobilità.
Durante il primo dei 32 interventi chirurgici a cui fu sttoposta cominciò a dipingere le sue prime tele, incoraggiata dalla famiglia. I genitori le avevano comprato un letto a baldacchino con uno specchio fissato in alto perchè lei potesse fare degli autoritratti.
Il padre era un ebreo, emigrato in Messico dall’Ungheria, pittore anche lui, che aveva sposato in seconde nozze una donna figlia di una messicana e di un indios. Dalla loro unione era nata lei, battezzata Frieda, che in tedesco significa ‘pace’.
Ma quando diventò adulta, la sua opposizione al nazismo la convinse a cancellare ogni traccia della Germania persino nel suo nome, che latinizzò in Frida.
Nonostante le sue sventure soprattutto fisiche, la Kahlo ebbe una vita passionale parecchio intensa e fu molto amata dagli uomini che conobbe.
José Bartoli (Josep Bartolì all’anagrafe) non la dimenticò mai. Il loro rapporto si spense senza un perché nel 1949, quando si esaurisce improvvisamente la loro corrispondenza. Ma lui conservò accuratamente tutto di quella storia, dalla prima lettera («Non so come si scrivono lettere d’amore») all’ultima, assieme ai cento piccoli oggetti che si erano scambiati nei loro incontri, in una cesta che i parenti ritrovarono dopo la sua morte, nel 1995, a 85 anni.
Frida era già andata via tanto tempo prima, nel 1954. Aveva 47 anni.
Nel suo interminabile calvario, le era appena stata amputata la gamba destra per una cancrena.
Nel diario era riuscita a trovare chissà dove dolci parole che conservano un senso quasi dolente a rileggerle adesso: «I piedi a cosa mi servono se ho le ali per volare?».
Solo prima di chiuderlo aveva ceduto alla verità: «Aspetto con ansia la mia dipartita. Non chiamatemi più».