Oriente e occidente, sacro e modernità. Uno straordinario confronto tra le Avanguardie russe di inizio ‘900 e le tradizione delle icone anima -fino al 26 gennaio- le sale di Palazzo Leoni Montanari, sede vicentina delle Gallerie d’Italia.
“La Russia non si può capire con la mente, né la si misura col metro comune: la Russia è fatta a modo proprio, in essa si può soltanto credere”. Era il 1866 quando il poeta Fedor Tjutchev proferiva queste parole, ma da allora la situazione non sembra essere cambiata molto. Almeno a sentir parlare Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, docenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e curatori di Kandinskij, Gončarova, Chagall. Sacro e bellezza nell’arte russa, inaugurata sabato 5 ottobre a Palazzo Leoni Montanari.
La Russia dunque non si può misurare col metro comune, o almeno non con quello europeo, in cui ragione e logica sono i pilastri che tutto sorreggono. La Russia va guardata da un altro punto di vista, facendo riferimento a un sistema di valori diverso, dove il ruolo principale spetta alla spiritualità. E così quella russa è sempre stata un’arte fatta per essere “sentita” prima che apprezzata esteticamente, pragmatica nel fine quanto simbolica nella composizione.
Questo il contesto da tener presente nel momento in cui si voglia prendere in esame la sterminata tradizione iconica del paese. Ieratiche immagini di santi su sfondi dorati, racconti di dannazione e beatitudine impresse su tavole lignee a eterno monito per il fedele, una tradizione che per secoli è stata insita nella vita di ogni cittadino russo fin dalla più tenera infanzia. Manufatti unici nel loro genere, di cui le Gallerie d’Italia di Vicenza possono vantare una delle più grandi collezioni dell’intero occidente.
E, accanto a santi e madonne, le campiture di colore di Kandinskij, i favolosi personaggi di Chagall, i quadrati suprematisti di Malevich. Quello che la mostra chiede al visitatore è di lasciare per un attimo da parte ciò che sa sull’arte russa, nozioni imparate in un contesto occidentale, accademico, lontano dal sentire di cui essa è figlia. Per capire la Composizione suprematista di Pavel Filnov, la Luminescenza astratta di Kudrjašov, la Trinità della Gončarova bisogna rifarsi ad altri valori, a un’altra cultura. Una cultura in cui lo spirituale sovrasta il figurativo, in cui il bello non è una categoria puramente estetica, ma prima di tutto morale. Concetti la cui difficoltà di comprensione ha determinato un allontanamento dalla tradizione iconica nel corso del XIX secolo, quando il tentativo di occidentalizzazione della Russia di Pietro il Grande è valso a questa forma artistica la caratterizzazione di “retrograda”. Bisognerà aspettare le avanguardie di inizio ‘900 per avere una rivalutazione della tradizione, ripresa non solo nei contenuti, ma più in generale per la visione poetica che i maestri del passato davano del mondo. Ecco che allora la Composizione Astratta creata nel 1915 da Kandinskij assume un diverso significato se vista vicino al Giudizio Universale del XIX secolo, del cui sinuoso serpente centrale si fanno specchio le linee fluide e astratte che solo in apparenza sono casuali, ma sotto alle quali sta una riflessione che non lascia spazio alcuno alla casualità.
Sotto i soffitti barocchi di Palazzo Leoni Montanari la Santa Trinità (fine del XVI secolo) rincorre i Tre angeli ricevuti da Abramo di Chagall (1931), dialoga con la Madonna di Pietrogrado di Petrov-Vodkin (1920), saluta Sirin e Alkanost, il canto della gioia e della tristezza di Viktor Vasencov (1896). Tutto si collega e niente viene lasciato indietro, in una mostra il cui grande merito è quello di riuscire, almeno per una volta, a farci cambiare punto di vista.
*Vasilij Kandinskij, Destino (Muro Rosso), 1909
Informazioni utili
Kandinskij, Gončarova, Chagall. Sacro e bellezza nell’arte russa
Dal 5 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020
Galleria d’Italia, Palazzo Leoni Montanari, Vicenza
Da martedì a domenica, 10.00 – 18.00