“Colosseo, venditori ambulanti fuggono dai controlli e vengono investiti”, questo il titolo apparso lunedì scorso sul Messaggero. Sembrerebbe che i due ambulanti del Bangladesh stessero fuggendo dopo aver visto una pattuglia dei vigili: sarebbero sbucati all’improvviso su via Vibenna. Il conducente dell’auto, un 54enne, non sarebbe riuscito ad evitarli, il più grave è stato trasportato in ospedale in codice rosso l’altro in codice giallo.
Ma questa è solo l’ultima delle notizie che vede tristemente protagonista il Colosseo, oggetto, da mesi, di roventi polemiche. Appena lo scorso 17 gennaio la Uil Beni Culturali aveva ritirato l’esposto presentato a magistratura e Corte dei Conti sul contratto di sponsorizzazione dell’Anfiteatro Flavio firmato dal ministro dei Beni Culturali con il patron della Tod’s Diego Della Valle. Infatti, sul restauro è stata aperta un’inchiesta della Procura di Roma che ipotizza il reato di abuso d’ufficio. E anche dal Codacons è arrivato un passo indietro: l’associazione ha notificato al TAR un atto di motivi aggiunti con istanza di convocazione delle parti per un tentativo di conciliazione. Si metterebbe fine, dunque, ai ricorsi e controricorsi verso l’affidamento del restauro a Diego Della Valle.
Tuttavia, la Uil, in una lettera spedita ai magistrati della procura e della Corte dei Conti parla di aggressione mediatica: “l’attenzione dei media nonché di soggetti istituzionali, che invece di valutare i profili di legittimità di un accordo che a tutt’oggi continua a non essere pubblico, hanno scatenato un vero e proprio attacco nei confronti della Uil Beni e Attività Culturali sostenendo che la tesi che il restauro del Colosseo fosse bloccato dalla nostra iniziativa”. Nella lettera il sindacato torna anche a denunciare la presenza di “risorse non spese” di cui disporrebbero la Soprintendenza speciale per l’archeologia di Roma (“ben 82.7 milioni di euro”) nonché il Ministero.
In verità, le espresse volontà di un accordo, seguono alla caduta di altri due frammenti del Colosseo (14 gennaio) dopo l’allarme di Natale per la caduta di tufo da uno dei prospetti esterni, e alle dichiarazioni del sovrintendente dei Beni Culturali di Roma, Umberto Broccoli: “…anche se non è grave, ciò dimostra che i lavori sono indifferibili”. Non di meno, hanno pesato le dichiarazioni di Diego Della Valle: “Sono amareggiato per questa piccola operazione di cabotaggio cittadino. Credo che dietro ci sia una regia”. Il 12 gennaio il patron del gruppo Tod’s durante l’incontro con il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, aveva manifestato l’intenzione di rinunciare ma il ministro ha chiesto all’imprenditore di aspettare.
In proposito, la posizione di Ornaghi è molto chiara, come si legge in una nota ministeriale: “È convinzione del ministro che il buon esito dell’iniziativa, la quale vede per la prima volta affiancati pubblico e privato in una così importante operazione di tutela e valorizzazione di un bene culturale straordinario qual è il Colosseo, sia significativa e paradigmatica in una fase in cui il Paese intende rilanciare fattori e motivazioni del proprio sviluppo”.
Per quanto riguarda gli 82 milioni che, secondo la Uil Beni Culturali, giacerebbero nelle casse della Soprintendenza archeologica di Roma, precisa il ministro in una intervista rilasciata al Corriere della Sera: “60 milioni sono già impegnati in contratti conclusi. C’è la spesa corrente annuale per tutta Roma, non solo per il Colosseo. Esisterebbero altri progetti per un valore di 40 milioni che non sarà possibile finanziare. Questa è la verità”.
Ornaghi non glissa neanche su Pompei: “Gran parte degli scavi, lo ricordo, sono in buone condizioni e tutelati da personale appassionato. Oro sono in arrivo, come si sa, 105 milioni di euro dell’Unione Europea”. Mentre sul capitolo Grande Brera, impresa da 150 milioni di euro, ad oggi ferma, puntualizza: ”Come milanese non riesco a capacitarmi come da 35 anni se ne parli senza approdare a soluzioni. Esiste il protocollo politico del luglio 2010 e da lì ripartiremo; provando anche qui ad attuare un modello paradigmatico di collaborazione fra istituzioni e privati”.
Insomma, sembra proprio che il ministro sia deciso a sciogliere, una volta per tutte, l’obbligo costituzionale della tutela affidata allo Stato, in vista di una cooperazione con il mondo dei privati. Era ora.