Isola di Giava, Indonesia. Quelle di Jompet Kuswidananto sono narrazioni nascoste di indovini e ribellioni. La sua arte porta i segni ereditati dalla storia durante il colonialismo olandese di metà Ottocento e quelli recenti della lunga dittatura di Suharto, il più longevo presidente indonesiano, che prese il potere dal 1967 al 1998. Per la prima volta in Italia con la personale On Paradise, l’artista inaugura, nella sede milanese della galleria A29 Project Room, una serie di esposizioni dedicate all’arte contemporanea orientale. La mostra, curata da Alia Swastika e al pubblico dal 24 gennaio al 15 marzo 2019, è una battaglia senza fine per l’identità e una riflessione sui concetti di stato e nazione.
La ricerca estetica di Jompet Kuswidananto mira ad oggettivare temi etici e culturali meditando soprattutto sul concetto di identità, che l’artista pone in bilico tra negoziazione e contestazione. Egli infatti fa parte della giovane generazione di artisti che vissero sotto la dittatura e per questo presta particolare attenzione a narrare storie in ombra, dimenticate, non egemoniche. La protagonista dell’indagine è la popolazione dell’Isola di Giava, la più grande etnia indonesiana, la cui identità è stata messa in discussione sin dai tempi della colonizzazione: Jompet condanna la violenza ma salva la contaminazione culturale che ne è derivata. Si tratta, secondo l’artista, di una “terza realtà” alimentata dal diverso e che supera i rigidi schemi di “tradizionale” e “moderno”, “genuino” e “falso”, “noi” e “loro”. Proprio Giava è il concreto esempio di questa concezione, infatti la tradizione sincretica dell’Isola permette un orizzonte innovativo e in continua trasformazione.
Per la personale On Paradise, l’artista sceglie gli avvenimenti che si svolsero nell’area di Banten, provincia occidentale dell’Isola di Giava, ispirandosi alle profezie contenute nel libro di Jayabaya, un grande indovino del passato che previde tre catastrofi -effettivamente accadute- quali l’eruzione del vulcano Krakatoa, la diffusione del morbo dell’antrace e una ribellione delle masse, studiandone gli effetti e i collegamenti con la realtà a lui contemporanea. Nel 1888, sempre nella zona, si scatenò invece una ribellione di agricoltori collegata all’arrivo dei colonizzatori e alla conseguente introduzione di valori e credenze contrastanti con quelle del territorio: questi vengono oggettualizzati in mostra tramite una serie di fragili lampadari, rotti o appesi precariamente, creando un parterre frammentato di vetri. Un’altra fonte d’ispirazione è il ritrovamento del diario di uno dei ribelli, in cui Jompet lesse che quando l’uomo sognava il verso del lupo accusava un forte senso di solitudine che lo faceva soffrire ma allo stesso tempo alimentava il coraggio per portare a termine la sua lotta. La visione si traduce nella realizzazione di una maschera raffigurante il muso dell’animale guida, appesa a fianco di una scritta che ne evoca il passaggio e un’altro lampadario, questa volta intatto, circondato inferiormente da una serie di rullanti che automaticamente battono a intervalli: la composizione alluderebbe all’ascesi dello spirito martire che, incoraggiato dal richiamo dell’animale, affronta il suo destino. L’ultima parte dell’esposizione è una coppia di libri realizzata dall’artista con disegni e frasi che raccolgono tutti i fatti che lo hanno ispirato, riletti complessivamente sia in chiave comica che tragica.
Informazioni utili
Jompet Kuswidananto
On Paradise
a cura di Alia Swastika
dal 24 gennaio al 15 marzo
aA29 Project Room Milano
Piazza Caiazzo 3, 20124