Sulla cima del colle Quirinale è possibile ammirare uno dei massimi capolavori architettonici del Barocco romano realizzato da uno dei più straordinari architetti dell’epoca: Francesco Borromini. Tutto ebbe inizio con il desiderio della comunità dei Padri Trinitari Spagnoli di effettuare un degno restauro della loro chiesa, una piccola cappella dedicata alla Ss. Trinità e a San Carlo Borromeo, posta tra l’antica via Pia (oggi via del Quirinale) e l’asse della strada Felice (oggi via delle Quattro Fontane).
Fu così che nel 1634 la scelta ricadde su Borromini, architetto già noto anche se ancora giovane – aveva 35 anni di età – particolarmente desideroso di iniziare ad esprimersi come progettista autonomo, tanto da offrire gratuitamente i suoi servigi. La realizzazione del nuovo complesso non era semplice, poiché l’esistenza stessa della chiesa e il poco spazio a disposizione rappresentarono per Borromini un’ardua sfida. Ma grazie alla sua innata genialità, il risultato fu in grado di superare le iniziali aspettative, anche se i lavori si protrassero per molto tempo. Fu infatti la sua prima committenza indipendente, ma diventò anche l’ultima, visto che fu portata a termine solo dopo la sua morte. Prima di tutto Borromini si dedicò alla costruzione del convento posto proprio accanto alla chiesa e del chiostro, per il quale scelse una pianta ottagonale allungata. A partire dal 1638 iniziarono invece i lavori nella chiesa vera e propria: prima all’interno e poi da ultimo la facciata, completata dal nipote Bernardo nel 1670, tre anni dopo la morte del maestro, avvenuta nel 1667.
Impossibile non rimanere incantati davanti alla sua serie di linee ondulate, concave e convesse, disposte su ben due ordini. La facciata è poi impreziosita da statue di angeli e dei santi Carlo Borromeo, Giovanni de Matha e Felice di Valois, fondatore dei Trinitari. Accanto alla facciata, svetta in tutta la sua eleganza il piccolo campanile caratterizzato da coppie di colonne e dalla cuspide a pagoda, tratto caratteristico dell’architettura borrominiana. L’interno della chiesa si presenta raccolto ma molto elaborato: colonne disposte ritmicamente lungo le pareti a delimitare nicchie con statue ed altari, fino alla trabeazione. Ma è alzando gli occhi che arriva la meraviglia: la cupola ovale con disegno a cassettoni ottagonali e cruciformi, si apre su un piccolo lanternino con finestre su ciascun lato. E’ così che Borromini riuscì a esaltare la luminosità prodotta dell’uniforme colorazione bianca dell’edificio. Al di sotto della chiesa, vi è poi la cripta caratterizzata dallo stesso impianto planimetrico, con due cappelle laterali, una delle quali verosimilmente doveva essere destinata a Borromini stesso come luogo di sepoltura, ma essendo morto suicida – nonostante il pentimento – i Trinitari non concessero la sua deposizione, che fu quindi posta nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, proprio accanto a quella dello zio, il celebre architetto Carlo Maderno.
Davanti a tutto questo splendore, ci si dimentica completamente della dimensione assai ridotta dell’edificio, che è molto piccolo: è stata infatti ingegnosamente realizzata con le stesse dimensioni di uno dei pilastri della cupola di San Pietro. In questa chiesa Borromini seppe magistralmente modulare e plasmare alte e slanciate pareti ondeggianti volte ovviamente a costituire plasticità e dinamismo all’edificio, principio alla base del Barocco romano. Ed è per tutto questo che la piccola ma potente chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane è assolutamente da considerarsi uno dei più alti esempi dell’architettura italiana del 1600.
Approfondimento a cura di L’Asino d’Oro Associazione Culturale che organizza visite guidate e passeggiate per andare alla scoperta di Roma con archeologi e guide turistiche abilitate della Provincia.