Ho male ai piedi. Ogni volta che c’è una Evening Sale di Christie’s mi ostino a mettere i tacchi, non solo per essere più elegante tra la mondanità londinese, ma anche per vedere meglio quello che sta succedendo. Il problema mi deriva dalla somma di due fattori: la sala di Chrisite’s che non è abbastanza grande e i giornalisti vengono letteralmente compressi in un angolo, ovviamente in piedi. E l’altezza eccezionale dei miei colleghi che se per caso mi si mettono davanti come la barriera su un calcio di punizione, io lo specchio della porta non lo vedo più per tutta la serata. Tacchi dunque e un’esclamazione di stupore quando, ancora prima di iniziare, Christie’s spiazza tutti annunciando che il Renoir al lotto 20, quello che doveva essere il top lot dell’asta, è già stato venduto tramite una “private sale”. Davvero strano, viene da pensare nel mormorio generale, che Christie’s abbia voluto sottrarre La Baigneuse alla gara delle offerte. La ragione? Stando a quello che l’auctioneer Jussy Plykkanen ci avrebbe detto in conferenza stampa a fine serata, il motivo è una “very strong offer”; insomma, un’offerta a cui proprio non si poteva dire di no. Comunque strano, visto anche che la consistente offerta privata non era poi così consistente, ma all’interno della stima di 12-18 milioni di sterline con cui il Renoir era presentato in catalogo.
Peccato, un’asta che parte zoppa. L’impressione generale è che, rispetto alla vendita di Sotheby’s la sera precedente, questa sarà più colorata, per lo meno nelle opere e di certo nella cravatta del banditore che, di un fucsia cangiante al limite del reale, spesso mi distrae dal mio lavoro di reporter. Intanto il catalogo scorre lentamente. I portantini di Christie’s fanno entrare una a una le opere in sala. Jussy, dall’alto della sua postazione, governa le offerte. Tra i 71 lotti c’è spazio anche per il nuovo record del nostro Giorgio Morandi, per una battaglia all’ultimo sangue tra due offerenti che volevano assolutamente portarsi a casa Femme Assise di Picasso, e altri due che non demordevano su uno dei cavalli in bronzo di Degas.
L’asta è lunghissima, sembra non dover finire mai. Sopra le nostre teste, spinto dall’aria condizionata al massimo, ruota indisturbato un enorme mobile di Calder. Finalmente gli ultimi lotti, la parte dedicata ai surrealisti e l’atteso “andate in pace”. La sala si svuota all’istante, nessuno vuole perdere la reservation al ristorante. Noi giornalisti invece raccogliamo le nostre cose e ci infiliamo nella West Room per la conferenza stampa. Georgina Adam del Financial Times sembra preoccupata e chiede dove mai sia finita Maria, la simpatica signora che di solito prepara il mini buffet e che dirige il suo staff meglio di un comandante d’armata. Per fortuna Maria fa capolino da dietro una porta, saluta Georgina e scambia due parole con tutti noi. Maria è una di quelle cose che non cambiano mai, un po’ come il menu che ci offre: salsicce e tartine al salmone, invariabili da anni, ma che rappresentano la salvezza un po’ di tutti dopo più di due ore di asta. Per molti la giornata lavorativa non è ancora finita, io invece mi dileguo per incontrare un’amica giornalista e mangiare un boccone di corsa perché, qui a Londra, le cucine dei ristoranti chiudono presto