Leggere “L’artista” di Barbara Shapiro è come leggere molti libri insieme.
Tutto comincia con uno scatolone, il “forziere del tesoro”, con il suo odore stantio di polvere e pittura vecchia, che racchiude opere che potrebbero essere di Pollock, Rothko, Krasner e de Kooning. Dietro i dipinti sono nascoste delle tele quadrate prodotte all’apparenza da un’unica mano. Secondo Danielle, che per la casa d’aste Christie’s si occupa di fare perizie sulle opere d’arte dell’espressionismo astratto, sono state realizzate nell’inequivocabile stile della sua prozia Alizée Benoit, sparita nel nulla alla fine nel 1941 senza lasciare alcuna traccia. Danielle cercherà di far luce su questa misteriosa scomparsa.
Il racconto della vita di Alizée Benoit (e quelle degli altri personaggi che si legano a lei) ipnotizza e cattura senza fatica fino all’ultima pagina, in un racconto avvincente denso di suspance come un romanzo giallo.
La penna della Shapiro fa vivere la storia degli artisti dell’espressionismo astratto, raccontati nel loro privato, da una prospettiva intima e vicina, prima che diventassero i mostri sacri dell’arte che tutti noi conosciamo. Pollock è solo Jack, con suoi i problemi legati all’alcolismo. Rothko è semplicemente Mark e nella narrazione instaura una relazione amorosa con Alizée. E Willem de Kooning è un amichevole Bill.
Sullo sfondo c’è la storia americana di quegli anni, in particolare la creazione della divisione dedicata all’arte delle WPA (Works Progress Administration*). C’è la solitudine e l’impotenza che porta alla follia. L’instabilità psicologica che spesso va a braccetto con l’ispirazione artistica. E poi l’orrore del Nazismo, gli anni terribili della II Guerra Mondiale, vista da lontano attraverso le lettere in arrivo dalla Francia della famiglia di Alizée.
Emerge anche il tema, tristemente attuale, dei profughi respinti che nel romanzo sono gli ebrei in fuga dall’Europa e dal Nazismo. Toccante il dolore di Alizée per il fallito tentativo di smuovere gli animi degli indifferenti, un dolore potente, che fa pensare a quello che sta accadendo oggi con le storie drammatiche dei profughi siriani e dei migranti nel Mediterraneo.
Un invito alla riflessione, oltre che una piacevole lettura.
«Li conoscevo bene, gli espressionisti astratti.
I loro primi quadri al pari delle ultime opere, le più famose.
Jackson Pollock prima della sgocciolatura, Mark Rothko prima dei blocchi di colore,
il periodo in cui Lee Krasner e Willem de Koonoing
si cimentavano nell’arte figurativa»
(Danielle)
«Prese alcune vecchie tele dalla sua pila di quadri non riusciti, tolse le opere a cui stava lavorando da cavalletti e davanzali e le sostituì con quelle, posate sul lato o capovolte. Afferrò la tavolozza, pennelli e tubetti e si immobilizzò,
respirando lentamente, cercando di evocare immagini.
Passò da una tela all’altra. Applicò del giallo su una.
Vortici verdi sull’altra. Viola. Rosso.
Ne gettò per terra una che non le diceva niente, vi dipinse una striscia rosa intenso, la buttò nuovamente per terra.
Dimenticò lo scorrere del tempo. Non esisteva nulla al di fuori delle tele»
(Alizeé).
Barbara A. Shapiro
L’artista
Traduzione di Massimo Ortelio
ISBN 978-88545-1240-5
Pagine 368
Euro 18,00
Editore: Neri Pozza
*Work Progress Administration: programma del New Deal per la creazione di nuovi posti di lavoro. Il progetto di impiego per gli artisti americani, il Fap (Federal Art Project), è una costola del Wpa