Dal 10 al 15 maggio al Teatro India ancora “arte” in scena con Ferdinando Bruni che ci fa entrare nell’atelier del pittore americano Mark Rothko. Così, dopo le memorie di Misia Sert, musa ispiratrice dei più importanti artisti e intellettuali della Belle Époque con Lucrezia Lante della Rovere, e il Michelangelo delle rime e delle lettere di Antonio Piovanelli, ecco un altro spettacolo dedicato all’arte, ROSSO, dal testo di John Logan, con regia, scene e costumi di Francesco Frongia, una produzione Teatro dell’Elfo.
La pièce è ispirata alla biografia del maestro dell’espressionismo astratto, Mark Rothko, che alla fine degli anni Cinquanta ottenne la più ricca commissione della storia dell’arte moderna, una serie di murali per il ristorante Four Season di New York. Puntando i riflettori proprio su quel periodo, Rosso mette in scena lo scontro tra generazioni di artisti: tra Rothko, un uomo maturo che fa i conti con se stesso, e Ken, giovane allievo alla ricerca di un “padre”. «Il figlio deve scacciare il padre. Rispettarlo, certo, ma anche ucciderlo» – sostiene Rothko ripercorrendo la propria storia – «Abbiamo distrutto il cubismo, io e de Kooning e Barnett Newman». Dopo due anni di lavoro febbrile per realizzare i dipinti murali, sarà inevitabilmente Ken a mettere in discussione il maestro in uno scontro teso e feroce che lo spinge alla scelta radicale (ma intimamente coerente) di disattendere gli impegni con il Four Season.
«Rothko afferma: “non sono un astrattista” e rifiutando una collocazione precisa nel mondo dell’arte apre una nuova strada in cui le classificazioni non valgono più. Chiede allo spettatore un nuovo approccio, non di vedere ma di immergersi nei suoi impasti, di farsi assorbire dai suoi colori. Sentirsi intrappolati, non trovare miti o simboli per descrivere la propria epoca sono pensieri che lo portano a sintetizzare i colori e la pittura sulla tela per creare superfici a cui affidarsi per meditare. Non importa se in modo laico o religioso. Perché Rothko accetta l’incarico dei quadri per decorare un ristorante? – annota il regista Francesco Frongia – Lui stesso si da molte risposte, ma nessuna davvero credibile e così, dopo un viaggio di mesi in Europa, quando torna rivede il suo lavoro e scrive: “per quell’epoca il luogo e lo spirito per cui erano stati creati erano ormai in funzione. Poi vidi la loro destinazione finale. Era ovvio che le due cose non erano fatte l’una per l’altra”. Rothko rinunciò all’incarico e restituì il denaro ricevuto per la commissione. Se ci fossero stati dubbi sulla sua buona fede quel gesto coraggioso li fugò tutti. Da quel giorno la sua opera divenne fondamentale per la nostra epoca. Rothko è anticonformista ma detesta gli anticonformismi di maniera. È anti-romantico, non assimilabile. Richiede pazienza e concentrazione. Si oppone alla mercificazione ma è cosciente del suo ruolo nel mercato. Sembra impenetrabile e distante ma richiede solo di cambiare punto di vista. È ascetico, profondo e non banale. Mentre John Logan ha il coraggio di essere enfatico. Scrive con precisione e descrive i personaggi con cura. I suoi dialoghi ti portano a vedere con esattezza lo stato d’animo necessario per affrontare la scena. All’interno di uno sviluppo tradizionale delle scene nasconde una profonda conoscenza del teatro di ricerca. Impone un lavoro di aderenza tra attore e personaggio, senza imporre limiti al lavoro di regia. Alla fine dello spettacolo niente sarà più come prima; ogni sera sarà diversa e ogni sera il Rosso allontanerà il nero, almeno per un po’».
Rosso negli Stati Uniti era stato un caso: dopo il successo al Golden Theater di Brodway e al Donmar Warehouse di Londra, si era aggiudicato 6 Tony Award nel 2010. John Logan è noto come sceneggiatore di molti capolavori cinematografici: dai film di Scorsese The Aviator (soggetto e sceneggiatura) e Hugo Cabret (nomination per l’Oscar 2012), a Sweeney Todd di Tim Burton fino agli ultimi due episodi di 007, Skyfall e Spectre (in uscita in autunno), diretti da Sam Mendes.
Markus Rothkowitz nasce a Dvinsk (Russia) nel 1903, da una famiglia di farmacisti. Pur conoscendo l’ebraico, a casa parlano russo. Dal 1910 la famiglia emigra a Portland in Oregon. Dopo la morte del padre nel 1914, Markus vende giornali per sopravvivere. A scuola non segue corsi di arte, ma all’epoca risalgono i primi schizzi. Nel 1921 con una borsa di studio inizia a frequentare Yale, ma l’abbandona e nel 1924 si trasferisce a NY per seguire un corso di disegno dal vero e poi uno di natura morta con Max Weber all’Arts Students League. Visita regolarmente il Met di NY. Inizia ad insegnare e dal 1929 frequenta la casa-atelier di Milton Avery, con Adolph Gottlieb. Nel 1932 incontra e sposa Edith Sachar, disegnatrice di gioielli. Nel 1933 alla Contemporary Arts Gallery di NY espone quindici dipinti e dieci opere su carta. Nel 1935 alla Montross Gallery di NY si tiene la prima mostra di “The Ten”, un gruppo di artisti tra cui lui e Gottlieb. Tre anni dopo apre “The Ten: Whitney Dissenters” alla Mercuries Galleries. Rothko scrive nel catalogo un testo polemico contro la politica museale del Whitney. Presto il gruppo si dividerà. Nel 1936 incontra Barnett Newman e pubblica lo Scribble Book, raccolta di scritti sullo sviluppo della creatività nei bambini. Cambia il suo nome in Mark Rothko. Comincia i dipinti a tema mitologico. Nel 1943 si separa da Edith. Conosce Clyfford Still a Berkeley. L’anno seguente espone alla “Art of This Century”, la galleria di Peggy Guggenheim. Conosce e sposa l’illustratrice di libri per bambini Mary Alice Beistle. Nel 1946 in un cottage a East Hampton dipinge le prime Multiforms. Tiene la sua prima importante personale da Betty Parsons nel 1947. Inizia la cosiddetta fase classica e nel 1950 viaggia in Europa per cinque mesi. Nel 1951 viene pubblicata su “Life” la foto degli Irascibles assieme a Pollock, Newman, de Kooning, Ad Reinhardt e altri. L’anno seguente espone al MOMA di NY nella collettiva Fifteen Americans, ma si rifiuta di partecipare al Whitney Annual. A Chicago apre Recent Paintings by Mark Rothko. Inizia ad esporre con Sidney Janis, gallerista di Pollock, Still, Newman e de Kooning, e fa la sua prima personale nel 1955. Nel 1958 gli commissionano i murali per il Seagram Building di NY. Assieme ad altri rappresenta gli Stati Uniti alla biennale veneziana. Nel 1959 dopo un secondo viaggio in Europa (tra cui l’Italia) abbandona il progetto dei “Seagram murals”. Nel 1960 viene allestita a Washington la prima “Rothko room”. Nel 1961 si apre al MOMA di NY la prima retrospettiva su Rothko, che ne cura maniacalmente ogni particolare. Rompe i legami con Janis, la sua gallerista, che ha esposto gli emergenti artisti pop. Nel 1964 ottiene la commissione per una serie di dipinti per una cappella a Houston, in Texas. Nel 1966 viaggia per la terza volta in Europa. Nel 1968 inizia a lavorare sui Black and Gray paintings. Nel 1969 si separa dalla moglie, da cui ha avuto due figli. Vive in modo spartano nel suo atelier sulla 69ima strada. L’Università di Yale gli conferisce la laurea honoris causa. Dona nove Seagram murals alla Tate Gallery di Londra.Il 25 febbraio 1970 si suicida nel suo studio. Un anno dopo si inaugura la Rothko Chapel a Houston.
Da oggi, 4 maggio (fino a esaurimento offerta), il Teatro India propone 20 biglietti in promozione a 10,00 € per il 10 e 11 maggio ore 21 e per il 12 maggio ore 19.
Per coloro che vogliono usufruire della promozione possono scrivere a: community@teatrodiroma.net
Dal 10 al 15 maggio al Teatro India
Rosso
di John Logan
traduzione di Matteo Colombo
regia, scene e costumi di Francesco Frongia
con Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaña
luci di Nando Frigerio
Produzione Teatro dell’Elfo
INFO TEATRO INDIA
Lungotevere Vittorio Gassman (già Lungotevere dei Papareschi) – Roma
Biglietteria Teatro di Roma: tel. 06.684.000.314/311 – www.teatrodiroma.net
Orari spettacolo:
martedì 10, mercoledì 11 e venerdì 13 maggio ore 21.00
giovedi 12, sabato 14 e domenica 15 maggio ore 19.00
Durata spettacolo: 90 minuti