Un pugno allo stomaco. Canzoni eccellenti, “Chiedi”, “La lista”, “Il cielo è degli angeli”, “Gesù”, “Vi assolverete mai”, per il grande ritorno di Renato Zero, con l’album “Alt”, nei negozi. E all’orizzonte due concerti, l’1 e 2 giugno, all’Arena di Verona. Per il grande cantautore, 65 anni, la coscienza civile deve “fare neri per dispetto” chi tradisce un elementare senso di umanità. Con ritmi incalzanti e una prova magistrale da interprete, Zero affronta la mala politica, la ferocia del web, il narcisismo maschile più becero, le derive della religione quando diventa intolleranza.
Zero, chi dovremmo “fare neri per dispetto”?
<Quelli che remano contro, che si fanno i propri affari dimenticando che siamo 60 milioni di persone. E ciascuno dovrebbe avere chance senza vincoli parenterali né raccomandazioni >.
Sì, però lei suggerisce “dieci comandamenti, ma i sindacati no!”
<Certo, almeno i comandamenti fanno capo a qualcuno che garantisce una stabilità emotiva, spirituale e spesso concede anche qualche miracolo. Mentre i sindacalisti che finiscono in parlamento sono uno scandalo. Ognuno faccia il proprio mestiere…>.
Lei è cambiato molto, visto che dice “non mi vergogno di me, l’alternativa non c’è”?
<Diciamo che ormai sono lontane le gavette e le cantine dove ho esordito. Oggi gli artisti hanno altre necessità: televisione, popolarità su web e un modo diverso di essere speculativi>.
Lei se le va a cercare, definisce i maschi “belli, robusti e inconcludenti”. Le sue amiche che dicono?
<Non lo so ancora ma credo che questa canzone, “La lista”, piacerà. Non le pare che voler sottomettere le donne, che sono emancipate e vivono di luce propria, sia un po’ anacronistico?>.
A cosa sta pensando?
<A quando in spiaggia gli uomini sfoderavano “tartarughe” da cantiere, da manovalanza. Oggi sono finti persino i pettorali>.
La trovo un po’ pasoliniano…
<E fa bene. Quando abbiamo fatto la mostra sulla mia carriera Pasolini aleggiava dappertutto. Avevamo sfumature diverse, ma abbiamo detto spesso le stesse cose. Eravamo molto d’accordo>.
Lei canta anche l’amicizia fra due ex innamorati. Ci crede davvero?
<Sarebbe una mossa intelligente, no? L’amore è come lo yogurt, ha una scadenza. Cercare di rinnovare la passione, arruffarsi con il tempo mi sembra un’impresa disperata. Sarebbe meglio, allora, modificare l’innamoramento, adeguarlo a mutamenti non solo estetici e anatomici ma mentali. I sentimenti hanno il pregio dell’eternità>.
Lei dice anche “eravamo incorruttibili noi, condottieri fantastici…”. Ma se ne abbiamo combinate di tutti i colori…
<Lei non crede che Giuseppe Garibaldi fosse molto meglio di Licio Gelli? La qualità di un’epoca si misura anche da chi hai di fronte. Una volta c’erano più esempi positivi. Oggi questi rubano, poi vanno a cena a rallegrarsi di aver fottuto gli onesti>.
E come la mette con la provocazione: c’è fermento fra i popoli qui, quale Dio accetterà così?
<Non ho mai letto di un Dio che suggerisce di distruggere il prossimo con guerre e privazioni. Nessuno può concepire guerre sante oggi>.
Lei evoca anche la sterminata “tribù di solitari e di romantici” che si fa tatuare. Che le prende?
<Mi guardi bene, sono il tatuaggio di me stesso. Renato Zero è la sovrapposizione di Renato Fiacchini. Il tatuaggio non è solo una prova d’inchiostro ma è imprimersi nella testa un pensiero. Lo è persino la cicatrice al ginocchio della partitella quando avevi undici anni o la botta in testa del camionista che ti ha sorpreso in piume di struzzo…>.
La crudeltà omofoba è un tema forte di questo album…
<… diciamo pure che nella mia vita ho avuti molto corpo a corpo con l’intolleranza. Però io sono ancora Zero e quelli che mi deridevano sono ancora a bocca aperta. Certo ho pagato quella che gli altri vedevano come una malattia. E malgrado abbia superato gli esami, ho avuto successo, la gente mi segue, davanti alla violenza che circola sul web, per cui una ragazzina viene mostrata per quello che poi non è, se arrivassi oggi dovrei ricominciare da capo. E fare i conti con l’azzeramento della decenza e del buon senso>.
Per gentile concessione de Il Secolo XIX (8.04.2016)