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Solitario indagatore di sogni. Il surrealismo di Wolfgang Paalen in mostra a Vienna

Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer
Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer
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Il Belvedere celebra uno degli esponenti dell’esigua corrente del Surrealismo austriaco, unico fra i suoi connazionali a inserirsi sulla scena parigina e a varcare l’Oceano per vivere in Messico. Fra Cézanne, I Surrealisti e ispirazioni precolombiane, la tormentata pittura di Wolfgang Paalen. Fino al 19 gennaio 2020.

Vienna. Come l’imperatore Adriano contemplava le stelle nel deserto siriaco – viaggiatore alla ricerca della propria Itaca interiore -, anche Wolfgang Paalen (1905-1959) ha viaggiato nei territori sconfinati del mondo onirico, anticamera dell’aldilà, alla ricerca di risposte o almeno di quella serenità che la vita gli negò. Pittore, scrittore, sognatore, cittadino del mondo, è stato, come Edmund Kalb, una personalità al di fuori di ogni schema nella scena artistica austriaca: nato a Vienna ma trasferitosi in Germania ancora bambino – al seguito del padre, ricco commerciante di origine ebraiche convertitosi al protestantesimo -, vide sfumare il patrimonio familiare con la Grande Depressione del 1929, e si formò a Berlino nei difficili e dolorosi anni Venti, unendosi al gruppo della Secessione e approfondendo gli studi su Nietzsche e Schopenhauer.

Wolfgang Paalen, Paysage totémique, 1938
Wolfgang Paalen, Paysage totémique, 1938

Autori in sintonia con la sua personalità introversa, che subì duri colpi non solo per la repentina povertà toccata dalla famiglia, ma anche per i suicidi dei due fratelli, dalla separazione dei genitori e dai disturbi conseguenti mentali della madre. Pesi assai duri da sopportare, dai quali Paalen trovò parziale rifugio nell’arte e nella letteratura: scrisse infatti anche alcuni testi teatrali di sapore tragicomico e diverse poesie che trattano del malessere dell’individuo in un decennio di violenza e oppressione politica. Il suo percorso pittorico può dirsi la traduzione per immagini della sua personalità tormentata, che mai ebbe un luogo che potesse chiamare patria e dove apprezzare quel sincero calore umano che costituisce l’idea di “casa”.

Respirò nella prima adolescenza la splendida decadenza degli Imperi Centrali, sospesa fra la letteratura psicologica di Arthur Schnitlezr e la ribellione estetica dell’Espressionismo, e diventò uomo in un Paese e in un’Europa lacerati dalle ferite, materiali e morali della Grande Guerra. Il mondo dell’arte s’interrogava sulla nuova realtà, e sulla scia del Dadaismo (che già dal 1916 proponeva rifiuto del concetto di bellezza, degli ideali, della ragione positivistica, del progresso e del modernismo, cui contrapporre l’ironia, la provocazione, l’irrazionalità), nacque nei primi anni Venti il movimento surrealista. Alla radice di questa urgenza creativa, l’inconscia ribellione contro un malessere sociale e morale causato dallo sradicamento della millenaria società rurale europea attraverso la massiccia espansione della civiltà industriale, che a sua volta aveva generata la corsa al profitto, la corsa agli armamenti, e il primo inurbamento su larga scala che portò numerosi disagi materiali e morali al ceto ex contadino divenuto operaio. La razionalità, tanto decantata dai Positivisti, non parve più una risorsa troppo affidabile per governare le sorti dell’umanità, anzi sembrava una forza oppressiva sulla fantasia e il libero pensiero; e la reazione di Dadaisti prima e Surrealisti poi, si poneva anzitutto come una critica sociale, innescando un gioco di scomposizione, provocazione, di annullamento dell’estetica come si era abituati a conoscerla.

Wolfgang Paalen, Taches solaires, 1938 Foto akg-images © Succession Wolfgang Paalen ed Eva Sulzer
Wolfgang Paalen, Taches solaires, 1938 Foto akg-images © Succession Wolfgang Paalen ed Eva Sulzer

Dopo una sezione dì apertura dedicata agli esordi pittorici sulla scia di Cézanne e della seconda Secessione, la mostra del Belvedere si concentra sulla produzione surrealista di Paalen, nata nei primi anni Trenta con la frequentazione, a Parigi, di Éluard, Lise Deharme, André Breton, e altri artisti della cerchia. Ma il suo approccio fu innovativo anche per questa corrente d’avanguardia, con una leggera vena polemica: pur non condividendo le scelte stilistiche di Salvador Dalì, verso le quali fu sempre assai critico, di fatto l’impianto onirico delle sue pitture è vicino concettualmente a quello di diverse opere dello spagnolo. Paalen è infatti assiduo indagatore delle atmosfere dei sogni e della sensazione d’inquietudine che sovente lasciano. Ma differentemente da Dalì – ed è questa la novità cardine portata da Paalen -, l’impianto scenico non è narrativo, né si esprime sulle corde del registro simbolico. Se da un lato va persa la cornice intellettuale, legata ai richiami classici, alla mitologia, alle teorie freudiane, dall’altro la sua pittura è aderente al Surrealismo prima maniera e più ancora al Dadaismo; potenzia però il concetto di “shock”, al punto che i suoi quadri sono quasi delle epifanie, evocazioni di parentesi di relativa serenità, valanghe di emozioni trasmesse dai vortici di colore. Ed è l’emozione il cardine della pittura di Paalen, che rifiuta le verità assolute e riconosce soltanto la relatività della percezione emotiva.

In particolare a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, sviluppò un tratto sorprendentemente contemporaneo, che dà vita a paesaggi lunari, onirici, misteriosi e inquietanti, indecifrabili selve dove l’espressione plastica e la poesia, la poesia e la vita, si amalgamano senza soluzione di continuità.
Tra il 1937 ed il 1938 Paalen creò illustrazioni e disegni per la rivista Minotaure e per un’edizione dei Canti di Maldoror di Lautréamont, e inoltre, assieme a Marcel Duchamp, Man Ray, e Salvador Dalì, nonostante le divergenze di visione, organizzò l’Exposition internationale du Surréalisme di cui fu uno dei protagonisti. In visita a Parigi, Frida Kahlo lo invitò in Messico per sviluppare insieme la scena surrealista locale. Paalen accolse l’invito per sfuggire ai venti di guerra che minacciavano l’Europa, ma nemmeno in Messico era destinato a trovare un minimo di serenità: l’amicizia con Kahlo e Rivera e l’ambiente artistico di Coyoacán si ruppe in maniera drammatica quando l’austriaco rifiutò fermamente d’incontrare Trozky, all’epoca in esilio (dove morirà nel 1940), per divergenze ideologiche; accusava infatti il marxismo di vuoto spirituale. A ciò si aggiunse una vita sentimentale tormentata, costellata di separazioni.

Wolfgang Paalen, El Velorio, 1946 © Belvedere, Vienna
Wolfgang Paalen, El Velorio, 1946 © Belvedere, Vienna

Quel soggiorno fu tuttavia foriero di nuovi sviluppi stilistici, perché Paalen virò verso l’Astrattismo, pur subendo il fascino dell’arte precolombiana; la tavolozza si fece ancora più scura, le tele diventano mosaici di gusto antico da cui si respira l’aria soprannaturale del Messico ancestrale, votato all’indagine della morte, al culto degli antenati che diventano messaggeri celesti, al mondo delle credenze esoteriche; un immaginario congeniale alla fantasmagoria emotiva di Paalen, alla sua ricerca di un altrove di serenità. Unica per concettualità, questa fase di Paalen avrà notevole influenza stilistica negli Stati Uniti, sulla nascente corrente dell’Espressionismo Astratto. Ma l’arte non bastò a salvarlo: minato dalla depressione, si suicidò a Taxco il 15 settembre del 1959.

Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer
Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer

 

Wolfgang Paalen nel suo studio a San Angel, in Messico, 1947. Foto Walter Reuter, archivio privato Andreas Neufert Copyright Hely Reuter, Messico
Wolfgang Paalen nel suo studio a San Angel, in Messico, 1947. Foto Walter Reuter, archivio privato Andreas Neufert Copyright Hely Reuter, Messico

*Wolfgang Paalen, Fumage, 1938 Foto Jens Ziehe, Berlin © Succession Wolfgang Paalen et Eva Sulzer

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