Arte in Campania, rinascita mancata
Si è conclusa la mostra “Lo stato dell’Arte/Regione Campania”, iniziativa promossa dal Padiglione Italia della 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2011, allestita nel ex Tabacchificio Centola di Pontecagnano-Faiano. Esposizione che ha scatenato una lunga quanto meritata scia di polemiche.
In effetti, già l’ideatore e curatore Vittorio Sgarbi nella presentazione dell’evento “rifiutato” da Napoli, dopo aver affermato che “la presenza a Pontecagnano è equivalente a quella di Venezia e talvolta ha più motivato titolo per considerazioni estetiche che prescindono dalle indicazioni di uno scrittore, di un poeta, di un regista, di un filosofo, eletto a patrono, come accade a Venezia; una commissione, aperta anche con efficaci segnalazioni di provenienza regionale, ha proposto gli artisti che io ho osservato con grande interesse e selezionato, spero efficacemente e rispettosamente, per questa 54ª Edizione della Biennale di Venezia”, ha in seguito sottolineato che “varie presenze non rientravano” nella sua visione dell’arte buona ma “erano da considerarsi un superamento del personalismo nelle scelte”. Fatto, questo, a dir poco opinabile, anche se il critico intendeva non assumersi responsabilità che invero gli spettavano.
Come puntualmente riportato da Carlo Roberto Sciascia sulle pagine del settimanale il caffè: “La qualità delle opere scelte lascia molto a desiderare sia per originalità, sia per stile; inoltre, l’elenco dei “prescelti” è cresciuto a causa di continue indicazioni di artisti non presenti nel gruppo iniziale, che scalpitavano per entrare e hanno usato il deprecabile metodo delle continue pressioni. Anche il Sindaco di Pontecagnano, Ernesto Sica, certamente soddisfatto per aver accentrato l’attenzione di tutta l’Italia, del mondo, e particolarmente della Campania sulla sua città e sul complesso realizzato e messo a disposizione, ha delle responsabilità su quanto è stato offerto ai visitatori avendo suggerito, come appare evidente, la scelta di artisti locali, decisamente di livello mediocre”.
Davvero un peccato, perché l’idea di delocalizzare le mostre dando il via ad esposizioni periferiche nelle regioni italiane, con l’intento di realizzare una mappatura dell’arte contemporanea del Belpaese e valorizzare il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, non era niente male. Tuttavia, fatta eccezione per pochi artisti (Stelio Maria Martini, Giuseppe Pirozzi, Angelo Casciello, Fabio Donato, Pietro Lista), il crogiolo di artisti campani, di livello alto e di respiro internazionale, difficilmente potrebbe identificarsi con quanto proposto nella kermesse.
Forse, i campani, napoletani in testa, non hanno capito la grande opportunità offerta loro da Vittorio Sgarbi. Hanno preferito sprecarla con le solite raccomandazioni e imposizioni, con il partecipare a tutti i costi senza considerare il rischio di abbassare il livello delle proposte, di affossare il progetto e tutta la Campania dando ragione a quanti ghettizzano la regione dichiarandola incapace di porsi nel giusto modo di fronte al resto dell’Italia e al mondo.
Sembra di rivivere una vecchia storia: solo coloro, che abbandonano la loro terra e cercano fortuna in altri territori, possono sperare di affacciarsi nel mondo dell’arte internazionale; chi rimane in loco è destinato a proseguire nelle diatribe tra artisti e critici e a pavoneggiarsi per qualche esposizione, sprecando di fatto le proprie capacità spesso notevoli.