Presso la Galleria Tega di Milano, dal 22 marzo al 5 maggio, sono esposte oltre quindici opere appartenenti alle produzioni di Lucio Fontana (1899-1968), Alberto Burri (1915-1995), Enrico Castellani (1930) e Piotr Uklański (1968).
Il fil rouge (et noir) della mostra è proprio il rapporto tra i due colori e il suo diversificarsi all’interno delle produzioni dei quattro artisti esposti. È lo stesso titolo dell’esposizione, “Il Rosso e il Nero”, a sottolineare l’importanza di questa dualità cromatica e nel farlo cita l’omonimo romanzo di Stendhal del 1830.
Non è un caso forse trovare tra le prime opere inauguranti il percorso un teatrino di Fontana. Rifiutando la sterile contrapposizione tradizionalmente politica tra i due colori, può essere utile servirsi di un’analogia proprio con il mondo del teatro per comprendere lo stretto sodalizio tra rosso e nero apparentemente incompatibili. I numerosi dipinti e le sculture presenti in mostra finiscono infatti con l’assumere le sembianze di un palcoscenico immaginario per chi le osserva. Va in scena l’arte del dopoguerra con protagonisti il nero del fondale e il rosso del sipario che lo incornicia.
Come un boule che corre lungo la circonferenza della roulette e sfiora alternativamente i numeri rossi e neri, lo sguardo di chi osserva le opere in mostra è attratto ora da un cupo cretto di Burri, ora dai dipinti di Castellani. Soffermandosi sulle diverse tecniche si colgono invece i differenti approccio alla questione cromatica dei quattro artisti. Se nella serie dedicata ai suoi celebri tagli Fontana esalta la tela rossa rispetto al fondo nero che emerge dalle feritoie, nelle sculture predilige le colorazioni scure. Diversa è invece la pura monocromia scelta da Castellani come proprio motore creativo, nelle estroflessioni si serve alternativamente di entrambi i colori, senza contaminarli però l’uno con l’altro.
In nessun artista in mostra come in Burri i due colori riescono a vivere un così indissolubile legame. Un esempio è “Cellotex” (1980), l’opera, memore della cifra stilistica di Fontana, appare come una fiamma vermiglia che annienta l’oscurità della tela. Ben più profondo è rapporto tra rosso e nero nelle Plastiche dell’artista (non presenti in mostra), dove la coppia di colori è legata a doppio filo sia nel contrasto ottenuto dal lavoro finale, sia nell’uso della fiamma per l’atto creativo. Non è forse immediata l’associazione del colore rosso allo scoppiettare del fuoco? E il nero non è forse traccia di una combustione avvenuta?
Un binomio, quello cromatico, che può essere applicato a molti artisti dello scorso secolo, dai rossi di Bonalumi al nero di Malevič, dalle campiture di Rothko e al rosso prigioniero della griglie di Mondrian. La Galleria Tega sceglie invece di proporre al fianco dei mostri sacri del dopoguerra un giovane pittore del panorama contemporaneo internazionale: Piotr Uklański. Recentemente scelto anche all’interno della collettiva ospitata dalla GAM “La finestra sul cortile”, il pittore polacco torna a Milano ospitato dalle sale della galleria di via Senato. I suoi lavori di grandi dimensioni su sfondo bianco, della serie “Bloodworks”, sono caratterizzati da un’intensa pioggia di pittura rossa e nera che avvolge interamente l’osservatore e lo invita ad entrare in profonda empatia con il tema della morte e del sangue versato, conseguenze fatali della violenza armata.
Informazioni utili
Galleria Tega: “Il Rosso e il Nero”,
Milano, dal 22 marzo al 5 maggio 2017, dal lunedì al sabato.