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Mario De Biasi. Giappone

Mario De Biasi, Kyoto, 1970, 24,5x30

Un passo avanti e uno indietro

Mario De Biasi, Kyoto, 1970, 24,5x30


9 maggio – 28 luglio 2012, Galleria 70,  Milano

 

C’è un paese, il Giappone, che ha fatto di tradizione e innovazione la sua bandiera. La Galleria 70 di Milano, con la mostra Mario De Biasi. Il Giappone che cambiava in corso  fino al 28 luglio, ci racconta questa storia di contrasti.

E’ il 1875 quando Madame Monet viene ritratta mentre si pavoneggia in un kimono rosso molto ampio, impreziosito da disegni orientali, i capelli raccolti nella tradizionale acconciatura giapponese “icho gaeshi”, mentre sullo sfondo, appesi al muro, si stagliano ventagli nipponici dai colori tenui.  Un secolo più tardi, nel 1980, Mario De Biasi immortala un giapponese rockabilly con l’immancabile giubbotto di pelle e ciuffo alla Elvis, mentre si specchia nei suoi Ray-Ban ultimo modello. Alla fine dell’Ottocento gli europei giocavano a travestirsi da giapponesi, ammaliati da una cultura “altra” ricca di suggestioni. Più di un secolo dopo, quasi per ironia della sorte, accade il contrario.

Questo bizzarro “scambio di ruoli” viene smascherato da De Biasi – celebre fotografo insignito nel 2003 del titolo di Maestro della Fotografia Italiana- in 28 scatti. Queste immagini, frutto di quattro reportage che il “milanese d’ adozione” realizzò per Epoca dalla fine degli anni ’50 agli inizi degli anni ’80 in terra nipponica, sbirciano, si intrufolano in punta di piedi nell’intimità di chi viveva, mangiava e dormiva, quasi senza accorgersene, con il cambiamento incessante di quel periodo.

Un Giappone che si rialza con dignità dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale con la laboriosa meticolosità di un “ciabattino di strada”. Un Giappone “modello per i paesi in via di sviluppo”, come lo definiscono gli Americani negli anni ’50, additandolo ad esempio. Un Giappone etichettato invece  negli anni ’70 come“fast rising power” dagli stessi statunitensi, intimoriti da quello che, nel giro di poco più di un decennio, si era trasformato da fragile stato in via di ricostruzione a padre di Sony e Toyota.

Eccolo lì, sussurrato dal diario di immagini di De Biasi, il segreto del successo: è negli occhi di due affascinanti geisha, nelle mani di una mamma che imbocca con le bacchette il figlio alla stazione, nei lustrini di una danzatrice eccentrica, nella taciturna geometria di una casa di Kyoto. E’ nella vita quotidiana, pubblica e privata, di un popolo che, per non piegarsi al colonialismo, ha accettato la sfida della modernizzazione a testa alta: per adeguarsi al materialismo occidentale non ha distrutto l’ikebana, il kimono, l’haiku e la cerimonia del té, ma ha semplicemente fatto un po’ di spazio a quella novità straniera. In bilico tra due opposti atteggiamenti verso l’Altro, kaikoku (apertura) e sakoku (chiusura), la ricetta del progresso giapponese ha saputo coniugare la conservazione dei propri valori (wakon), con l’importazione massiccia di tecnologia occidentale (yo sai).

Questo ossimoro è tangibile negli scatti in bianco e nero di De Biasi che non si limita  a mostrare palesemente la simbiosi tra modernità e tradizione, ma ci suggerisce il tema della “convivenza dei contrasti” anche nella costruzione stessa delle sue foto. Così ai ritratti (il volto sornione dell’anziano Kenzo Tange o la pudicizia di una giovane donna nuda che nasconde il sesso con le mani), si contrappongono le grandi adunate di fronte al tempio di Asakusa o in occasione di un incontro di sumo. Alle immagini di porte scorrevoli delle case tradizionali, che rendono più ariosa l’intera dimora e incorniciano la natura fuori l’abitazione,  si oppongono i “capsula hotel”, sorta di loculi in cui passare la notte, inquietante esempio di ottimizzazione dello spazio.

Tuttavia lo scatto che più di tutti dà corpo a questa “fusione pacifica” in un’unica immagine è quello dei lampioni: qui, tra cavi, fili elettrici e lampioni moderni, si intrecciano rami di alberi secolari. E’ come se  De Biasi ci volesse raccontare in che modo il Giappone, con la sua storia millenaria, sia stato in grado di accogliere tra le sue fronde, senza reciderle, i tratti spigolosi della modernità.

Alla maniera zen: “un passo avanti e uno indietro”.

 

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INFORMAZIONI UTILI:

 Mario De Biasi
Il Giappone che cambiava
Fotografie di reportage 1957-1982
9 Maggio – 28 Luglio 2012
Galleria 70
Corso di Porta Nuova, 36/38
20121 – Milano
tel. 02 – 6597809
www.galleria70.eu
Orario: 10.00 -13.30 / 16.00 – 19.30. Chiuso domenica e lunedì
Ingresso libero

 


 

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