Picasso è uno degli artisti più celebri della storia, ma le sue sfumature giustificano sempre la curiosità che ancora nutriamo nei suoi confronti. La Fondation Beyeler di Basilea si concentra sui due periodi giovanili della sua carriera, con la mostra: The Young PICASSO-Blue and Rose Periods.
“Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso”
Pablo Picasso
Non basta essere pittori per essere artisti e di certo non basta essere pittori per essere Picasso. Cosa serve per essere Picasso allora? Ovviamente non esiste, purtroppo o per fortuna, percorso definito o pozione magica in grado di consacrarti come uno degli artisti più celebri della storia. Ma analizzando la lunga e densa vita di Pablo Picasso qualche indizio utile di certo possiamo trarlo. Magari partendo proprio dai due aggettivi connessi alla sua esistenza, lunga e densa, i quali appaiono già piuttosto significativi.
Lunga: Picasso nasce nel 1881 e vivrà fino al 1973. 92 anni sulla terra sono un privilegio poco diffuso ai giorni nostri, figurarsi per un nascituro del XIX secolo; molto tempo dunque, molto spazio per dipingere, per nutrire costantemente una produzione vastissima; soprattutto se consideriamo la sua attività professionale iniziare prima dei suoi vent’anni.
Densa: tralasciando le vicende più o meno private della sua vita, che pure un ruolo devono averlo avuto nell’ispirazione artistica, l’esuberanza inventiva ha caratterizzato gli stili sempre rinnovati di Picasso: non ne ha sbagliata una, potremmo dire. La sua carriera ha vissuto di un trasformismo, o di un’evoluzione, forse senza pari nella storia dell’arte. Questo gli ha permesso di mutare costantemente aggiungendo spessore alla sua profondità creativa. Tanto che tralasciando il Cubismo, sicuramente l’intuizione che più di tutte l’ha reso riconoscibile e celebre, qualsiasi altro suo periodo appare altrettanto denso di valore. E anzi si avvalora del fascino della potenzialità, del contorno geniale, delle tappe di avvicinamento all’eternità.
Da questa prospettiva laterale – ma come abbiamo visto nemmeno troppo – la Fondation Beyeler approccia l’opera di Pablo Picasso concentrandosi sul Periodo Rosa e sul Periodo Blu dell’artista spagnolo. Nello spazio vetrato immerso nel parco di Riehen che ospita la fondazione, il blu e il rosa dei dipinti emergono dal verde, trasportato nel museo dall’unica fonte d’illuminazione dello spazio: la luce naturale. Contesto ameno che inizialmente contrasta con la malinconia che caratterizza la prima grande fase compositiva di Picasso, mentre successivamente si allinea con la distensione che il pittore vive nel periodo più leggero della sua produzione.
The Young PICASSO-Blue and Rose Periods prende le mosse dall’autunno parigino del 1901, quando l’amico Carles Casegemas si toglie la vita. Lo sconforto di Pablo si traduce nella tonalità Blu con cui scandaglia le miserie dell’umanità, spingendosi fino agli angoli dei vicoli più bui e delle stanze più solitarie per portare sulla tela le sfumature meno considerate dell’esistenza. La morte, la sofferenza, la malattia, l’amore sono le principali tematiche che vivono nei quadri bui e tristi di questo periodo. La Vie rappresenta in modo esemplare il mistero e la malinconia soffusi nel blu: un uomo (Casegemas, che ritorna per l’ennesima ed ultima volta) stringe una donna nella loro nudità e a sua volta ne indica un’altra, che regge un bambino tra le braccia. Sullo sfondo scene simili si ripetono in forme e dimensioni diverse, moltiplicando l’eco della criptica narrazione dal significato celato.
Parigi-Barcellona-Parigi: il viaggio lenisce i dolori del giovane Pablo, il girovagare lo pone in sintonia con il mondo degli artisti itineranti, che prendono spazio nel suo universo pittorico portando in dote una tenue rosa luminosità. È il 1905, l’inizio del Periodo Rosa e di un momento di serenità per Picasso. Parte del merito è del suo consolidamento come pittore nella Parigi di Montmartre, l’altra parte è di Madeleine. Sua prima musa e compagna, alterna la sua presenza in scena con arlecchini e giocolieri, equilibristi ed artisti di strada. Una gioia leggera soppianta il blu diffondendo una quieta serenità nelle scene non prive di poesia, come le figure femminili nude e sospese in un’attesa a volte tenera, altre volte voluttuosa; o nelle famiglie circensi senza casa o paese, che ricercano per le strade la svolta decisiva verso un percorso ignoto.
La mostra conduce inevitabilmente verso l’approdo più conosciuto, ovvero quel Cubismo che ha consacrato Picasso come tale. Invenzione rivoluzionaria che, anche se ormai pienamente diffusa tra tutti gli appassionati e addetti ai lavori, concede un’esclamazione di stupore ogni volta che ci si imbatte in essa. Soprattutto quando la collezione della Beyeler vanta pezzi d’eccezione: Femme nue assise e Femme (époque des “Demoiselles d’Avignon”) introducono perfettamente agli anni della svolta cubista, 1906-1907, evidenziando la riduzione geometrica nella resa dei corpi, la sensualità arcaica, le ombre creatrici di forme, l’imprecisata sensazione di essere davanti ad un nuovo modo di percepire il mondo.