Cosa ha prodotto di innovativo, rivoluzionario, deflagrante – perchè questo era quello a cui ci aveva abituati – la vena creativa di Hirst negli ultimi decenni? Il caso Yorkshire sculpture festival
Se Damien Hirst sia oggi uno dei più importanti artisti sulla scena globale è una questione aperta e probabilmente irrisolvibile, con schiere di sostenitori, ma anche con tanti che guardano con perplessità gli ultimi movimenti del “golden boy” della Young British Art di fine secolo scorso. Di certo è infatti uno di quelli la cui gestione di una celebrità – che per tanti anni non ha avuto pari nel dorato mondo dell’arte – viene osservata con maggiore curiosità: anche per i suoi comportamenti e atteggiamenti spesso “schizofrenici”. Nel 2012 divorzia dallo storico gallerista-mentore Larry Gagosian, periodicamente pare volersi ritirare nella sua Ilfracombe, località balneare nel nord del Devon, a fare l’immobiliarista, apre e poi chiude ristoranti e sedi dei suoi shop’s Other Criteria, chiude l’iconico ristorante Pharmacy, a Londra, per poi riaprirlo dentro il suo studio-galleria, a Lambeth.
E nel frattempo, alla sua arte, che succede? La domanda sorge spontanea guardando le immagini dell’edizione 2019 dello Yorkshire sculpture festival, prestigiosa rassegna nata tra Leeds e Wakefield come costola temporanea dello Yorkshire Sculpture Park, parco di scultura creato nell’ormai lontano 1977 proprio a Wakefield. Già, perché fra gli scultori coinvolti, al fianco di altri nomi importanti come il Leone d’Oro a Venezia Jimmie Durham, Rashid Johnson o Huma Bhabha, c’è proprio Damien Hirst. Impossibile resistere alla curiosità di vedere cosa presenta l’artista, magari approfitta dell’occasione per tornare a stupire il mondo. E invece si scopre che a troneggiare nel mezzo di Briggate, la principale via dello shopping di Leeds, c’è Hymn, la stravista scultura-modello anatomico creata fra il 1999 e il 2005; mentre poco più in là appare Anatomy of an Angel, anno 2008. Che dire? Normale scelta retrospettiva? Dobbiamo quindi accettare il definitivo inaridimento di una vena creativa in passato irrefrenabile? A ben pensare: se si esclude il carrozzone smaccatamente “finanziario” del kolossal hollywoodiano Treasures from the Wreck of the Unbelievable, ammannito un paio d’anni fa fra Palazzo Grassi e Punta della Dogana, cosa ha prodotto di innovativo, rivoluzionario, deflagrante – perchè questo era quello a cui ci aveva abituati – la mente di Hirst negli ultimi decenni?