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Spaesamento metafisico. René Magritte e il mistero delle cose, a Lugano

Magritte ea Lugano Magritte ea Lugano
Magritte ea Lugano
Magritte a Lugano

Il MASI-LAC di Lugano ripercorre tutta la carriera del grande artista belga, René Magritte, attraverso più di novanta opere, tra dipinti, fotografie e documenti in una vasta esposizione curata da Xavier Canonne. Titolo della mostra: La ligne de vie, omonimo titolo di una conferenza che il surrealista tenne ad Anversa nel 1938. In questa occasione, per la prima volta, l’artista rivelò la nascita e l’evoluzione della sua opera, le tecniche e i maestri ai quali aveva guardato con grande interesse e ammirazione. Nelle opere esposte si avvertono, infatti, le atmosfere metafisiche di Giorgio De Chirico e i folli voli di Max Ernst. L’esposizione non si limita ad esporre le opere realizzate fino al 1938, ma segue tutto il percorso artistico di Magritte fino agli ultimi anni della sua vita. Artista dalla straordinaria inventiva e leggerezza poetica, dagli esordi quasi futuristi Magritte giunge negli anni Venti al Surrealismo. Attraverso lo spaesamento metafisico degli oggetti, Magritte smaschera divertito il mistero insito nel mondo e nelle cose. Ed ecco comparire sulle sue tele rocce mastodontiche e volanti, sulla cui sommità svettano minuti castelli, creature zoomorfe dai caratteri antropomorfi, grandi occhi blu che si incontrano nei luoghi più impensabili quasi a significare uno sguardo attonito sull’inconscio.

Magritte a Lugano
Magritte a Lugano

L’artista a poco poco scardina in modo spiazzante i confini tra opera d’arte, realtà e sogno sfumando nella surrealtà. Negli anni Trenta compaiono le sue celebri peintures-mots in cui Magritte mette in scena il rapporto del tutto arbitrario tra significante e significato, come del tutto arbitrario è il nesso tra le opere e i loro titoli.Il rapporto tra parola e oggetto è messo in dubbio a causa della presenza del loro inevitabile intermediario, l’immagine. Questo è ciò che accade nella celebre Ceci n’est pas une pipe, opera in cui l’artista coniuga immagine e scrittura attraverso una scioccante ma logica visione della realtà: non è certo una pipa quella dipinta sulla tela, ma l’immagine di una pipa!Perplesso, il fruitore si trova costretto ad osservare il mondo da una nuova prospettiva. Ogni certezza viene ribaltata e scanzonata dall’ottica onirica. Tutto può accadere nel sogno, così come nella realtà. Inevitabile, a questo punto, l’intromissione della realtà esterna nella tela: la musica, per esempio, può assumere la forma di un uccello o di uomo fatto di note musicali. Per sottrarre gli oggetti comuni alla banalità del quotidiano, Magritte sperimenta pietrificazioni, ingrandimenti, mancanza di gravità, ossimori visivi… ed ecco alberi altissimi, esseri umani minuscoli, mele gigantesche, che occupano addirittura intere stanze, escludendo la possibilità che l’uomo le abiti. Sembra che nelle stanze di Magritte non ci sia più spazio per l’essere umano.

L’uomo non possiede più né parole né cose, è in balìa della surrealtà, del nonsense. Persino i personaggi ritratti si ritrovano immobilizzati in una fissità metafisica; e questo fa sì che l’osservatore si senta osservato dall’opera. Lo sguardo sulla realtà, quasi fotografico seppur trasognante, coglie eterni contrasti: la compresenza del giorno e della notte, del passato e del futuro. Tutto è immobile, tutto coesiste. Si avverte un silenzio sospeso al di là dello spazio e del tempo. Solo le nuvole bianche corrono spensierate sullo sfondo di un cielo azzurro e sereno. Solo le nuvole, bianchi sbuffi della fantasia, ricordano il movimento e lo scorrere del tempo in una leggerezza poetica che si avverte come perduta e lontana.

Magritte a Lugano
Magritte a Lugano

La fine degli anni Trenta è un periodo caratterizzato dalla ricerca delle affinità elettive tra gli oggetti della realtà quotidiana: l’uovo e l’uccello, l’albero e la foglia, la scarpa e il piede. “Mi si è svelato un nuovo sorprendente segreto poetico, perché lo shock è causato proprio dall’affinità di due oggetti – la gabbia e l’uovo – mentre in precedenza lo stesso shock era causato dall’incontro di oggetti estranei tra di loro”. Nasce dunque un’analisi della realtà volta a scovare e a svelare le misteriose corrispondenze dell’universo. Celebre l’immagine di un paio di stivali, la cui punta assume a tutti gli effetti le sembianze delle dita dei piedi. Magritte si diverte a cercare la chiave di lettura del grande enigma proponendo impensate soluzioni.

Magritte
René Magritte, Le Grand Siècle, 1954, olio su tela, 50 x 60 cm, Kunstmuseum Gelsenkirchen © 2018 Prolitteris, Zurich

Durante il suo percorso artistico, René Magritte capì che per poter cogliere la misteriosa essenza del reale, era necessario decontestualizzare gli oggetti familiari. Solo nella libertà spiazzante del mondo onirico rivendicato dalle cose ordinarie,l’artista avrebbe potuto cogliere la natura proprie delle cose. D’altronde “il Surrealismo rivendica per lo stato di veglia una libertà simile a quella che abbiamo nel sogno”.

Magritte a Lugano
Magritte a Lugano

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