Clamorose scoperte a conclusione dell’intervento dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sull’affresco custodito nel Museo Civico di Sansepolcro. Presentazione ufficiale al pubblico sabato 24 marzo
Resurrezione. Dopo tre anni di restauri, torna a splendere il capolavoro eseguito tra il 1450 e il 1463 da Piero della Francesca e custodito nel Museo Civico di Sansepolcro. Preceduto da un’accurata serie di indagini diagnostiche, e reso accessibile ai visitatori in progress, l’intervento è stato realizzato da Paola Ilaria Mariotti e Umberto Senserini sotto la direzione scientifica di Cecilia Frosinini, direttore del settore Restauro pitture murali dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Un’operazione delicata e complessa, che accanto ai contributi pubblici si è avvalsa della generosità di un mecenate privato, l’ex manager della Buitoni Aldo Osti. Lo stato di deterioramento dell’opera era arrivato a minacciare la stessa pellicola pittorica: pertanto, dopo aver rimosso i materiali di accumulo stratificatisi nel corso dei secoli (e svelando così alcuni dettagli paesaggistici prima visibili solo nelle foto a infrarosso), i restauratori si sono impegnati ad arrestare i danni che, in prospettiva, avrebbero potuto essere procurati dai fenomeni di solfatazione e distacco degli intonaci.
Due le novità più significative emerse in occasione della pulitura: pur in assenza di documenti d’archivio, la prima sembra avvalorare l’ipotesi che la Resurrezione, probabilmente già nei primi cinquant’anni dall’esecuzione, sia stata rimossa dalla sua collocazione originaria per essere trasferita sul muro attuale utilizzando un trasporto a massello, ovvero tagliando un pezzo di parete e trasportandolo su un telaio. Un “trasloco” impegnativo che, in ogni caso, farebbe supporre una collocazione non troppo distante all’interno del Palazzo del governo o, addirittura, su un’altra parete della stessa Sala dei Conservatori. L’altra scoperta conferma il fatto che l’affresco… non è un affresco, ma una “tecnica mista”, in cui Piero avrebbe sperimentato, mescolando parti a secco e a fresco, con pigmenti tipici della tempera come il cinabro, la lacca rossa, la malachite, la biacca, e altri invece propri dell’affresco, come le ocre, le terre naturali, i silicati, “forse – ipotizzano i restauratori – per ottenere effetti pittorici più vicini alla tavola”. Presentazione ufficiale al pubblico sabato 24 marzo.
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Anita Pepe