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Una prima storica, Berthe Morisot al Museo d’Orsay. Pittura come emancipazione sociale

Berthe Morisot, Femme à sa toilette, 1875-1880. The Art Institute of Chicago Berthe Morisot, Femme à sa toilette, 1875-1880. The Art Institute of Chicago
Berthe Morisot, Femme à sa toilette, 1875-1880. The Art Institute of Chicago
Berthe Morisot, Femme à sa toilette, 1875-1880. The Art Institute of Chicago

Per la prima volta nella sua storia, il Musée d’Orsay dedica una monografia a Berthe Morisot, fondatrice con Monet e Manet dell’Impressionismo, e per la quale la pittura fu un mezzo di emancipazione sociale. Una mostra in collaborazione con il Musée des beaux-arts di Québec, la Fondation Barnes di Philadelphia, e il Dallas Museum of Art. Fino al 22 settembre 2019. www.musee-orsay.fr

Parigi. Negli anni migliori della Belle Époque, Parigi era la città del piacere per eccellenza, e il nome mitico del Moulin Rouge, con le sue celebri ballerine, correva per il mondo cristallizzando l’idea di una figura femminile bella, sensuale, equivoca. Un oggetto a uso e consumo del piacere maschile, in un’Europa ancora profondamente patriarcale. Ma la situazione mostrava per prime crepe: la modernizzazione della società richiamava sempre più donne a lavoro nelle nascenti industrie, tante di loro respiravano l’aria del socialismo, si formava una coscienza non solo di classe ma anche di genere, e le Suffragette furono la prima espressione politica in tal senso. Più in generale però la donna reclamava l’indipendenza cui aveva diritto, e in Francia, in campo artistico e intellettuale era forte la presenza di George Sand e, più tardi, di Colette.

Berthe Morisot, Jeune Femme en toilette au bal, 1879. Paris, Musée d’Orsay
Berthe Morisot, Jeune Femme en toilette au bal, 1879. Paris, Musée d’Orsay

Crebbe in questo clima di grandi cambiamenti sociali, Berthe Morisot (1841-1895), pittrice talentuosa ma ancora oggi non particolarmente nota al grande pubblico; in un’Europa che nel secondo Ottocento conosce le prime manifestazioni d’emancipazione femminile, anche lei respira quell’aria di novità, ribellandosi all’idea che la pittura dovesse essere per le donne un semplice passatempo da coltivare nella noia del proprio salotto. Determinata a farne una carriera al pari dei colleghi uomini, nel 1874 (unica donna a osare tanto), è presente al Salon des Indépendants, e lo sarà in tutte le edizioni successive, con l’esclusione del 1879, quando ancora era convalescente della gravidanza della figlia Julie.

E non casualmente, il suo autoritratto la vede proprio al cavalletto, intenta a dipingere; un’azione che ribadisce la sua tenacia nel coltivare la pittura come ragione di vita e occasione professionale, anziché banale passatempo amatoriale. Testimone di questa tenacia nel perseguire riconoscimenti e ufficialità alla sua attività, la ricerca di una situazione istituzionale o museale, che decretasse una volta per tutte la sua statura di pittrice; non per questioni di banale narcisismo, bensì per questioni di parità con i colleghi uomini, lei che avvertiva come il suo essere donna mettesse in secondo piano le sue qualità artistiche. E quando nel 1894, lo Stato francese acquistò la Jeune femme en toilette de bal, per esporla al Luxembourg, sentì finalmente di aver colmato un vuoto. Le restava però poco tempo per goderne, poiché sarebbe scomparsa appena un anno dopo.

Berthe Morisot, Le Berceau, 1872. Paris, Musée d’Orsay
Berthe Morisot, Le Berceau, 1872. Paris, Musée d’Orsay

Era in un’agiata famiglia borghese che, quando era ancora bambina, le mise a disposizione un ateliér dove coltivare quella passione per la pittura che presto la madre Marie-Cornélie scoprì presto essere un autentico talento, e andando contro le convenzioni dell’epoca, incoraggiò la figlia a inseguire una carriera professionale.

Grazie alla modernità di visione della madre, Morisot approfondì i suoi studi pittorici, e poiché l’Accademia era ancora vietata alle donne (lo sarebbe stata fino al 1897), prese lezioni da Geoffrey-Alphonse Chócarne, e poi da Joseph Guichard, ma insofferente all’accademismo neoclassico si trasferì nell’atélier di Corot, iniziatore della Scuola di Barbizon. La frequentazione, e nel 1874 il matrimonio, con Eugène Manet, fratello del più celebre Eduard, le permise di frequentare da vicino l’ambiente del nascente Impressionismo, di cui è appunto membro fondatore, e di partecipare alla prima edizione del Salon.

Berthe Morisot, La Lecture [L’Ombrelle verte], 1873. The Cleveland Museum of Art
Berthe Morisot, La Lecture [L’Ombrelle verte], 1873. The Cleveland Museum of Art

Poiché però dipingere all’aria aperta, all’epoca per una donna era considerato sconveniente, fu in un certo senso costretta a privilegiare le figure e le scene d’interno; perciò, alla stregua di Degas, Renoir e Cassatt, Morisot è pittrice di narrazione ben più che di contemplazione o di esercizio estetico, e i suoi quadri sono altrettante scene di vita moderna, pagine narrative di una quotidianità frizzante e colorata, anche se lontana dalle questioni sociali di quegli anni. La moda nascente della villeggiatura estiva, l’intimità della vita borghese, il lavoro domestico femminile, costituiscono i principali capitoli di un racconto per lo più familiare.

La figura femminile è naturalmente una tematica centrale nella pittura di Morisot, che non indulge mai nella ricerca della sensualità. Le sue donne sono sobriamente belle, ma senza l’erotismo di quelle di Renoir o Manet. Come notò Mallarmé nel 1896, quella di Morisot è una pittura virile, perché non cade negli stereotipi di genere, o nella leziosa raffinatezza di maniera. Persino la celebre Berceau, toccante momento di vicinanza fra madre e figlia, esprime una sua poetica drammaticità nel volto della madre, teso e preoccupato un po’ per la veglia, un po’ per l’avvenire della figlia; non semplici preoccupazioni materne, ma considerazioni più ampie sul destino delle giovani generazioni femminili all’interno di una società ancora maschilista. Inoltre, con questo dipinto Morisot ha dimostrato la possibilità di conciliare la vita familiare e la carriera, un dualismo che ancora oggi pone spesso le donne davanti a scelte difficili. Per affrontare le quali, la cultura è strumento essenziale, ed ecco che La lettura assume una non secondaria valenza sociale; assente qualsiasi orpello di erotismo, la figura femminile dispiega tutta la sua dignità civile.

Berthe Morisot, Jeune Femme á sa fenêtre, 1869. Washington, National Gallery of Art
Berthe Morisot, Jeune Femme á sa fenêtre, 1869. Washington, National Gallery of Art

Osservando lo stile di Morisot, si nota come fino al 1872-73 l’influenza di Corot sia prevalente, con l’accuratezza dei volti e la delicatezza della pennellata. Ma con il progredire dei suoi rapporti con gli Impressionisti, la sua pittura conobbe interessanti evoluzioni, con un segno più dinamico e marcato, oscillante fra Renoir e Degas.

Berthe Morisot appartiene a quella fase pionieristica della pittura femminile europea che aveva avuto la capostipite nella britannica Georgiana Houghton, e poi proseguita con la “scuola” viennese del primo Novecento, così come con le astrattiste Emma Kunz e Hilma af Klint. Pur nelle diversità dei loro stili, queste donne – all’interno di un contesto europeo che vide in azione anche le Suffragette -, riuscirono ad affermarsi in carriere individuali, furono d’esempio per decine di altre artiste, aprendo la strada alle varie Carol Rama, Lotte Laserstein, Dorothea Tanning, Paula Rego, Huguette Caland. E la storia dell’arte deve essergliene grata.

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