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Jean-Jacques Lequeu. Architetto, filosofo, sognatore in mostra a Parigi

Jean-Jacques Lequeu *
Jean-Jacques Lequeu - Le grand bailleur, BnF, département des Estampes et de la photographie. Crédit BnF
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Una mostra a Parigi riscopre l’inetichettabile e affascinante figura di Jean-Jacques Lequeu, un sognatore deluso dalla Rivoluzione, che anticipò aspirazioni e inquietudini del Romanticismo e del Novecento. Al Petit Palais, fino al 31 marzo 2019.

Parigi. Una carriera atipica, da un lato azzerata dalla Rivoluzione, mentre dall’altro fu proprio il suo avvento a creare le premesse perché Jean-Jacques Lequeu (1757-1826), sino ad allora architetto, scoprisse la sua vocazione per l’arte, per il fantastico, per l’osservazione dell’essere umano, e si avventurasse in un ragionamento che esprime insieme utopia, scetticismo, ironia, interesse scientifico e sperimentalismo tecnico. Nato a Rouen da una famiglia artigiana, ebbe la possibilità di ricevere una buona formazione scolastica di tipo tecnico, e a Parigi riuscì a farsi assumere come allievo nello studio dell’architetto Jacques-Germain Soufflot, uno dei più affermati nella Francia dell’epoca. La quale Francia, all’inizio degli anni Ottanta del Settecento era scossa da un profondo malcontento popolare, sapientemente guidato da Robespierre, che sfociò nella sanguinosa rivoluzione dell’89. Sull’onda della rabbia giacobina, la nobiltà e la ricca borghesia subiscono un’autentica decimazione, e Lequeu perse quasi tutta la clientela che a lui si rivolgeva per realizzare sontuose dimore.

Jean-Jacques Lequeu
Jean-Jacques Lequeu – Temple de la Devination, qui forme le fond septentrional de l’Elisée. BnF, département des Estampes et de la photographie. Crédit BnF

E dopo l’89, intuì come nella nuova società che si andava formando, non ci fosse posto per chi, come lui, apparteneva al vecchio regime. In realtà, calmatesi le acque, avrebbe facilmente potuto costruirsi una carriera, negli anni di normalizzazione che seguirono i rivolgimenti giacobini. Eppure, di tutti i suoi progetti, quasi nessuno è stato realizzato; l’avvento della Rivoluzione non gli dette modo di avviare una stabile e solida carriera di libero professionista, come invece avrebbe avuto modo dopo la scomparsa del maestro Soufflot nel 1780.

Preferì invece dedicarsi a speculazioni appartate, deluso anche dalla violenza del Direttorio; uscì parzialmente di scena, accontentandosi di un modesto impiego al catasto (dove comunque la sua perizia nel disegno tecnico gli permise di farsi apprezzare), e sviluppando i suoi progetti a uso quasi esclusivo della sua utopica fantasia, che lo portò a ideare edifici inimmaginabili per l’epoca, sorprendentemente moderni, e che anticipano l’angoscia dei Simbolisti. Non avrebbero in nessun modo potuto trovare accoglimento presso le nuove commissioni direttoriali, ma a Lequeu bastava l’aver saputo immaginare progetti del genere. Se poi non incontravano il favore dei giacobini puritani, tanto peggio per loro.

Jean-Jacques Lequeu
Jean-Jacques Lequeu – Et nous aussi nous serons méres, car… BnF, département des Estampes et de la photographie. Crédit BnF

Il corpus di disegni, che Lequeu stesso raccolse sotto il titolo di Architecture Civile, può essere considerato il suo diario spirituale, nelle cui pagine, nascosta fra i tratti di penna e carboncino, emerge la sua tormentata personalità; fra edifici sontuosi, grotte, vegetazione tanto rigogliosa quanto inquietante che sembra poter sommergere le costruzioni, si sviluppa un microcosmo non soltanto tecnico, ma anche filosofico.

Pur ispirandosi a Étienne-Louis Boullée e Claude-Nicolas Ledoux, Lequeu andò oltre: si può infatti pensare a Architecture Civile come a una raccolta di pensieri tradotti in immagini e volti a creare, per tramite dell’architettura, l’ambiente ideale dove le pulsioni e i terrori dell’umanità possono essere espressi in maniera controllata, attraverso il ragionamento. Idealmente, anzi utopicamente, Lequeu insegue la conciliazione fra De Sade, Voltaire e il Direttorio, ovvero una società nuova dove l’ortodossia repubblicana lascia spazio alla libertà individuale.

Lequeu fu certamente una personalità fuori del comune, che agli aspetti concreti del proprio lavoro preferiva quelli sperimentali, per esplorare le potenzialità della tecnica. Lo si può immaginare una sorta di ideale “barone rampante”, concentrato a ideare progetti a carattere assai più umanistico e filosofico che tecnico. Suggestioni greco-romane, ma anche di gusto orientale, permeano templi, ingressi monumentali, parchi cittadini; sacro e profano si sovrappongono, in un’idea di religione che risente ovviamente della corrente illuminista, così come del libertinaggio di De Sade.

Jean-Jacques Lequeu
Jean-Jacques Lequeu – Autoportrait, BnF, département des Estampes et de la photographie. Crédit BnF

Scetticismo, godimento dei sensi, pregi estetici e funzionali, stato di natura e ragionamento tecnico-matematico, razionalità e sogno, ricorrono in immaginifici progetti che guardano drammaticamente avanti, e lasciano pensare alle rarefatte atmosfere che Hermann Hesse immaginò in quel capolavoro che è Il giuoco delle perle di vetro. Nel dispiegare il suo pensiero, Lequeu non tralascia ovviamente la figura umana, che è in fondo il suo vero soggetto d’analisi, e in questa luce l’architettura diventa una disciplina accessoria, utile nella misura in cui riesce a creare ambienti che accolgano al meglio esigenze e aspirazioni dell’individuo.

Che l’architetto-filosofo studia con divertito interesse, applicando alla fisiognomica una certa pungente satira, senza negarsi nemmeno la pornografia. La sua attenzione verso la nascente scienza fisiognomica è dovuta a motivi di narcisismo, così comune nell’epoca mondana per eccellenza, il Settecento del Rococò, appunto: numerosi gli autoritratti e le silhouette che ci ha lasciato, anche se maggior interesse lo destano le sue figure, a metà fra ritratti e caricature: non possiedono l’amaro, sardonico ghigno di quelle di William Hogarth, per evidenti differenze di epoca e di intenti, ma riescono comunque a creare una sorta di teatro immaginario, di “pantheon” dei caratteri e delle pulsioni, fra libertinaggio e scetticismo.

L’erotismo, che come molti della sua epoca subì come un’ossessione, ritorna con frequenza anche nelle sue opere grafiche; è espresso con malizia libertina e anticlericale, con evidenti richiami a De Sade. Difficile tuttavia inquadrare una personalità così complessa, il cui talento avrebbe potuto dare molto, potenzialmente, se fosse stato utilizzato per una causa o per un’idea.

Troppo cinico, o forse troppo realista, per dedicarsi anima e corpo a una causa, non particolarmente entusiasta del nuovo corso impresso dal Direttorio, alberga in Lequeu quello spirito decadente che arderà più tardi in Lord Brummel e Oscar Wilde. E vi si ritrova anche quella libertà di costumi al servizio del pensiero che abbiamo già incontrata nell’altrettanto enigmatico Adrian Beverland. Da un punto di vista strettamente creativo, inoltre si potrebbe accostare Lequeu all’immaginifico Sant’Elia dal lato architettonico, e ad Alfred Kubin dal lato artistico.

Jean-Jacques Lequeu
Jean-Jacques Lequeu – L’Île d’amour et repos de pêche. BnF, département des Estampes et de la photographie. Ph. BnF

Informazioni utili

Jean-Jacques Lequeu

Petit Palais, Avenue Winston Churchill, 75008 Parigi

Fino al 31 marzo

www.petitpalais.paris.fr

*Nella prima immagine: Jean-Jacques Lequeu – Le grand bailleur (dettaglio), BnF, département des Estampes et de la photographie. Crédit BnF

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