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Biennale – Padiglione della Repubblica Araba Siriana

A Palazzo Zenobio Stanza d’artista. Artisti siriani ed italiani in dialogo tra loro

UN PONTE TRA VENEZIA E DAMASCO  

 
YASSER HAMMOUD
, Illuminations 2, yellow, olio su tela, 420×140 cm

Nel sestriere Dorsoduro si erge uno degli edifici più nobili della città lagunare, Ca’ Zenobio. Aristocratico palazzo tardo-barocco, è stato costruito tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo su progetto di Antonio Gaspari, allievo del Longhena. E’ qui che, all’insegna delle influenze, della condivisione creativa e della convergenza intellettuale, la Repubblica Araba Siriana, invitata per la seconda volta alla Biennale di Venezia espone Stanza d’artista. La mostra vede a fianco del sofisticato realista siriano Issam Darwich e dell’informale Yasser Hammoud sei artisti italiani: Gastone Biggi, Salvatore Emblema, Sergio Lombardo, Concetto Pozzati, Turi Simeti e Franca Pisani. Con loro, il finlandese Hannu Palosuo che propone un’elegante installazione pittorica. La spiegazione di una così netta presenza di italiani nel padiglione sta nei fitti rapporti istituzionali che si sono venuti a creare tra Italia e Siria a partire dal 2008, anno della rassegna culturale intitolata Convergenze mediterranee, evento promosso dalla Farnesina in occasione delle manifestazioni “Damasco Capitale della cultura araba 2008”. In questo clima di comunione culturale ed intellettuale la Repubblica Araba Siriana “ha voluto sottolineare – spiega la curatrice Marzia Spatafora – la sua ammirazione per la nostra arte visiva, e con grande generosità ha aperto le porte di Palazzo Zenobio, detto anche degli Armeni, ad artisti italiani particolarmente apprezzati dal mondo culturale siriano”.

Si erge così, all’insegna della cultura, un ipotetico “ponte” fra Venezia e Damasco.

“Fra la città lagunare, protagonista, nei secoli, dei più intensi traffici con l’Oriente, e la capitale di uno stato che, con diverse vicende storiche, individua un’area geografica di somma valenza culturale, artistica e sociale” commenta Enzo Dall’Ara, altro curatore della mostra. Venezia, città sospesa fra terra e acqua, è simbolo eterno di nobiltà d’arte. Damasco, città eretta sul calore della terra, è caposaldo immortale nel “mare” umano delle radici culturali. Il titolo Stanza d’artista vuole personalizzare il lavoro di ogni espositore, unico ed unitario allo stesso tempo. Ad ogni artista è riservato uno spazio specifico, scandito da opere appartenenti ai personali percorsi espressivi

Se nella sua stanza Issam Darwich (Damasco, 1952) da voce ad una poetica della “presenza dell’assenza” con una netta figurazione estetica che propone, tramite stesure a olio su tela, la rappresentazione di vesti prive di reali presenze umane, ma capaci di rivelare la consistenza corporea di suggeriti tratti anatomici, per Yasser Hammoud (Tartous, Siria, 1963) è la luce a generare la forma. Quando è connessa con la propria conoscenza e individualità, la luce spegne la vista e accende l’intuizione per poter vedere nel buio. La sua opera Ishraqat (Illuminations)rappresental’anima della materia astratta, la dinamica dell’introspezione, il connubio di luce e colore nel sussulto dell’ombra. Il gesto operativo diviene sigla portante di un’astrazione informale che, con sviluppi curvilinei o rettilinei, paralleli o sovrapposti, intende seguire la pulsione interiore, conscia o inconscia, per una vibrante costruzione formale, capace di esprimere i contenuti reconditi dell’elaborazione artistica.

 

 
 
HISSAM DARWICH, Presenza dell’assenza 1, olio su tela, 100×100 cm
 
“La statura di un artista è interconnessa con la sua abilità a immaginare e credere nella propria percezione, sensibile e intellegibile” spiega l’artista. “All’inizio io ero influenzato dai primi impressionisti per la loro comprensione e la loro passione per la Luce; sono stati i miei mentori, a livello tecnico, fino a quando non ho iniziato il mio ultimo esperimento, ovvero quando la Luce è stata infusa di sottintesi divini, sufisti, poetici e musicali, che costituiscono un linguaggio universale. Trovo che il mondo sia abbastanza piccolo da entrare nell’atelier di ogni artista che si sia riconciliato con sé stesso”. Dal misticismo sufi ad un richiamo ad uno dei padri del pensiero occidentale: Archimede. Datemi un punto d’appoggio e vi dipingerò il mondo, è il contributo di Gastone Biggi (Roma, 1925) al padiglione siriano. Il rigore sembra essere il suo assioma, il segno è deciso, quasi solenne, i colori sono i non colori della mente: il grigio, il nero, il bianco. I suoi punti “continui” riempiono ossessivamente le tele creando un effetto di ordine matematico, ma musicale allo stesso tempo. L’artista mette a confronto i suoi famosi Continui con le più recenti Puntocromie, un’evoluzione dello stesso lavoro, visto con una chiave di lettura più aderente alla realtà odierna. Nel 1962 Biggi ha fondato insieme a Carrino, Frascà, Pace, Santoro e Uncini, il famoso Gruppo Uno. Una serie di viaggi lo hanno portato in seguito ad una dimensione più internazionale.

 
 
 GASTONE BIGGI, Canto doganale 2009, industrial paint su tela, 200×200 cm
 
La poetica della luce ritorna nell’opera di Salvatore Emblema (Terzigno, Napoli, 1929 – 2006), Detessere la tela. La sua è una scoperta di una dimensione “altra”. Le trame del tessuto messe in evidenza e i costruttivi connubi di luce, ombra e colore sollecitano lo spirito a posarsi e riflettere sui mutevoli risultati ottici. “Ce l’abbiamo fatta! Sei riuscito a rendere partecipe di vita lo spazio dietro il quadro!” scrisse  di lui Giulio Carlo Argan. Le tele detessute, attestate in mostra da creazioni risalenti agli anni Sessanta e ai periodi successivi, testimoniano la conquista interiore raggiunta dall’artista. Rigore matematico invece nelle Mappe stocastiche di Sergio Lombardo (Roma, 1939). “Forme complesse senza senso, create da esclusive procedure matematiche” spiega l’artista che svolge una profonda e meditata indagine sulla struttura architettonica della superficie pittorica e su impianti compositivi che armonizzano la scansione geometrica e cromatica di tarsie apparentemente astratte.
 
SALVATORE EMBLEMA, Azzurro, 1979, terra colorata su tela detessuta, 200×180 cm SERGIO LOMBARDO, Pittura stocastica, olio su tela, 300×100 cm
 
La riflessione e la ricerca su possibili rapporti spazio temporali e gli accordi di luce ed ombre caratterizza le opere esposte nella  stanzaRitmi, accordi e sequenze per una ‘pittura’ dello spazio”di Turi Simeti (Alcamo, 1929).A un’opera storica risalente agli anni Sessanta, dove la luce del bianco esalta il concetto della purezza, si affiancano dipinti recenti, elaborati su cromie rosse, da cui scaturisce la percezione dell’esistenza. Meditate “estroflessioni” sagomate donano vibrazioni tattili e ottiche che interagiscono sapientemente con la direzione della sorgente luminosa. Per la quinta volta alla Biennale di Venezia, Concetto Pozzati (Vò di Padova, 1935) stabilisce un contatto fisico e mentale con un “Tempo sospeso”, titolo del ciclo pittorico esposto nel Padiglione. Soffermandosi sul “qui”, lo spirito creante vibra sul ritmo della memoria, sull’anima del tempo, sulla percezione della voce di un orologio fermo.
 
 
TURI SIMETI
, Tre ovali color cielo, 2008, acrilico su tela sagomata 200x140cm

 
Una tematica ricorrente quale può essere la composizione floreale può risultare di assoluta attualità. Ce ne da una prova None of them is the truth del finlandese, di cultura e formazione italiana, Hannu Palosuo (Helsinki,1966). La sua installazione pittorica modulare ricopre l’intero spazio a lui dedicato nell’intento di “inghiottire” lo spettatore nell’opera. Sull’evocazione della memoria e del ricordo, l’artista erge a protagonista dei dipinti il fiore, elaborato su due toni cromatici contrapposti ma concordanti, per evidenziare il positivo e il negativo dell’immagine. La sua presenza e il suo vuoto. Nel giardino di Palazzo Cà Zenobio  si integrano con una natura lussureggiante le sculture monumentali di Franca Pisani (Firenze, 1956). Il Giardino delle Forme è un intervento composto da una scultura in bronzo, Animaprimitiva, e da un’installazione polimaterica, La macchina del tempo. “Anima Primitiva” è un’opera in bronzo tridimensionale nella quale ogni faccia rappresenta un aspetto diverso della sensibilità umana. “Il passato” è inteso come il percorso che ha determinato la nostra essenza attuale. La “contemplazione meditativa” si nasconde nel luogo più segreto del nostro animo e determina i nostri mutamenti e la nostra crescita. Il terzo lato rappresenta “l’aggressività”, caratteristica che purtroppo è maledettamente attuale nel nostro quotidiano. La Macchina del Tempo, maestosa opera in terracotta,  indaga invece il senso del tempo e l’inesorabile scandire delle ore. Attraverso il suo elemento, la sabbia, ci fa riflettere sulla caducità dei nostri affanni offrendo allo spettatore la sorpresa di un mero squarcio di pura luce.
 
 
HANNU PALOSUO
, None of them is the truth, 2008-9, installazione in olio su tela, dimensione ambientale
 
Stanza d’artista mostra una coscienza artistica che assume una dimensione planetaria. Pur nel rispetto delle radici originarie, le antiche differenze geografiche si affievoliscono e gli stili e i lessici dei diversi artisti si intersecano tra loro. Darwich e Hammoud, consapevoli delle loro eccelse tradizioni culturali, interagiscono con correnti e movimenti esogeni, al pari degli autori italiani che abbracciano sollecitazioni provenienti da fulcri di evolutiva modernità.  
 
 
Informazioni utili:
53. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Padiglione della Repubblica Araba Siriana
Stanza d’artista
A cura di Marzia Spatafora e Enzo Dall’Ara, Commissario Christian Maretti
Sede Ca’ Zenobio – Dorsoduro 2596, Venezia
7 giugno – 22 novembre 2009
Da martedì a domenica 10–18. Chiuso lunedì.
vaporetto linea 2, fermata San Basilio 
Catalogo Christian Maretti Editore

 

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